Non solo dazi sul traballante tavolo dell’Unione europea. La presidenza della commissione ha presentato la proposta per il budget comunitario 2028-2034: 2000 miliardi che, eliminando l’effetto dell’inflazione, si ferma a 1.763 miliardi: l’1,26 % del Pil medio Ue.
- Politico.eu lo ha analizzato definendolo «Un bilancio confuso che mette in luce le debolezze di Von der Leyen e che ha evidenziato divisioni e rivelato fragilità politiche».
La verità dei numeri
- La Commissione presenta il quadro finanziario pluriennale che stabilirà le future priorità di spesa dell’Unione, dalla cultura alle infrastrutture, dalla difesa alla coesione e all’agricoltura. Questa la sintesi:
- 865 mld €, comprensivi di pac (politica agricola comune), coesione (regioni) e politiche sociali
- 415 miliardi per competitività, ricerca e innovazione (green, digitale, biotech, spazio e difesa)
- 200 mld per la politica estera di cui 100 mld per aiuti all’Ucraina e 43 per l’allargamento della Ue
- 400 mld gestione della crisi (migranti e frontiere)
- 50 mld cultura e istruzione
Ma le entrate?
A fronte di queste spese dovranno corrispondere delle entrate comunitarie e qui iniziano i problemi: la maggior parte dei governi non vuole dare all’UE un centesimo in più di quanto già faccia. Per quanto questo non sia una novità, questa volta il blocco dei contrari si sta polarizzando più che mai proprio tra le forze politiche che hanno garantito «l’incoronazione, più che la rielezione» di von der Leyen.
Una delle grandi novità della proposta del Piano finanziario pluriennale è la fusione delle risorse della Politica agricola comune (PAC), della Politica di coesione e di altre politiche come la sicurezza e le migrazioni in un unico fondo. Sarà gestito sul modello dei Piani nazionali di ripresa e resilienza. I governi avranno molta più libertà e flessibilità per decidere dove spendere la loro dotazione nazionale, nel solco della gestione del fondo post Covid denominato Next Generation EU/ PNRR).
Le tasse Ue
A fronte di questa autonomia gli Stati dovranno contribuire mediante tasse che finanziano direttamente il bilancio comunitario. Per esempio: imprese con un fatturato netto superiore ai 100 milioni di euro subiranno un prelievo forfettario annuale di 100 mila euro; 250 mila euro per un fatturato tra 250 e 500 milioni e a crescere proporzionalmente al fatturato. Seconda fonte d’entrate potrebbe essere una nuova tassa sui prodotti del tabacco per un valore del 15 per cento sulle accise che vengono già raccolte dagli Stati membri. Altre entrate sono previste da tasse prodotti elettronici non riciclati.
Barricate subito
Le barricate si sono alzate in tutti i 27 membri, in rapporto alle linee dei rispettivi governi e del flusso di consenso che li alimenta. Dai francesi e gli italiani che hanno richiesto la blindatura dei fondi per l’agricoltura, oltre 300 mld, fino alla solita Olanda a tirar le fila dei ‘frugali’ contrari alle quote di tassazione da debito comune e terminando con il noto Orban che sgomita per un posto tra gli agricoltori in lotta, denunciando una distrazione dei fondi a favore dell’Ucraina. In realtà la Commissione ha fatto marcia indietro da tempo sulla liberalizzazione del commercio di prodotti agricoli di fronte alle proteste degli agricoltori in Polonia, Romania, Bulgaria, Slovacchia e Ungheria. Un settore, quello agricolo, con un livello di barriere all’ingresso che limita da anni l’importazione ai Paesi in via di sviluppo, in particolare a quelli africani.
‘27 liste della spesa separate’
I primi segnali che emergono dal budget europeo sono quelli di un’alleanza che sostiene la presidenza europea e al tempo stessa ne contesta la forma di costruzione del bilancio preventivo, concepito in nome di una ‘libertà e flessibilità’ che risponde solo alle pulsioni identitarie che attraversano il continente. Ciò che viene contestato da molti europarlamentari della coalizione, in particolare Socialisti-democratici, Verdi e Liberali-Renew, è che «le linee rosse fondamentali fissate dal Parlamento europeo sono state ignorate a causa di una riduzione del controllo sulla spesa. L’Europa ha bisogno di una visione condivisa, non di 27 liste della spesa separate» reclamano.
Coalizione Von der Leyen fragile
- Infiltrata dagli interessi dei governi nazionali e populisti e dalle loro lobbies, la coalizione della Von der Leyen è sempre più fragile. Intanto, dall’altra parte dell’Atlantico se la ride Donald Trump che annuncia imminenti accordi con la remissiva Europa, pronta a festeggiare nelle strade di Roma e Berlino un agognato dazio del 10 o 15%.
Alla manifesta volontà degli Stati Uniti di Trump di mandare in frantumi l’Unione Europea, si unisce ora la debolezza di un piano «confuso e pieno di mosse segrete» il cui termine al 2034 rischia di rappresentare la visione di un futuro distopico. I tratti di una società spaventosa, inferiore e più ingiusta.
17/07/2025
da Remocontro