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Il giornalismo nell’era dell’impunità

Il giornalismo nell’era dell’impunità

Diritto all'informazione

03/11/2025

da Valigia blù

Redazione

Il 2 novembre era la Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei reati contro i giornalisti (IDEI), proclamata nel 2013 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per commemorare l'assassinio di due giornalisti francesi in Mali il 2 novembre 2013.

Tra il 2006 e il 2025, più di 1.800 giornalisti sono stati uccisi in tutto il mondo e, secondo l'Osservatorio dell'UNESCO sui giornalisti uccisi, quasi 9 casi su 10 restano irrisolti dal punto di vista giudiziario.

A settembre, la Commonwealth Human Rights Initiative ha pubblicato il rapporto “Who Controls The Narrative? Legal Restrictions On Freedom Of Expression In The Commonwealth” (Chi controlla la narrazione? Restrizioni legali alla libertà di espressione nel Commonwealth) che ha rilevato tassi di impunità per gli omicidi di giornalisti pari al 96%, con appena otto casi risolti su 213 tra il 2006 e il 2023.

di violenza, intimidazioni e censura”, ha scritto Phil Chetwyn, direttore delle notizie globali dell'Agence France-Presse.

Secondo il monitoraggio in tempo reale di Reporters Without Borders, solo tra gennaio e ottobre 2025 sono stati uccisi 50 giornalisti. Secondo l'Osservatorio

Il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), un gruppo indipendente che documenta e tiene traccia dei casi di giornalisti detenuti, scomparsi o uccisi nell'esercizio delle loro funzioni dal 1992, nel 2008 ha lanciato il suo Indice di impunità: nel 2024, il CPJ ha registrato un indice di impunità del 77%. Nel 2024 Haiti è stato il luogo più pericoloso per i giornalisti; per la prima volta nella lista è stato incluso Israele, al secondo posto in assoluto per numero di vittime di giornalisti uccisi in un anno a Gaza. Un dato, quest’ultimo, che riflette un mutamento nella natura degli attacchi, che si sono intensificati su tutti i fronti, dalle zone di guerra e di conflitto al cyberspazio.“Nella prima metà del 2025, il clima che i giornalisti si sono trovati ad affrontare si è inasprito a livelli che non si vedevano da decenni, riflettendo un'escalation coordinata dell'UNESCO i giornalisti uccisi potrebbero essere 84. 

“L'impunità, ovunque essa sia, non è solo un'ingiustizia nei confronti delle vittime e delle loro famiglie, ma è anche un attacco alla libertà di stampa, un invito a ulteriori violenze e una minaccia alla democrazia stessa”, ha dichiarato il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres.

Secondo il Global Expression Report 2025 di Article 19, “più di 5,6 miliardi di persone hanno subito un declino della loro libertà di espressione negli ultimi 10 anni. Nell’ultimo decennio, per ogni persona che ha registrato un miglioramento nella propria libertà di espressione, 19 persone hanno registrato un deterioramento. La repressione è aumentata per l'80% della popolazione mondiale”.

La Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei reati contro i giornalisti è un momento per commemorare i giornalisti uccisi, evidenziare i rischi che ogni operatore dei media corre per svolgere il loro lavoro, chiedere che i crimini commessi nei loro confronti siano perseguiti e riaffermare l'impegno a proteggere e garantire la sicurezza dei giornalisti nello svolgimento del loro lavoro. 

Ogni anno l’UNESCO invita i governi, la società civile, le organizzazioni dei media e tutte le persone interessate a sostenere lo Stato di diritto ad mobilitarsi per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla necessità di porre fine all'impunità per tutti i crimini contro i giornalisti. Per il 2025 l’UNESCO ha lanciato una campagna di sensibilizzazione sulla violenza di genere contro le giornaliste facilitata dall'intelligenza artificiale.

L’obiettivo della Giornata Internazionale contro l’impunità dei reati contro i giornalisti 2025 è “rafforzare l'attuazione del Piano d'azione delle Nazioni Unite sulla sicurezza dei giornalisti” e, nello specifico, “proteggere le giornaliste negli spazi digitali e fisici attraverso l'attuazione di meccanismi di sicurezza, riforme politiche, responsabilità delle piattaforme, garantendo ambienti online e offline più sicuri ed equi per le giornaliste di tutto il mondo”.

Le giornaliste – spiega l’UNESCO – sono sempre più esposte alla violenza di genere facilitata dalla tecnologia (TFGBV): disinformazione di genere, forme di sorveglianza e controllo, ricorso a deepfake, molestie online e offline. Queste tipologie di abuso stanno diventando ancora più frequenti, invasive e pericolose con l'ascesa dell'intelligenza artificiale generativa. 

Secondo lo studio dell'UNESCO “The Chilling”, il 73% delle giornaliste ha dichiarato di aver subito minacce online e una su quattro di aver subito anche attacchi offline, come conseguenza. Più in generale, il 58% delle giovani donne e delle ragazze a livello globale ha dichiarato di aver subito molestie online sui social media e di essere state un doppio bersaglio, oggetto di violenza in quanto donne e in quanto giornaliste. Nel solo 2022, dieci giornaliste sono state assassinate a causa della loro attività professionale. 

Si tratta di un fenomeno che riguarda tutto il mondo, prosegue l’UNESCO. In particolare, in Zimbabwe, il 63% delle giornaliste intervistate ha segnalato di essere stata vittima di violenza di genere facilitata dalla tecnologia: incitamento all'odio, doxxing e abusi basati su immagini. Il 14% ha subito violenze fisiche legate a minacce online. Il numero crescente di attacchi online contro le giornaliste è stato costantemente documentato anche nelle zone di guerra dell’Ucraina: l'81% delle giornaliste ha affermato di aver subito violenze online – diffamazione, trolling di genere e minacce estese ai membri della famiglia – che spesso sono sfociate in molestie offline.

In Italia sono 8mila i giornalisti minacciati dal 2006 a oggi, da quando esiste il monitoraggio di Ossigeno per l’informazione, l’associazione onlus che gestisce l’Osservatorio sui giornalisti minacciati in Italia. E, stando ai dati raccolti nei primi sei mesi del 2025, il fenomeno è in crescita. Risale allo scorso 16 ottobre il grave attentato nei confronti del giornalista RAI Sigfrido Ranucci, storico conduttore di Report. 

 

“Viene confermato l’emergere di forme di intimidazione più condizionanti e invasive che si aggiungono a quelle gravi che, in mancanza di rimedi e contromisure, si manifestano in forma epidemica dal 2006”, riporta Professione Reporter

L’Osservatorio di Ossigeno ha rilevato 361 giornalisti minacciati, 158 in più rispetto allo stesso periodo del 2024. Il numero degli episodi classificati come deliberate violazioni della libertà di informazione è aumentato del 46%: sono stati rilevati 107 episodi di questo tipo rispetto ai 73 del primo semestre 2024. Sono aumentate le minacce provenienti da esponenti pubblici, soprattutto locali. Sono aumentati del 10% gli episodi di aggressione, soprattutto contro i cronisti locali impegnati a documentare situazioni di degrado e abusivismo. 

Le azioni legali pretestuose (SLAPPs) restano la seconda forma più utilizzata, dopo gli avvertimenti, per intimidire i giornalisti. Le querele per diffamazione a mezzo stampa basate su accuse false o pretestuose, usate contro i giornalisti come strumento intimidatorio o di ritorsione, sono migliaia ogni anno. 

Il 90% di questi procedimenti si conclude con il proscioglimento dei querelati, con una sentenza che respinge le accuse, ma i querelanti continuano a promuoverle ugualmente come forma di deterrenza, perché “la querela ha comunque un effetto intimidatorio su chi viene querelato, lo costringe a sostenere spese legali, gli causa un danno economico, è un bavaglio che lo induce a trattare con grande cautela l’argomento per cui è stato querelato”.

Nella maggior parte dei casi i giornalisti querelati devono sostenere le spese legali anche in caso di assoluzione e molti di loro non hanno un editore pronto a farsi carico di queste spese. Inoltre, i giornalisti non possono limitare l’esposizione a questo rischio stipulando una assicurazione, come possono fare molte altre categorie, perché per la legge italiana la diffamazione è un reato doloso e le spese per i reati dolosi non sono assicurabili. Il giudice può imporre al querelante di rimborsare le spese al querelato prosciolto soltanto se emette la sentenza con la formula “il fatto non sussiste”, ma di solito assolve con la formula “il fatto non costituisce reato”. 

È aumentata, purtroppo, la tendenza a non denunciare gli abusi fisici e verbali – nell’81% dei casi le vittime preferiscono non affidarsi alla giustizia (nel 2024 era il 50%) – e la tendenza da parte delle giornaliste a non denunciare le minacce di genere subite. L’autocensura e l’isolamento scoraggiano la denuncia ai centri di monitoraggio e alle autorità. 

Le giornaliste che hanno subito minacce e intimidazioni (il 26% del totale) hanno affermato di essere state oggetto di avvertimenti (80% dei casi), insulti verbali, scritte ingiuriose, messaggi e commenti sui social e minacce di morte. Il 18% è stata colpita da azioni legali o denunce pretestuose, eseguite cioè con lo scopo di mettere a tacere la giornalista. Il 12% è stata aggredita fisicamente.

L’analisi dei dati rilevati da Ossigeno mostra due tendenze in particolare. Innanzitutto, l’aumento preoccupante dell’autocensura. “Sempre più spesso le giornaliste che subiscono attacchi sessisti, verbali e fisici affermano di non avere da sole la forza per continuare a occuparsi di cronaca, o di averla trovata grazie al supporto dei lettori e della famiglia”, osserva Ossigeno. 

E poi c’è una forte pressione dell’opinione pubblica. ‘Se l’è cercata’, si dice dei cronisti intimiditi e, prosegue Ossigeno, soprattutto in riferimento alle donne. Per questo, “è necessario rafforzare le reti di solidarietà e lavorare sul piano culturale. La maggior parte delle giornaliste vittime di attacchi di genere è composta da croniste locali, vittime di maschilismo e patriarcato, o insultate nelle piazze virtuali dove tutto è possibile”.

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