Il Mediterraneo sta diventando un “laboratorio naturale” del cambiamento climatico globale. In occasione della Giornata internazionale del Mediterraneo, il WWF Italia lancia un allarme che non può essere ignorato: il nostro mare è quello che si riscalda più rapidamente al mondo, con effetti devastanti sulla biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi marini.
A rilanciare l’allerta è Roberto Danovaro, professore di biologia marina all’Università Politecnica delle Marche e presidente della comunità scientifica del WWF Italia, in un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Panda, la rivista dell’associazione. Secondo Danovaro, le acque del Mediterraneo in estate raggiungono temperature superiori a quelle tropicali, con picchi oltre i 30-30,5°C anche a più di 30 metri di profondità. Un fenomeno che sta causando mortalità massive tra gli organismi marini, desertificando i fondali e alterando l’equilibrio degli ecosistemi.
Il Mediterraneo copre meno dell’1% della superficie oceanica globale e contiene solo lo 0,3% delle acque degli oceani, ma è estremamente vulnerabile: è un bacino semi-chiuso, poco profondo (in media 1,5 km contro i quasi 4 km degli oceani), e per questo si riscalda a un ritmo tre volte superiore rispetto agli altri mari.
Tra le conseguenze più gravi del riscaldamento e dell’assorbimento eccessivo di anidride carbonica (CO₂), c’è la crescente acidificazione delle acque, che ha già causato un calo del pH fino a 0,2 unità rispetto all’inizio del secolo scorso. Questo abbassamento colpisce duramente molte specie, in particolare quelle con scheletri calcarei come cozze, gorgonie, coralli, spugne e ricci di mare.
“Il Mediterraneo è il mare che si riscalda più velocemente al mondo”. Il Wwf lancia l’allarme e chiede alla politica di impegnarsi per mitigare il fenomeno
L’ondata di calore del 2024, tra le più intense mai registrate, ha già lasciato il segno: intere foreste di alghe brune e praterie sommerse di Posidonia oceanica sono state spazzate via, mettendo a rischio non solo la biodiversità, ma anche la pesca e l’economia locale. Molti habitat non si sono ancora ripresi nel 2025, mentre specie aliene tropicali – introdotte soprattutto attraverso il Canale di Suez – si stanno diffondendo sempre più anche nel Nord del Mediterraneo, aggravando la pressione sugli ecosistemi autoctoni.
In risposta a questa crisi, il WWF partecipa al progetto Life Adapts, cofinanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’Università di Pisa. L’iniziativa, attiva in Italia, Grecia e Cipro, si concentra sulla protezione e l’adattamento di tre specie simbolo del Mare Nostrum: la tartaruga verde (Chelonia mydas), la tartaruga caretta (Caretta caretta) e la foca monaca (Monachus monachus). L’obiettivo è individuare nuove strategie per preservare gli habitat costieri più vulnerabili e garantire la sopravvivenza delle specie minacciate dai cambiamenti climatici.
Danovaro conclude con un appello: “Un sistema marino ricco di biodiversità resiste meglio al cambiamento climatico. Proteggerla è la nostra migliore arma per guadagnare tempo nella sfida globale contro il riscaldamento del pianeta”. Dove la natura da sola non ce la fa, aggiunge, serve intervenire con azioni di restauro ecologico, previste anche dalla nuova legge europea sul recupero degli ecosistemi.
07/07/2025
da La Notizia