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Il Mossad ha minacciato il Procuratore della Corte Penale dell’Aia

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Israele sorvegliava magistrati e funzionari della Corte penale internazionale e operatori palestinesi per i diritti umani da quasi un decennio per ostacolare l’indagine della Cpi sui presunti crimini di guerra di Tel Aviv. Lo rivela un’inchiesta giornalistica congiunta di ‘+972 Magazine’, ‘Local Call’ israeliani e del britannico The Guardian.
Sotto sorveglianza israeliana l’attuale procuratore capo della corte, Karim Khan, la sua predecessora Fatou Bensouda e dozzine di altri funzionari della Cpi e dell’Onu. Ma ancora ieri le minacce per evitare la richiesta di arresto per crimini di guerra.

L’ex capo del Mossad Yossi Cohen

Il Mossad braccio armato del peggiore Netanyahu

Il Mossad, il mitico servizio segreto israeliano, è arrivato a minacciare persino il Procuratore della Corte Penale Internazionale (ICC). In un tremendo articolo-scoop del prestigioso quotidiano britannico, esce prepotente l’immagine di uno Stato, Israele, che nelle mani di Netanyahu è diventato ormai capace di tutto. Harry Davies, corrispondente da Gerusalemme, scrive che – «avrebbe minacciato un Procuratore capo della Corte penale dell’Aja, in una serie di incontri segreti, in cui avrebbe cercato di spingerlo ad abbandonare un’indagine sui crimini di guerra». Il Procuratore oggetto delle attenzioni del Mossad, sempre secondo il Guardian, è una donna: Fatou Bensouda. La quale, però, nonostante le pressioni, ha portato avanti ugualmente il suo lavoro che riguardava, in particolare, «presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, nei Territori palestinesi occupati».

Un passato insistito di crimini e minacce

Per dare la dimensione di ciò di cui stiamo parlando, occorre sottolineare che il procedimento, avviato dalla Corte Penale Internazionale, si riferisce a fatti avvenuti ben prima del 2021. Vizio antico. È stato in quell’anno, che la signora Bensouda ha formalizzato l’inchiesta, poi portata avanti dal suo successore, Karim Khan. Come si sa, il nuovo Procuratore ICC ha emesso richieste di arresto a carico di Benjamin Netanyahu, Yoav Gallant (Ministro della Difesa) e di tre alti esponenti di Hamas. Temendo una caduta d’immagine e «interferenze giudiziarie» che avrebbero potuto colpire la sfera militare, il governo israeliano si è mosso

La sintesi che fa il Guardian

«Secondo un alto funzionario israeliano, in questo caso le attività di Cohen e del Mossad, erano autorizzate ad alto livello e giustificate dal fatto che la Corte rappresentava una minaccia di procedimenti giudiziari contro il personale militare. Un’altra fonte ha sostenuto che l’obiettivo del Mossad era compromettere il Pubblico ministero, o ‘arruolarla’ a favore delle richieste di Israele. Una terza fonte ha detto che Cohen agiva in qualità di messaggero di Netanyahu». Preoccupata per l’atteggiamento sempre più minaccioso del capo del Mossad, la signora Bensouda pare che si sia rivolta ai vertici della Corte penale, confidando il suo disagio. Tre di queste fonti, rivela ancora il giornale britannico, hanno confermato di aver sentito la Procuratrice ripetere che Cohen ‘le consigliava’ di lasciar perdere la Palestina. «Dovresti aiutarci e lasciare che ci prendiamo cura di te – avrebbe sussurrato Cohen – non devi immischiarti in cose che potrebbero compromettere la tua sicurezza o quella della tua famiglia». Argomenti più che convincente, non c’è dubbio

Ma il Guardian fornisce altri dettagli, che fanno riflettere e che forse forniscono qualche risposta per comprendere certi atteggiamenti di ‘sottomissione’ diplomatica nei confronti di Israele, altrimenti inspiegabili.

Modello mafioso

«Un individuo informato sulle attività di Cohen – prosegue il giornale inglese – ha detto che aveva usato tattiche spregevoli contro Bensouda, come parte di un tentativo alla fine fallito di intimidirla e influenzarla. Hanno paragonato il suo comportamento allo stalking. Anche il Mossad si è interessato molto ai membri della famiglia di Bensouda e – scrive ancora il Guardian – secondo due fonti con conoscenza diretta della situazione, ha ottenuto le trascrizioni delle registrazioni segrete di suo marito. I funzionari israeliani hanno poi tentato di utilizzare il materiale per screditare il pubblico ministero». Non c’è stato niente da fare. La Bensouda non si è fatta intimidire e ha continuato le sue indagini, monitorando Gaza, Gerusalemme Est e, soprattutto, la Cisgiordania. L’unico ostacolo procedurale veniva dalla conferma della giurisdizione della Corte sulla Palestina. La sentenza affermativa è arrivata nel febbraio del 2021, e un mese dopo la Procuratrice ha formalizzato le accuse a Israele.

America modello Trump, stesso stile

Nessuno è riuscito a farle cambiare idea. Nemmeno Trump che, nel 2019, maldigerendo le sue richieste sull’ Afghanistan (per i crimini di guerra commessi anche dagli americani) l’aveva sottoposta a sanzioni e restrizioni sul visto. E, tanto per dare un’idea del clima che si era creato anche negli Stati Uniti nei confronti della Corte Penale Internazionale, ecco quello che aveva dichiarato l’allora Segretario di Stato Mike Pompeo: «È chiaro che la Corte ha Israele nel suo mirino solo per scopi palesemente politici».

Menzogne politiche costruite, tra malvagità e stupidità conclamata. Come quel Donald Trump candidato a una seconda presidenza ad alto rischio di vittoria proprio per l’attuale gestione della gestione israelo-palestinese di Biden, che ora vorrebbe addirittura ‘deportare’ di studenti che protestano nei campus chiedendo giustizia su Gaza e la fine del massacro, o forse genocidio.

29/05/2024

da Remocontro

Piero Orteca 

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