Con l’avvento del nucleare, almeno per i suoi fautori, i costi dei generi elettrici sarebbero destinati a calare, eppure dove ci sono centrali nucleari la situazione è ben diversa da quella descritta
E non si comprende la ragione per la quale un paese come il nostro non debba invece utilizzare venti e corsi d’acqua per generare energia a basso costo, forse la risposta sta proprio nel molteplice utilizzo del nucleare soprattutto in tempi di riarmo che lo rendono particolarmente appetibile
Un anno fa c’erano nel mondo poco più di 400 reattori nucleari operativi in 30 paesi. Per favorire il nucleare si parla di ricadute positive sui costi e sull’economia, di basse emissioni di gas serra (ma se consideriamo i tempi di costruzione e le tecnologie utilizzate l’effetto è invece opposto a quello dichiarato) senza spiegare la ragione per la quale negli ultimi 25 anni o 30 molti paesi hanno fatto marcia indietro disinvestendo proprio nella ricerca in campo nucleare e denunciando l’elevata percentuale dei costi fissi per la produzione di energia.
Sono in pochi a ricordare che proprio la liberalizzazione del mercato elettrico in Europa si prefiggeva l’obiettivo di distruggere il monopolio pubblico e con esso favorire una corsa al rialzo dei prezzi in nome della libera concorrenza. Sarebbe interessante comprendere quale sia la differenza tra i vecchi operatori pubblici e i nuovi privati che privilegiano tecnologie a minore intensità di capitale e con tempi di costruzione molto più rapidi. Ciò ha ulteriormente rallentato gli investimenti nell’ambito della tecnologia nucleare.
Fu invece la nazionalizzazione dell’Enel a inizio anni Sessanta a scongiurare investimenti in campo nucleare per le centrali termoelettriche a oli combustibili, erano gli anni in cui il nostro paese era sede di importanti impianti di raffineria. E nonostante le forti spinte nucleariste il rapporto di Banca d’Italia è assai prudente sui tempi di realizzazione di impianti nel nostro paese e perfino sui benefici per la nostra economia.
È bene quindi andare direttamente alla fonte citando un lungo passaggio della ricerca anche per capire come si posiziona il capitale finanziario in materia di energia:
l PNIEC (2024) prevede l’installazione di una capacità totale di nucleare pari a circa 8 GW tra il 2030 e il 2050 che dovrebbe coprire circa l’11 per cento del fabbisogno di energia elettrica al 2050 (capacità eventualmente elevabile a 16 GW di potenza). Per raggiungere tali obiettivi il Governo ha discusso, per ora in via preliminare, un provvedimento che delinea la strategia per riavviare la discussione pubblica sull’uso del nucleare. Tale strategia sembrerebbe indirizzarsi verso le nuove tecnologie modulari o avanzate di piccole dimensioni basate sulla fissione, oltre a quelle che in futuro potrebbero derivare dalla fusione nucleare. Le prime, che ad ora presentano uno stadio di sviluppo più avanzato, potrebbero rivelarsi un elemento di novità importante a causa della riduzione dei tempi di costruzione e dei costi d’investimento, insieme alla produzione in serie e alla standardizzazione, che dovrebbe contribuire a limitare l’incertezza e abbassare i costi di finanziamento. Questo renderebbe tali investimenti più attraenti anche per il settore privato, riducendo il ruolo dello Stato.
Inoltre, fattori come un minore consumo di acqua e suolo, uniti a una maggiore flessibilità d’uso, renderebbero queste tecnologie una soluzione interessante per il nostro Paese. Tuttavia, il loro attuale grado di sviluppo non offre ancora garanzie sulla reale concretizzazione di questi benefici. Inoltre, i ritardi che hanno caratterizzato la costruzione dei pochi prototipi operativi (in Russia e Cina) o in costruzione suggeriscono di guardare con cautela ai tempi con i quali i nuovi reattori modulari saranno disponibili. Peraltro, ai tempi di costruzione dei primi prototipi bisogna aggiungere i tempi di adattamento della filiera (sia delle componenti delle centrali sia del carburante) alla produzione in serie che al momento, è bene sottolinearlo, non è stata avviata per nessuna delle tecnologie in progettazione o disponibili (NEA, 2024). Infine, occorre considerare i tempi di adattamento delle tecnologie ai criteri di sicurezza che verranno definiti in Italia (criteri che potrebbero anche ostacolare la produzione in serie qualora non fossero in linea con quelli adottati negli altri paesi dove la tecnologia verrà installata). Tutti questi fattori suggeriscono che uno scenario che vede l’installazione delle nuove tecnologie nucleari in Italia già nel prossimo decennio potrebbe essere eccessivamente ottimistico.
26/06/2025
da L'Antidiplomatico