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Il peso del debito pubblico oltre le bugie della politica

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Economia

11/09/2025

da Remocontro

Valerio Sale

«Il peso del debito sta aumentando in molti paesi industrializzati, facendo parlare di una possibile crisi». La prende larga il Wall Street Journal, come tutta l’informazione economica impegnata a proteggere i mercati dal tabù del debito pubblico.

Nessuno in Europa può fare il furbo

La dura realtà è che i governi scricchiolano sotto il peso del debito, come fa il Regno Unito di Keir Starmer, oppure cadono con un vero e proprio tonfo, come nel caso della Francia. La scorsa settimana, i costi dei prestiti a lungo termine di Londra hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi decenni, spingendo il capo del Tesoro Rachel Reeves a difendersi dalle insinuazioni secondo cui il Paese, fortemente indebitato, si sta dirigendo verso una crisi fiscale.

La favola del debito ‘buono’ o ‘cattivo’

Adesso è il turno della Francia dove il frastuono delle proteste di piazza copre le voci dei tanti economisti che predicano su “debito buono e debito cattivo” (copyright Mario Draghi). Una disconnessione dalla realtà tendente a creare l’illusione collettiva che il debito è una condizione transitoria della vita dei cittadini-lavoratori-consumatori-contribuenti. Tanto c’è sempre la banca centrale a stampar moneta per trangugiare titoli di debito e proteggere gli Stati dalla bancarotta.

Il cinguettio prima che esploda tutto

In un mondo in cui le nazioni industrializzate hanno contratto debiti record e stanno pagando sempre di più per finanziarli, il caso della Francia (e dell’Inghilterra) è l’equivalente per i mercati finanziari del proverbiale canarino nella miniera di carbone, scrive il Financial Times. Un indicatore importante di difficoltà per altri debitori come Italia, Grecia e con essi il più grande debitore del mondo, gli Stati Uniti.

Il debito si paga e costa sempre di più

Le politiche economiche di tutti i governi prevedono che il governo spenda più di quanto incassa. Quella differenza, il deficit, i governi la coprono emettendo buoni del tesoro. La somma di questa differenza accumulata nel tempo forma il debito.  Quando deficit è così elevato e costante, i tassi d’interesse aumentano per attirare chi è disposto a scommettere su di loro. Le banche centrali comprano il debito, i tassi salgono e così inflazione.

Debiti troppo grandi per fallire?

Gli investitori sembrano al momento continuare a considerare i debiti sovrani come Paesi «troppo grandi per fallire». I dipartimenti economici di Bruxelles suonano un disco rotto che ripete che non c’è (oggi) una crisi omogenea dell’intera area, ma rischi concentrati in alcuni grandi paesi (es. Francia) che possono generare ondate di volatilità. Il mantra di tutti i governi indebitati è che la resilienza bancaria e buffers finanziari aiutano, ma la sostenibilità richiede azione fiscale mirata e crescita.

Anche l’Italia soffocata dal debito

La favola della crescita è ormai smentita dalle cifre rappresentate dall’ammontare di interessi sul debito pubblico che gli Stati sono costretti a pagare. Un esempio su tutti in Europa lo rappresenta l’Italia che con circa 80 miliardi di interessi annui da restituire agli investitori dovrebbe crescere a ritmi del 3,9% invece dell’attuale 0,6%, rivisto al ribasso. L’esplosione del rapporto deficit/Pil negli Stati europei è provocata non dall’aumento delle spese su sanità, istruzione o altri servizi pubblici, ma unicamente dall’ammontare degli interessi sul debito.

‘Caso Francia’ emblematico

Il caso francese è la rappresentazione plastica di un sistema che si avvita su sé stesso, laddove i destinatari dei tagli alla spesa pubblica sono chiamati a «fare sacrifici per ripagare ancor prima del debito, gli interessi necessari ad alimentarlo». È un circolo vizioso che prosegue da quando sono state varate le politiche di austerità e che non sembra dar segni d’interrompersi. Ricordiamo che il Patto di Stabilità e Crescita nacque nel 1997 e obbligava gli Stati membri dell’Ue a mantenere deficit sotto il 3% e il debito inferiore al 60% del Pil. Il Patto di Stabilità aveva come obbiettivo di ridurre il debito.

Crisi del 2008 e via a precipizio

Dopo la crisi finanziaria globale del 2008 le politiche di austerità hanno attraversato tutta l’Europa a partire dalla Grecia e il Portogallo ed estendendosi a Spagna, Italia e al Regno Unito sotto la guida di David Cameron. Politiche che in molti casi hanno rappresentato vere e propri casi di macelleria sociale. Ebbene, da allora ad oggi, il debito pubblico ha continuato a crescere, in Francia + 43%, in Italia + 29% (Germania -3,2%), mentre i servizi sociali primari hanno ridotto la spesa.

Ursula, svegliati

  • Nello stesso periodo post crisi finanziaria, a fronte dell’esplosione dei debiti pubblici e del taglio della spesa, la borsa di Milano è cresciuta del 55%, quella di Parigi del 38%. Al grido di “Blocchiamo tutto” la Francia suona la sveglia di Ursula von der Leyen , oggi impegnata in esercizi acrobatici nel suo discorso sul triste stato dell’Unione.
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