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Il potere della ricchezza direttamente al comando

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Il primo grande ricco della storia fu Mida, mitico re della Frigia: ottenne da Dioniso il potere straordinario di trasformare in oro qualunque cosa toccasse. Il problema fu che anche il cibo e le bevande si trasformavano nel prezioso metallo e alla fine, per non morire di fame, Mida chiese al dio di tornare normale. Un po’ narcisisti, un po’ artisti irrealizzati, ma sempre spregiudicati: una piccola galleria di ricchi e ricchissimi che qualche volta cambiarono la storia o comunque aiutarono a farlo.
L’America sempre avanti, nel bene o nel male, offre al mondo l’accoppiata Trump-Murk che promette di combinarne di pessime. Ma ‘C’era una volta’ ha la fortuna di poter scegliere degli straricchi di potere un po’ più decenti.

                                           Certo che hai la lingua sciolta, Elon!

Jacob Fugger e Carlo V

Cosimo Giovanni de Medici il Vecchio, nonno di Lorenzo, fu il personggio che riuscì di fatto a governare Firenze senza mai apparire in prima persona, grazie soprattutto ad un’immensa ricchezza e ad una politica di legami familiari pazientemente intessuta per decenni.
Indubbiamente il banco e i commerci ne fecero un uomo ricchissimo e potentissimo, ma Jacob Fugger, un tedesco nativo di Augsburg, probabilmente fu ancora più ricco, nel senso che ebbe maggiori disponibilità finanziarie e controllò le miniere d’argento e rame sulle pendici settentrionali delle Alpi cui ben presto si aggiunsero quelle della Boemia e della Castiglia da cui si estraevanno anche mercurio e cinabro.
Meno che adolescente era stato inviato dalla famiglia a Venezia nel Fondaco dei Tedeschi, una Wall Street lagunare in cui rimase quasi quattordici anni. La sua vera fortuna cominciò con i prestiti all’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, che non a caso era stato soprannominato dai veneziani “il senza denari”. Fugger divenne insostituibile e Carlo V, che aspirava a diventare anche lui sacro romano imperatore, per convincere i principi elettori a sostenerlo, ricorse appunto a un generoso prestito dal banchiere di Augusta.
Jacob – che in tutta la sua vita si era sempre mostrato come un cristiano devoto – morì nel 1525 e non seppe che agenti della sua banca avevano acquistato preziosi trafugati durante ‘il sacco di Roma’ del 1527, ricettazione lucrosa, ma decisamente sacrilega.

Nahtan Rothschild e Waterloo

A metà del XVIII secolo la famiglia Rothschild gestiva un banco di cambiavalute nella città tedesca di Francoforte: si stava già accumulando una fortuna, ma la grande abilità fu quella di non ostentare mai, preferendo transazioni riservate e accordì tra società diverse, sebbene appartenenti alla stessa famiglia.
Mezzo secolo dopo a Londra era in piena attività una filiale della banca che assicurava all’esercito di Wellington impegnato in Spagna e Portogallo ingenti trasferimenti di lingotti d’oro per finanziare la guerra. Si calcola in maniera approssimativa che dall’Inghilterra a questo scopo siano stati trasferiti sul continente circa dieci milioni di sterline, cifra da capogiro per l’epoca e difficilmente convertibile ad un valore odierno.
Il capolavoro di Nathan Rothschild all’indomani della battaglia di Waterloo consistè nell’acquistare da centinaia di piccoli investitori inglesi titoli di stato a prezzo di saldo: la prima notizia che arrivò infatti a Londra fu quella di una sconfitta inglese che gettò nel panico la borsa provocando un immediato ribasso. In realtà non fu mai charito del tutto se la notizia della sconfitta fosse stata diffusa ad arte o fosse invece frutto di un malinteso nelle comunicazioni, ma Rothschild guadagnò comunque due volte: da una parte avendo concesso il prestito per finanziare la guerra e dall’altra diventando il maggior creditore dello stato riscuotendo anche gli interessi dei titoli emessi per coprire il prestito stesso.

Il sogno americano

I Rothschild rimasero al vertice del potere finanziario mondiale ancora per un paio di decenni, ma dopo cominciò un lento declino, sebbene la loro posizione nell’Inghilterra vittoriana, centro del mondo e di un vasto impero coloniale, assicurasse comunque ancora una certa supremazia.
Nel frattempo cominciò lo sviluppo economico degli Stati Uniti e dall’altra parte dell’Atlantico nacquero nuovi miliardari. Il primo modello fu John Pierpont Morgan, un modello perché molti americani cercarono di ispirarsi alla sua biografia per carpirne i segreti. In realtà Morgan, prima dei grandi successi imprenditoriali e finanziari, era stato un giovane di salute cagionevole, ma che potè studiare in Svizzera e in Germania e fare le prime esperienze a Londra.
Fino al 1913, anno in cui morì improvvisamente a Roma, il suo potere finanziario fu paragonato a quello di numerose piccole banche centrali europee. A lui contemporaneo fu lo scozzese naturalizzato americano Andrew Carnegie che dall’industria dell’acciaio – in cui spesso le rivendicazioni dei dipendenti furono respinte con durezza – all’improvviso cedette parte delle imprese a Morgan per dedicarsi ad attività filantropiche sostenendo che per migliorare la società si dovessero sostenere l’istruzione e il progresso delle scienze e delle arti.
Ultimo John Davison Rockfeller che divenne il principale operatore del mercato petrolifero mondiale già alla fine del XIX secolo: tuttavia nel 1911, dopo una sentenza della corte suprema degli Stati Uniti, il suo complesso industriale che rappresentava da solo oltre il 60% del mercato fu smembrato in aziende più piccole alcune delle quali entrarono nel club delle ‘sette sorelle’.

17/11/2024

da Remocontro

Giovanni Punzo

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