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Il premio Oscar Basel Adra: «Anche l’Italia complice del sistema che finanzia le colonie israeliane»

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Diritti

16/10/2025

da Valori

Luca Pisapia

La campagna Stop trade with settlements chiede di fermare i rapporti economici con le colonie illegali israeliane in Cisgiordania

«No Other Land mostra la vita quotidiana del popolo palestinese sotto una brutale occupazione. Uno dei messaggi fondamentali che abbiamo voluto trasmettere è che la responsabilità di questa occupazione illegale è di un intero sistema che ci vuole cacciare, non solo dei singoli coloni cattivi. Dietro i coloni c’è un intero sistema che agisce contro il diritto internazionale», spiega Basel Adra. «La responsabilità è di un regime che stabilisce un sistema giuridico razzista, differente per le colonie di Israele e per i villaggi della Palestina. Un sistema giuridico razzista che permette la sistematica distruzione di case, scuole e ospedali palestinesi per fare spazio a nuovi insediamenti che continuano a occupare le nostre terre».

«Attenzione però, agli occhi dei palestinesi questa non è esclusiva responsabilità di Israele, ma di tutti i gli Stati che sostengono Israele e questo sistema razzista», prosegue Basel Adra. Regista insieme a Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal di No Other Land, la pellicola premiata come miglior documentario ai premi Oscar 2025. «Questo sistema giuridico e economico illegale e razzista è sostenuto da tutti quegli Stati e quelle aziende straniere che fanno affari con gli insediamenti illegali. Alla faccia del rispetto del diritto internazionale di cui si ammantano a parole l’Europa e l’Italia. E proprio sull’Italia in particolare va detto che, oltre a essere complice di questo sistema, finora non ha fatto nemmeno un piccolo passo per riconoscere lo Stato palestinese».

«L’Italia deve interrompere ogni relazione commerciale con gli insediamenti illegali israeliani»

La sua durissima requisitoria Basel Adra la pronuncia durante un incontro alla sala stampa della Camera dei deputati, nel contesto della presentazione della campagna Stop al commercio con gli insediamenti illegali. Nell’occasione, Amnesty International Italia, Cospe e Oxfam Italia, insieme alle altre organizzazioni partecipanti, hanno lanciato un appello urgente al Governo per l’adozione di uno strumento legislativo che imponga all’Italia l’interruzione di ogni relazione commerciale con gli insediamenti illegali israeliani. Un passo necessario e doveroso per porre fine all’occupazione della Cisgiordania. E per consentire finalmente la nascita di uno Stato palestinese.

«L’Italia ha degli obblighi molto precisi», sottolinea Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia. «Per questo motivo chiediamo con forza che l’Italia, rispettando il parere consultivo emesso dalla Corte Internazionale di giustizia nel luglio 2024, adotti uno strumento normativo nazionale, che preveda la sospensione degli accordi commerciali italiani con Israele. Il governo Meloni ha oggi l’occasione di dimostrare di non voler essere complice delle ripetute e sistematiche violazioni dei diritti umani delle autorità israeliane in Cisgiordania».

«Il primo ostacolo per l’autodeterminazione del popolo Palestinese sono proprio gli insediamenti illegali», prosegue Pezzati. «Lo scorso anno la Corte internazionale di giustizia ha chiesto ai Paesi di interrompere i commerci con le colonie, ma ancora nulla è stato fatto. Per questo chiediamo la sospensione dello scambio di beni e servizi da e per le colonie illegali e uno strumento normativo italiano, una legge che recepisca la richiesta della Corte»

«Occupazione, apartheid e genocidio non sarebbero possibili senza la complicità dell’Unione europea»

«Quando sono in gioco i diritti umani c’è chi perde, e sono i popoli. E chi vince, e sono le aziende che fanno commerci e investimenti immobiliari in un territorio che dovrebbe essere palestinese», sottolinea Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. «L’occupazione illegale delle terre palestinesi produce povertà da un lato e ricchezza dall’altro, quest’ultima favorita da relazioni commerciali che l’Unione europea porta avanti con Israele, che consolidano una situazione illegale nel Territorio palestinese occupato e che pertanto chiediamo cessino al più presto. Decenni di occupazione, di apartheid e due anni di genocidio non sarebbero infatti stati possibili senza l’inerzia e la complicità degli Stati e l’ingordigia delle aziende».  

«Serve anche il sostegno all’economia sociale e solidale della Palestina. Perché c’è anche una seconda guerra, che passa inosservata, che è quella economica», conclude Vittorio Longhi, responsabile advocacy di Cospe. «I palestinesi da oltre 50 anni devono far fronte a una vera e propria guerra economica dovuta all’occupazione israeliana che cancella diritti, terre e futuro e non consente alcuno sviluppo dell’economia. Per questo, chiedere lo stop del commercio con gli insediamenti illegali è fondamentale, un atto dovuto di giustizia e di rispetto del diritto internazionale, ma è altrettanto necessario sostenere con forza l’economia di resistenza delle comunità palestinesi».

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