Ora che anche la Cassazione alza la voce, la risposta della politica non può essere il silenzio o, peggio, la propaganda
Dopo il decreto di sicurezza, l’Albania. Le leggi si piegano, ma la realtà resiste. La nuova relazione della Cassazione sul protocollo Italia-Albania è un avvertimento secco: il progetto di deportare migranti oltre Adriatico è giuridicamente instabile, potenzialmente incostituzionale e incompatibile con il diritto europeo. Un’analisi tecnica, non un’opinione politica, che smonta l’impianto di una delle leggi bandiera del governo Meloni. E che conferma ciò che molti giuristi ripetono da mesi: l’arbitrio non è governance.
La relazione del Massimario non è vincolante ma ha un peso enorme. Segnala come il protocollo violi l’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza, l’articolo 10 sul diritto d’asilo, l’articolo 13 sulla libertà personale e l’articolo 24 sul diritto di difesa. Descrive detenzioni arbitrarie, accesso limitato agli avvocati, trasferimenti privi di base legale e assenza di garanzie fondamentali. E mentre la Corte di giustizia Ue valuta la legittimità del progetto, la dottrina giuridica maggioritaria boccia senza appello la sua coerenza col diritto dell’Unione.
Il paradosso è che tutto questo era già evidente prima delle deportazioni. Ma il governo ha tirato dritto, ben sapendo di camminare sul filo. Ora che anche la Cassazione alza la voce, la risposta della politica non può essere il silenzio o, peggio, la propaganda. Perché quando la legge diventa opaca, il potere non si rafforza: si rivela. Spaccare la costituzione per avere margini di manovra per comandare rimane un pericoloso segnale di inettitudine.
01/07/2025
da Left