Quel veto statunitense beffa alla Nazioni Unite usato a favore di Israele troppe volte. Ora, di colpo, si cambia (ma solo un po’: armi americane sempre). Stanchi di essere raggirati da Netanyahu, gli Stati Uniti hanno annunciato un progetto di risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in cui si chiede il rilascio di tutti gli ostaggi, in cambio della fine dei combattimenti a Gaza. Israele ha già fatto sapere di opporsi. Ma cosa c’è dietro questa svolta clamorosa e improvvisa? La saga degli inganni.
L’Onu beffato troppe volte dal veto Usa
Gli americani si sono mossi dopo che Hamas ha comunicato alle fazioni palestinesi che il Piano Biden, per un accordo complessivo a Gaza, non coincide con quello delineato invece dagli israeliani, durante i colloqui di questi giorni. Anzi, come sottolinea il quotidiano di Tel Aviv, Haaretz, «ci sarebbe una vera e propria disparità tra le proposte di cessate il fuoco, quella israeliana e quella statunitense, E per questo Hamas ha chiesto chiarimenti ai mediatori». Dunque, lo stallo nei negoziati partirebbe dalla mancanza di un presupposto fondamentale in qualsiasi trattativa, cioè la trasparenza delle condizioni. I palestinesi temono giochi di prestigio diplomatici, magari coperti da ambiguità lessicali.
Accordo con l’inganno
Nel nostro caso, secondo il canale saudita Asharq News, quelli di Hamas si lamentano proprio di questo: «Israele – dicono – è interessato ad attuare solo la prima fase della proposta. Cioè, vuole solo che sia garantito il rilascio di ostaggi civili, tra cui donne, bambini e anziani. Per cui, sta evitando di impegnarsi a ritirarsi dalla Striscia di Gaza e a porre fine al conflitto». Insomma, qualcuno bara. Eppure, mai come questa volta, la Casa Bianca aveva lavorato per mettere una pezza agli errori della sua politica in Medio Oriente. E tutto ciò lo riconosce pure Hamas. Infatti, la leadership del gruppo palestinese afferma che la proposta di Biden «è perfettamente in linea con le richieste avanzate il mese scorso». Il vero ostacolo – scrive Haaretz – sta nel fatto «che esiste un divario tra lo schema presentato al nucleo negoziale e la proposta israeliana esposta da Biden».
I trucchi di Netanyahu sulla tregua
Soprattutto su un punto cruciale: quello della ripresa dei combattimenti, che per Netanyahu devono continuare dopo la tregua. In parole povere, c’è una discrepanza, tra l’offerta illustrata da Biden (e accettata in linea di principio da Hamas), e quella poi presentata dagli israeliani, durante le trattative ufficiali. E siccome ai colloqui erano presenti anche i mediatori egiziani, qatarioti e americani, Hamas ora si rivolge a loro per capire dove stia la verità. Perché, sulla base di ciò che aveva detto il Presidente degli Stati Uniti, il gruppo palestinese aveva già dato un consenso di massima. Ma, proprio in quel momento, è cominciato un palleggiamento di responsabilità. In sostanza, Hamas ha chiesto di chiarire, come riporta testualmente Haaretz,
«se la proposta di Biden rifletta accuratamente la posizione israeliana, o se sia solo un’interpretazione che fa Washington, soprattutto dopo che il Primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha descritto le osservazioni di Biden come inesatte».
Due documenti diversi e la Cia testimone
Stiamo parlando di due documenti diversi e che qualcuno, imbroglia le carte. Naturalmente, si potrebbe pensare che anche Hamas ha i suoi interessi a ‘limare’ la realtà delle cose. Ma nel caso specifico, il gruppo fondamentalista palestinese mette le mani avanti e chiama a esprimersi i diplomatici presenti. Non solo i ministri e gli ambasciatori egiziani e del Qatar, ma addirittura anche l’inviato speciale del Presidente Biden: nientemeno che il capo della Cia, William Burns. Restano da aggiungere altre osservazioni, che complicano ulteriormente un quadro che già si regge su fragili presupposti.
L’opposizione del governo israeliano
L’intesa di massima raggiunta tra la Casa Bianca e Netanyahu, rispecchia anche tutta l’opinione del governo israeliano, nella sua interezza? Perché sembra proprio di no. E poi. Egitto, Qatar e Stati Uniti, sono pronti a farsi garanti dell’esecuzione della seconda parte dell’accordo? I timori (e le divergenze) si concentrano tutti su questo punto. Infatti, liberati tutti gli ostaggi civili ‘fragili’, Hamas pensa che dopo la tregua possa riprendere un attacco israeliano di annichilimento definitivo. Per la verità, Netanyahu è stato chiaro, con tutti, anche con Biden, fin dall’inizio. Il resoconto che fa Haaretz, dell’intervento del Premier in Commissione, alla Knesset (a porte chiuse), fa capire il clima di ambiguità negoziale in cui si sta sviluppando la drammatica ricerca di un cessate il fuoco a Gaza.
Ambiguità e accuse incrociate
Dunque, Netanyahu al suo governo ha detto che la ricostruzione fatta da Biden della posizione israeliana «era imprecisa e incompleta». Se nella prima fase, i termini del negoziato sembravano abbastanza definiti, nella seconda fase bisognava navigare a vista. Cioè, dopo sei settimane, la possibilità di un cessate il fuoco definitivo doveva essere ridiscussa. Col rischio, nel frattempo, di ricominciare a bombardare a tutto spiano il giorno dopo la fine della tregua. E questo ad Hamas non andava bene prima e non va bene manco ora. Gli adviser di Biden lo sanno e sanno pure che Netanyahu farà di tutto per tenere la guerra aperta, «a bassa intensità». Le trattative sono solo uno specchietto per le allodole.
La guerra per interessi politici personali
Quindi, quando Biden ‘rivela’ (finalmente) che Netanyahu non ferma la guerra, «per interessi politici personali», viene voglia di dirgli che forse ha scoperto che l’acqua calda brucia.
Ha scritto Aluf Benn, uno degli editorialisti più acuti di Haaretz, con grande esperienza di ‘hasbara’, la tecnica diplomatica in cui sono grandi maestri da quelle parti: «Israele ha la capacità di opporsi agli Stati Uniti e di farla franca». Beh, forse questa volta no. Perché, se Biden non si decide ad agire subito, per fermare lo sterminio e riportare a casa gli ostaggi, di sicuro perderà la Casa Bianca.
07/06/2024
da Remocontro