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Informazione di guerra, censura, fake news: i media in Ucraina

Informazione di guerra, censura, fake news: i media in Ucraina

Dopo oltre due anni e mezzo dall’inizio del conflitto, moltissimi siti d’informazione russi sono stati ufficialmente vietati in Unione europea e in Italia. La Federazione russa ha a sua volta vietato diversi media occidentali, tra cui la Rai, La7, La Repubblica e La Stampa. Accuse incrociate di “organi di propaganda”. Ma, in realtà, nessuno si è mai preoccupato di analizzare la situazione dei media ucraini, i primi a essere usati come fonte d’informazione dall’Occidente, denuncia Diana Mihaylova, Bulgara di nascita, ma milanesissima d’adozione, studiosa di cultura e musica della Russia e dei Paesi Est europei.

‘Meduza’ russa, buona solo quando denuncia la torture e Navalny

La testata indipendente russa Meduza, tradizionalmente schierata contro il Governo e i media ufficiali russi, ha svolto una inchiesta sulla libertà di stampa in Ucraina, con  le testimonianze di diversi giornalisti ucraini indipendenti, che hanno denunciato la mancanza di trasparenza delle notizie, un controllo massiccio, quando non censura diretta, subiti in questi anni da parte del governo colpevole di una sempre minore libertà espressiva, tra intimidazioni verso alcuni giornalisti, diversi canali Telegram controllati dall’ufficio presidenziale, e persino la minaccia di mobilitazione forzata, in seguito ad alcune inchieste e dossier ‘scomodi’.

Dal 2022 a oggi: la distorsione delle notizie

«Il primo giorno dell’invasione il mondo si è capovolto. La vita di ogni ucraino è cambiata drammaticamente e la vita dei giornalisti ancora di più. Ma è importante capire che il lavoro dei media in tempi di guerra è direttamente collegato alla sopravvivenza», dichiara Katerina Sergatskova, tra i giornalisti ucraini che hanno raccontato le proprie esperienze ai microfoni di Meduza, già questo atto di coraggio. Eppure, il dramma etico denunciato da Katerina Sergatskova , oltre che legato alla mera sopravvivenza, riguarda moltissimi altri reporter ucraini dal 2022 a oggi, anche se, il sospetto facile, era il sostegno generalizzato sull’operato di Zelensky, senza accenni di critiche o dubbi sulle sue decisioni politiche.

A tre anni dall’invasione, qualcosa sta cambiando

Tuttavia, a quasi tre anni dall’invasione, qualcosa sembra essere cambiato: sempre più cittadini ucraini hanno infatti cominciato a manifestare insoddisfazione per la qualità dell’informazione, accusando anche i media di “cattivo giornalismo”. “Ci siamo resi conto, con orrore, che la guerra continua, le persone muoiono, ma i funzionari corrotti sono rimasti tutti al loro posto”, denunciano i reporter che ora sottolineano l’importanza di denunciare il controllo e la repressione subiti da parte delle autorità ucraine “perché, la corruzione è una minaccia diretta per le persone al fronte, mentre la possibilità di perdere la guerra cresce.

Propaganda a doppio senso di marcia

Se fino ad adesso si era sempre parlato solo di “propaganda russa”, ora emerge che la falsificazione è presente anche nel senso opposto. Un segnale evidente già a partire dal novembre 2023, quando l’agenzia di stampa statale ucraina Ukrainform assunse come direttore generale Oleksiy Matsuka, su iniziativa del presidente Zelensky. Metodo di direzione di Matsuka: “pressione sui giornalisti, distorsione [delle notizie] per favorire le autorità” e persino “licenziamenti di decine di giornalisti e redattori e bruschi tentativi di insabbiare i fatti, affinché alcune informazioni non trapelino all’esterno”. Matsuka infine si licenziò nel maggio del 2024.

Le indagini e le intimidazioni

A gennaio del 2024, importante incontro tra i media ucraini e gli ambasciatori dei Paesi del G7. Per la prima volta, al posto di diplomatici, direttamente i giornalisti ucraini. Tuttavia, secondo la ricostruzione, prima dell’incontro i giornalisti avrebbero ricevuto pressioni da parte della autorità sulla linea da tenere, tanto che – riferisce la fonte anonima – la ex top manager dell’agenzia di stampa Ukrainform, Marina Singaevskaya, presente all’incontro, non avrebbe “trattenuto le lacrime” per i metodi utilizzati, sino a licenziarsi da Ukrainform, insieme a tanti altri colleghi.

Minaccia di mobilitazione forzata

Che dire allora dei reporter che si trovano al fronte? Negli ultimi giorni in rete sono stati diffusi filmati sull’arruolamento e la “mobilitazione forzata” di alcuni uomini in Ucraina; filmati che, sorprendentemente, sono arrivati anche sui media italiani. Il caso di un altro giornalista “perseguitato”, Evgeniy Shulgat, ‘colpevole’ di aver pubblicato un’inchiesta sul patrimonio del capodipartimento della cybersicurezza ucraino, Ilya Vityuk. Giorno dopo, uomini in abiti militari, gli consegnano una notifica di chiamata alle armi. Altra vittima il giornalista Yuriy Nikolov, editore del progetto Nashigroshi, un sito specializzato in indagini anticorruzione, che nel gennaio del 2024 avrebbe ricevuto la “visita” di alcuni uomini incappucciati, che lo avrebbero minacciato di “mandarlo al fronte

Come Zelensky considera giornalisti e media

Oltre alle agenzie di stampa come Ukrainform, il controllo governativo sarebbe presente anche su diversi canali Telegram ucraini, che, com’è noto, sono fonte primaria d’informazione sulla guerra, tanto in Russia, quanto in Ucraina. “Un mucchio di canali [Telegram] sono stati lanciati su iniziativa del Capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Andrij Jermak” racconta la fonte anonima a Meduza. Giornalismo operativo e pratico:  “quando ho bisogno di capire la posizione dell’ufficio presidenziale su una particolare dichiarazione o evento, la prima cosa che faccio è aprire Vertikal (…)un’infrastruttura “su larga scala, controllata dallo Stato che può influenzare l’opinione pubblica”.

Meglio che in Russia

Un vero e proprio “sistema, molto più interessante e intelligente della macchina di propaganda presente in Russia” che però tradisce la natura stessa, il valore chiave del giornalismo. I giornalisti in questa infrastruttura governativa ‘di guerra’, ma espressione di democrazia, ridotti a semplici da fornitori di contenuti”. Un’inchiesta che solleva pesanti interrogativi e sospetti sulla reale trasparenza delle informazioni che arrivano anche qui, in Occidente.

08/11/2024

da Remocontro

Remocontro

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