Agli albori della storiografia il primo a raccontare delle guerre persiane fu il greco Erodoto: nella prima metà del V secolo a.C. le città greche si opposero all’espansione dell’impero persiano sconfiggendolo nella battaglia terrestre di Maratona e sul mare a Salamina. Poi tutti sappiamo da un incerto Omero della guerra di Troia che non era guerra per prendersi una poco virtuosa Elena ma l’accesso all’impero di Persia. Per non parlare di Alessandro Magno che si prese la Persia per arrivare sino ai confini con la Cina
L’Iran contemporaneo fino a Mossadeq
Alla fine della Prima Guerra mondiale l’attuale Iran si trovò pressato dall’Unione Sovietica a nord e dalla potenza britannica che tentava di trasformare il piccolo regno in un protettorato: nonostante la profonda crisi economica e le difficoltà sociali, una rivolta popolare si oppose al disegno inglese, mentre la spinta russa fini per affievolirsi.
Nel 1925, dopo un colpo di stato militare, assunse il potere Reza Scià Palavi che instaurò un regime autoritario, ma cercò anche di modernizzare il paese. L’Iran nella Seconda Guerra mondiale divenne però il punto di contatto strategico tra l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna ed in parte militarmente occupato. Accusando di simpatie naziste, lo Scià Reza fu costretto all’abdicazione in favore del figlio Mohammad Reza che assunse i pieni poteri all’età di ventidue anni nel 1941.
Finita la guerra mondiale, la politica filo occidentale del giovane scià, basata su ampie concessioni alle compagnie petrolifere anglo-americane, era tutt’altro che approvata nel paese che assisteva al depauperamento delle risorse.
Fu così che in un primo tempo il primo ministro Mossadeq nazionalizzò l’industria petrolifera, ma fu allontanato su pressioni anglo-americane. Dopo una mobilitazione popolare lo Scià fu però costretto a richiamare il ministro al potere: nel braccio di ferro che ne seguì lo Scià dovette abbandonare temporaneamente il paese fino a quando un colpo di stato con la regia della CIA lo rimise sul trono.
La caduta dello scià e la guerra con l’Irak
La svolta fu l’abbandono totale del regime costituzionale e il crescere lento e inesorabile di una forte opposizione interna, benché variegata che andava dal potente clero sciita, a frange laiche moderate fino ai partiti di sinistra. Nel frattempo il regime iraniano divenne la potenza militare del golfo Persico acquistando armi in egual misura dall’Unione Sovietica agli Stati Uniti e soprattutto reprimendo spietatamente ogni opposizione interna.
Nel 1978 cominciarono nel paese violente proteste popolari contro lo Scià che lo costrinsero ad abbandonare il paese nel gennaio 1979 mentre pochi giorni dopo rientrò in patria dall’esilio in Francia Ruhollah Khomeyni.
Nel novembre dello stesso anno, dopo vibranti discorsi di propaganda anti-americana – in cui nacque tra l’altro l’espressione «grande Satana» per definire il nemico americano –, una folla di studenti assaltò l’ambasciata americana a Tehran catturando decine di ostaggi la cui liberazione fu condizionata all’estradizione dello Scià dagli Stati Uniti: furono liberati solo nel gennaio 1981, dopo un fallito tentativo americano nell’aprile 1980 che in realtà non fece che inasprire la situazione.
Nel frattempo, settembre 1980, l’Irak invase la parte meridionale e settentrionale: iniziava così un lungo conflitto che non avrebbe coinvolto solo i due paesi, ma avrebbe dato luogo anche a singolari alleanze sia pure ‘di circostanza’. Le potenze occidentali si schierarono in generale con l’Irak, ma non mancarono episodi curiosi, come ad esempio il bombardamento aereo israeliano di una centrale nucleare irakena o altre forniture di armi al paese degli ayatollah.
Altri conflitti
Con la risoluzione 598 delle Nazioni Unite, che nell’agosto 1988, ottenne il consenso dei belligeranti al ‘cessate il fuoco’ e dopo quasi un milione di vittime, il conflitto principale si concluse, ma si aprirono altri fronti.
A parte le implicazioni iraniane in azioni terroristiche e la presenza nel grande ‘buco nero’ della guerra civile in Siria, un fronte importante fu la cyber-guerra marcata da tappe precise, ossia dal 2006, dall’epoca dell’intervento israeliano in Libano: dopo che nel 2009 il leader supremo iraniano Ayatollah Ali Khamenei aveva definito Israele «un cancro pericoloso e mortale», l’anno successivo Stuxnet, un virus informatico che si ritiene sviluppato dagli Stati Uniti, fu utilizzato per attaccare un impianto di arricchimento dell’uranio nel sito nucleare iraniano di Natanz, primo attacco informatico pubblicamente noto a macchinari industriali.
Altrettanto misterioso fu l’attentato, avvenuto a Tehran nel 2012, nel quale perse la vita nell’esplosione dell’auto dopo il passaggio di un motociclista lo scienziato nucleare iraniano Mostafa Ahmadi-Roshan. Anche tralasciando l’incursione aerea che ha causato la morte del generale iraniano Qassem Soleimani nel gennaio 2020 a Bagddad, si deve ricordare anche l’assassinio di Mohsen Fakhrizadeh, considerato dai servizi segreti occidentali la mente di un programma iraniano segreto per sviluppare la capacità di armi nucleari.
27/10/2024
da Remocontro