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Iran, lascia Zarif, vincono gli ‘intransigenti’. Attacco è più vicino

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In Iran hanno vinto gli ‘intransigenti’. Si dimette il vicepresidente riformista Javad Zarif, dopo soli 11 giorni di mandato. L’ex ministro dell’ala riformista tra i fautori del patto sul nucleare iraniano del 2015 e braccio destro della nuova politica estera del presidente, lo stratega politico che aveva aperto la strada al successo di Masoud Pezeshkian, alimentando in Occidente molte speranze di cambiamento. I segnali sono chiari e non promettono nulla di buono per l’immediato futuro.

Javad Zarif e il neo presidente Masoud Pezeshkian

Difficile transizione politica iraniana

La difficile fase di transizione politica post-elettorale, in un Iran sempre più spaccato al vertice, è stata messa definitivamente in crisi dall’uccisione di Ismail Haniyeh, il leader di Hamas. L’azione decisa da Netanyahu (e maldestramente non impedita dagli americani) ha ridato spazio politico ai ‘duri’ della teocrazia persiana. Sconfitti alle urne, grazie alla sapiente opera di tessitore politico di Zarif, adesso le Guardie rivoluzionarie si stanno rifacendo con gli interessi. E se il vero obiettivo del governo di destra israeliano era quello di allargare la guerra, per costringere gli Stati Uniti a intervenire, forse la provocazione contro gli ayatollah sta raggiungendo il suo scopo.

Le dimissioni di Zarif

Le prime notizie in arrivo da Teheran, dicono che a indurre Zarif alle dimissioni sia stata la composizione del nuovo governo. In pratica, (ma era prevedibile) il presidente Pezeshkian ha presentato una lista di ministri, che è stata stravolta nel corso di una supervisione condotta dal potere religioso. Zarif aveva selezionato giovani, donne e rappresentanti di minoranze etniche, per cercare di unire il Paese e dare un segnale di cambiamento. Aveva scremato un elenco di mille nominativi e sperava che il Presidente eletto riuscisse a imporli. Ma non c’è stato nulla da fare. Così agli Interni è andato un generale dei Pasdaran, Eskandar Momeni, un tipo tutto ordine e manganello. Segno che gli ayatollah non ci hanno capito niente, dal momento che hanno già rischiato una rivoluzione per colpa della ‘polizia morale’, dopo la morte di Masha Amini, picchiata perché non indossava l’hijab.

Presidente di poco potere

La scelta di Momeni fa capire quanto poco conti Pezeshkian, visto che il giro di vite contro le donne contrasta con le sue promesse in campagna elettorale. Reintegrati anche i ministri del defunto Raisi e del blocco che ha perso le elezioni. A cominciare dal responsabile dell’Intelligence, Esmail Khatib. Bocciato, invece il Ministro del Petrolio proposto da Zarif, Emad Hosseini, molto probabilmente perché si tratta di un curdo sunnita e, su questo terreno, le Guardie rivoluzionarie non transigono e non concedono alcuna via libera. Adesso, in Iran il caos politico ha raggiunto un massimo storico. Comanda la Guida suprema, Ali Khamenei, che ha quasi 86 anni, ma la fazione degli ‘intransigenti’, cioè le Guardie della rivoluzione (IRGC), pare che gli abbia preso la mano.

Le Guardie della Rivoluzione

Attenzione: si tratta di un blocco imprevedibile, fanaticamente nazionalista e non solo fondamentalista. Insomma, un mix esplosivo che non conosce i canoni della diplomazia ‘all’occidentale’. È in quest’area che stanno aumentando le pressioni per una rappresaglia ‘di peso’ contro Israele. E l’improvvisa defezione di Javad Zarif è un altro pericoloso segnale che le cose si stanno deteriorando. Non è un caso che, proprio mentre il ministro riformista si dimetteva a Teheran, da Washington partiva l’allarme dell’Intelligence americana: la rappresaglia iraniana contro Israele sembra sul punto di scattare.

I satelliti Usa (orbi quando occorre) e a tutta flotta

I satelliti Usa hanno monitorato movimenti di unità militari (forse missilistiche) e benché questo non implichi necessariamente un attacco al 100%, c’è però un’alta probabilità che si verifichi. I giornali israeliani parlano di un ‘ordine di massima allerta’, diramato alle forze armate dello Stato ebraico. Gli Alti comandi dicono di tenersi pronti non solo alla difesa ma, in caso di necessità, anche all’offesa. Gli Usa, tanto per far capire come abbiano preso sul serio il pericolo, stanno dislocando nella regione ben due squadre navali. La prima è guidata dalla portaerei Roosevelt, la seconda dalla Lincoln, che sta arrivando a tutta velocità dal Mar cinese meridionale. Un sottomarino nucleare, con 150 missili da crociera a bordo, è stato spostato intanto al largo delle coste del Libano.

Certo, le dimissioni di Zarif, il nuovo governo degli ‘intransigenti’, il ritrovato furore dei Pasdaran fanno pensare a una sola cosa: l’Iran sta per colpire Israele. Direttamente o attraverso Hezbollah?

13/08/2024

da Remocontro

Piero Orteca

 

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