02/10/2025
da Remocontro
Ennio Remondino
A circa 140 chilometri dalle coste di Gaza Israele ha abbordato 13 diverse barche della spedizione con a bordo anche 22 italiani’ e arrestato gli equipaggi. Trenta imbarcazioni procedono verso Gaza’. Ma nessuna riuscirà a violare il blocco illegale.
Cronaca di una guerra unilaterale
Mercoledì sera Israele ha intercettato e abbordato 13 barche della Global Sumud Flotilla, l’iniziativa civile composta da una quarantina di barche che aveva l’obiettivo di rompere il blocco navale israeliano intorno a Gaza e portare lì aiuti umanitari. Stando a un sistema di tracciamento dell’organizzazione, quelle ancora in navigazione sono a circa 40 miglia nautiche dalle coste della Striscia (meno di 80 chilometri), ma è improbabile che riescano a raggiungerla senza essere fermate prima. Le intercettazioni stanno proseguendo.
Equipaggi arrestati
Non si sa esattamente dove siano stati portati gli equipaggi intercettati: nei giorni scorsi i giornali israeliani avevano scritto che le persone arrestate sarebbero state portate nel porto di Ashdod, una città israeliana costiera, e da lì espulse. L’attacco israeliano è iniziato intorno alle 19 a 72 miglia nautiche dalla costa (circa 130 chilometri), ossia in acque internazionali. Una ventina di navi israeliane si sono avvicinate in gruppo e si sono inserite fra le barche della Flotilla. Hanno interrotto le comunicazioni fra le navi e reso molto complicate quelle con le persone a terra. Le telecamere a bordo di diverse navi, che stavano trasmettendo in diretta su YouTube, hanno smesso di funzionare. Nel corso delle varie operazioni di intercettazione almeno quattro navi sono state colpite con dei cannoni ad acqua, con l’obiettivo di rallentarle fino a farle fermare.
Israele aveva diritto di fermare le navi?
Israele ha sempre affermato che avrebbe impedito alla Flotilla di raggiungere Gaza. Ma aveva il diritto di farlo? Marina Castellaneta, professoressa ordinaria di Diritto internazionale all’Università di Bari, esperta di diritti umani: «La zona di mare in cui si trova la Global Sumud Flotilla è una zona di acque internazionali in cui vale il principio della libertà dei mari e della sovranità dello Stato di cui la nave batte bandiera. Un altro Stato non può fare controlli a bordo se non in casi specifici come il sospetto di pirateria o di tratta di esseri umani» spiega la giurista. «Israele invoca il blocco navale che in quelle acque è in applicazione dal 2009. Tuttavia le regole che disciplinano il blocco stabiliscono che non si può impedire il transito di beni di prima necessità se la popolazione civile non ha cibo o mezzi di sussistenza». QWuiondi, piana illegalità.
Racconto dalla Flottilla
Assalto nel buio. Le ultime ore di viaggio nel racconto del reporter del Manifesto Lorenzo D’Agostino fino al momento in cui le comunicazioni si sono interrotte. «Alle 19.50 di ieri è arrivato l’alt dal blocco navale israeliano: una voce femminile esce dalle radio, dice che siamo in violazione del diritto internazionale e offre il porto di Ashdod per scaricare gli aiuti dopo l’ispezione dell’esercito. Dice che siamo una minaccia ai cittadini israeliani e responsabili delle conseguenze delle nostre azioni ‘in violazione della legge’. Poi parla del 7 ottobre, il numero di uccisi e rapiti nell’attacco di Hamas nel sud di Israele».
L’intimidazione
Per la Global Sumud Flotilla risponde Thiago Avila: «Non vi riconosciamo come un soggetto legittimo in grado di portare aiuto alla popolazione palestinese di Gaza. Vi chiediamo di non commettere un altro crimine di guerra, tra i tanti che avete commesso, e di non interferire con la nostra missione di solidarietà pacifica, non violenta e umanitaria per le persone palestinesi a Gaza. Tutto il mondo sta guardando e si sta sollevando contro i vostri crimini. Il tempo delle vostre violazioni è finito».
I primi assalti
Alle 20 le prime barche vengono intercettate dalla Marina israeliana. I gommoni corrono sul mare scuro, ci affiancano ma non si fermano, si vede che seguono un ordine prestabilito negli abbordaggi. Sulla barca Hio mezz’ora dopo siamo raggiunti da un fascio forte di luce. Pochi rumori, ma arrivano anche da noi. Cannoni ad acqua colpiscono alcune barche, ho giusto il tempo di trasmettere il pezzo al giornale. Un’ora prima, quando le navi militari israeliane sono apparse all’orizzonte, in un cielo ormai buio, abbiamo iniziato i preparativi per l’intercettazione. Ognuno per conto suo, indossando le cose che si pensa possano essere utili in una cattura, che non sai come potrà andare e quanto potrà durare».
- Abbiamo sofferto un fortissimo condizionamento psicologico, arrivava da terra, dall’Italia dove si insisteva sulle 150 miglia come fosse una sorta di linea rossa, di confine di acque territoriali. Le 150 miglia non corrispondono alla demarcazione di nessun diritto internazionale né di blocco illegale.
La notte in Europa
L’abbordaggio della Global Sumud Flotilla diretta verso Gaza da parte delle forze armate israeliane e l’arresto degli attivisti umanitari impegnati nella missione di consegna aiuti ha suscitato un moto di portata continentale. Dal Belgio all’Italia, dalla Spagna alla Turchia decine di migliaia di persone sono scese nelle piazze, nelle strade e nei luoghi d’assembramento pubblici per protestare e mostrare solidarietà agli arrestati. Un moto spontaneo, apartitico e non coordinato ma che ha avuto forza di marea. Il vento culturale che la guerra con portata genocida scatenata da Israele ha suscitato.
Italia contro le esitazioni governative
- A Napoli i manifestanti, sventolando le bandiere palestinesi, hanno occupato pacificamente, senza scontri, l’ingresso della stazione centrale dei treni. A Milano la gente è scesa in piazza nei dintorni della stazione di Cadorna, a Roma in Piazza dei Cinquecento vicino Termini. A Bologna è stata occupata la Facoltà di Giurisprudenza. “Clash Report” contava almeno sedici manifestazioni in tutto il Vecchio Continente.
Difficile insistere su una contro-narrazione sulla storia della guerra di Gaza e dello sdegno che hanno provocato le mosse di Israele: cercare regie occulte, trame o problemi nelle manifestazioni da parte dell’Europa politica che sino oggi ha avuto pochi pungoli sulla questione di Gaza e sulla denuncia delle violenze senza quartiere, perso il più autorevole di tutti, Papa Francesco