ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Israele attacca nella Siria drusa per colonizzare il Golan

Israele attacca nella Siria drusa per colonizzare il Golan

Israele ha attaccato in Siria, sostenendo che servisse per difendere la minoranza dei drusi, colpendo i carri armati del nuovo esercito siriano. Israele vuole ampliare la colonizzazione del Golan siriano, ‘modello Cisgiordania’ . E le ambizioni potrebbero anche guardare alle pianure pietrose verso Quneitra

Dopo l’Iran ancora la Siria

Ieri mattina lo Stato maggiore israeliano ha preso di mira le forze corazzate del nuovo esercito di Damasco, che stavano puntando su alcuni villaggi nell’area di Sweida, una provincia a maggioranza drusa, nella Siria meridionale. Gli attacchi dei jet sono stati decisi mentre sul terreno divampava una feroce battaglia tribale, tra beduini, drusi e truppe siriane ‘governative’. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, quasi cento persone sono state uccise negli scontri interetnici. I sanguinosi incidenti dimostrano non solo il fatto che la Siria resta un Paese profondamente spaccato, ma anche la presenza, al suo interno, di clan e gruppi armati fino ai denti, in grado di mettere in crisi la stabilità di tutta l’area.

Il ‘Grande Israele’

Israele che c’entra? La risposta più chiara è quella che dietro il solito paravento della sicurezza nazionale, si nascondono ambizioni ‘bibliche’. In parole povere, a Tel Aviv si coltiva (spesso sottotraccia) il sogno del «Grande Israele». Insomma, Netanyahu ha evidenti appetiti territoriali sulla Siria e li manifesta senza nascondersi troppo. D’altro canto, l’Occidente, con gli Stati Uniti in testa, gli ha ormai dato una sorta di patente di «immunità geopolitica». Può fare quello che vuole e mettere tutti davanti al fatto compiuto, senza che nessuno protesti più di tanto. Il caso siriano è emblematico. Ha approfittato della caduta di Assad per annettersi quello che restava del Golan e scendere addirittura in pianura, verso Quneitra. Aprendosi per qualsiasi evenienza la strada di Damasco. E a chi gli faceva notare, che questa soperchieria era contraria a tutte le leggi del diritto internazionale, il premier ha risposto irridente che prima viene Israele e poi viene il diritto.

Prima viene Israele poi il diritto

Così scriveva qualche mese fa il quotidiano Haaretz: «Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato domenica che Israele non si ritirerà dalla zona demilitarizzata israelo-siriana e non consentirà al nuovo regime siriano di entrare nel territorio a sud della capitale del Paese, Damasco. Aggiungendo che l’esercito israeliano ‘rimarrà sul Monte Hermon e nella zona demilitarizzata per un periodo di tempo illimitato al fine di difendere le nostre comunità e contrastare qualsiasi minaccia’». E siccome la minoranza israeliana in prima linea sul Golan è proprio quella drusa, ecco che questo per ‘Bibi’ diventa un formidabile appiglio per giustificare la sua ingerenza negli affari siriani. Poco tempo dopo il primo annuncio, altro articolo di Haaretz, che fa il resoconto della situazione ed esprime lo stato d’animo dei drusi: «Non abbiamo chiesto aiuto. I drusi siriani respingono l’ingerenza di Netanyahu negli affari interni. In seguito all’ordine del primo ministro all’esercito israeliano di prepararsi a difendere la città di Jaramana, a maggioranza drusa, vicino a Damasco, le tensioni nella città sono aumentate».

Ancora Katz per il lavoro sporco

Gli abitanti locali sono uniti nel rifiutare l’assistenza israeliana, scrive Haaretz. «I disordini innescati dagli scontri tra le forze di sicurezza siriane e un gruppo armato locale nella città di Jaramana, a maggioranza drusa, vicino a Damasco si sono ulteriormente intensificati sabato dopo che Benjamin Netanyahu e il Ministro della Difesa Israel Katz hanno annunciato di aver dato istruzioni all’esercito di adottare ‘le misure necessarie per difendere la città’. I residenti affermano che la dichiarazione non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco, accrescendo la preoccupazione. ‘Non abbiamo chiesto protezione a nessuno e siamo sempre stati parte integrante del tessuto sociale siriano’, ha dichiarato Rabih Munthir, attivista politico e membro del comitato sociale di Jaramana, in un’intervista ad Al-Watan, con sede a Damasco. ‘Il problema attuale può essere risolto nell’ambito di un quadro nazionale, senza interferenze esterne’, ha aggiunto». Tuttavia, Netanyahu qualche settimana dopo ha rincarato la dose, avvertendo il nuovo leader siriano, Ahmad al-Sharaa, che lo Stato ebraico è pronto a tutto. «Non permetteremo al regime terroristico dell’Islam radicale in Siria di danneggiare i drusi. impegniamo con i nostri fratelli drusi in Israele a fare tutto il possibile per impedire danni ai loro fratelli drusi in Siria e adotteremo tutte le misure necessarie per garantire la loro sicurezza». Commovente.

Alibi drusi per un altro pezzo di Siria

Solo che, sotto la vernice degli endecasillabi patriottici, spuntano motivi più prosaici. Il primo passo è stato quello di occupare la zona cuscinetto demilitarizzata sul Golan, creata nell’ambito del cessate il fuoco del 1974 tra i due Paesi. Gli israeliani hanno (falsamente) assicurato che si trattava di una misura temporanea per proteggere ulteriormente il proprio confine, da eventuali infiltrazioni. Pochi giorni dopo, il governo israeliano ha approvato il piano da 11 milioni di dollari di incentivi finanziari per raddoppiare la popolazione dei coloni israeliani sulle alture del Golan, catturate da Israele nella guerra dei Sei giorni, nel1967. «Israele continuerà a mantenerlo, a farlo prosperare e a colonizzarlo» ha affermato Netanyahu, confermando così la ‘fame’ di nuovi territori da colonizzare, che potrebbero essere alimentati da nuova immigrazione nello Stato ebraico. A questo proposito, ricorda quasi scandalizzato Haaretz: «La comunità internazionale, con un’eccezione, considera il Golan territorio siriano occupato, mentre le Nazioni Unite considerano illegali gli insediamenti israeliani lì presenti».

Golan colonizzato

  • Attualmente vivono in quell’area circa 50 mila persone, di cui circa la metà sono coloni israeliani e l’altra metà drusi arabi, minoranza religiosa diffusa tra Siria, Libano, Israele e alture del Golan. Nel 2019, gli Stati Uniti sono diventati l’unico Paese al mondo a riconoscere l’annessione di Israele del 1981. È stato Trump. Anche per lui, prima viene Israele e poi il diritto internazionale.

15/07/2025

da Remocontro

Piero Orteca

share