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Israele bombarda i grattacieli, a Gaza «si apre l’inferno»

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Politica Estera

06/09/2025

da Il Manifesto

Eliana Riva 

Striscia di sangue. L’ordine di evacuazione questa volta arriva con i missili, distrutto un palazzo di 12 piani con centinaia di tende sotto. È solo il primo

Il terrore è l’unico strumento che possa garantire lo sfollamento della popolazione di Gaza City. E Israele lo sta utilizzando, alzando ogni giorno il livello di distruzione degli attacchi e avvicinandosi sempre più alle aree densamente popolate.

Ieri gli aerei di Tel Aviv hanno consegnato con i missili un ordine di evacuazione che ha fatto tremare la terra e spostare l’aria. Un primo colpo di avvertimento ha centrato la torre Mushtaha, una costruzione di dodici piani. Dopo soli quindici minuti, i missili israeliani hanno completamente abbattuto il grattacielo, con un’enorme potenza di fuoco ripresa da più telecamere. Nella torre risiedevano decine di palestinesi sfollati e tutta l’area è coperta da centinaia di tende e di profughi.

È SOLO UN ASSAGGIO di quell’abisso che ieri è tornato a promettere il ministro della difesa: «A Gaza il catenaccio sta per essere rimosso dalle porte dell’inferno». Porta che, specifica Israel Katz, una volta aperta «non si chiude più». Il portavoce in lingua araba dell’esercito, Avichay Adraee, ha confermato che altre imponenti residenze verranno attaccate nei prossimi giorni. I militari parlano di strutture utilizzate da Hamas, senza portare alcuna prova a sostegno. La proprietà della torre Mushtaha ha respinto le accuse, dichiarando che l’edificio ospitava solo i profughi. Andraee dichiara che verranno considerati strumenti di Hamas anche le telecamere posizionate ai piani alti dei palazzi. L’esercito intende distruggerle, proprio come accaduto ad agosto all’ospedale Nasser di Khan Younis, dove i militari hanno colpito la telecamera di Hussam al-Masri, il giornalista della Reuters ucciso insieme ad altre diciannove persone, tra cui quattro colleghi. Nonostante l’agenzia di stampa internazionale abbia confermato la gestione della trasmissione, l’esercito ha dichiarato che la telecamera «rappresentava una minaccia immediata».

Hamas, che ieri ha diffuso un video drammatico di due ostaggi israeliani, ha negato la propria presenza nel palazzo, dichiarando che le accuse di Tel Aviv sono «falsi pretesti per giustificare la sua brutalità». L’esercito israeliano ha detto che per colpire gli alti edifici di Gaza City utilizzerà armi di precisione. Ma l’attacco di ieri ha causato numerosi feriti che sono stati trasportati all’ospedale al-Shifa. Molte tende sono state distrutte e decine di famiglie sono rimaste senza un rifugio.

POCHE ORE DOPO l’attacco della torre Mushtaha l’esercito israeliano ha annunciato di prepararsi a demolire una struttura ancora più grande, la torre Mecca, a ovest di Gaza City. Un palazzo di 13 piani che comprende 65 appartamenti residenziali e negozi al piano terra. Le immagini hanno ripreso l’evacuazione disperata delle famiglie, che dai livelli più alti lanciavano abiti e materassi tentando di salvare il possibile prima della demolizione. Molti palestinesi in queste ore si stanno spostando verso aree della città apparentemente più sicure, mentre altri stanno raggiungendo le zone di Az-Zawayda, Deir el-Balah, Khan Younis, al-Mawasi. I campi tendati del sud stanno diventando sempre più affollati e la situazione umanitaria, già terribile, non fa che peggiorare.

L’operazione di distruzione degli edifici di Gaza City e la deportazione di un milione di residenti vanno avanti tra la fame e la miseria. L’Unicef ha fatto sapere che nel mese di luglio 13mila bambini palestinesi sono stati ricoverati per malnutrizione. Nelle prime due settimane di agosto i ricoveri erano già 7.200. L’organizzazione delle Nazioni unite che si occupa dei bambini ha dichiarato che a Gaza City «l’infanzia non può sopravvivere».

NONOSTANTE GLI APPELLI a fermare l’occupazione del centro urbano e i tentativi di alcuni funzionari di convincere il premier a trattare con Hamas, Benyamin Netanyahu e i suoi principali alleati non intendono fermare l’esercito. Secondo fonti del Wall Street Journal, ministri e responsabili di sicurezza starebbero tenendo in questi giorni colloqui privati con il premier, consigliandogli di accettare un cessate il fuoco temporaneo. Il timore diffuso è che l’occupazione di Gaza City non raggiungerà l’obiettivo di sconfiggere Hamas e che l’esercito dovrà dunque spingersi ancora più in profondità. Occupando i campi centrali, di fatto i militari controlleranno tutta la Striscia e saranno costretti a mettere in piedi una sorta di amministrazione per gestire la popolazione. Per evitarlo, il premier vorrebbe velocizzare la deportazione. In quest’ottica ha annunciato che intende aprire il valico di Rafah, per spingere i palestinesi verso l’Egitto. Ma il Cairo ha dichiarato che non collaborerà ai tentativi di Israele di espellere i palestinesi da Gaza, precisando che se Tel Aviv dovesse aprire il valico, l’Egitto lo chiuderebbe dal suo lato. Netanyahu ha quindi accusato il vicino arabo di voler «imprigionare i residenti di Gaza che vogliono lasciare la zona di guerra», con un riferimento surreale alla libertà di scegliere il proprio luogo di residenza come «diritto umano fondamentale in ogni momento».

IN CISGIORDANIA intanto, ieri trenta coloni israeliani hanno attaccato il villaggio di Khalet al-Daba’a, a Masafer Yatta, ferendo almeno dieci persone, tra cui un neonato, un bambino e un’anziana. A un checkpoint nei pressi di Nablus i militari israeliani hanno sparato a un palestinese, uccidendolo.

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