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Israele e il resto del mondo: sino a dove e per arrivare a cosa?

Israele e il resto del mondo: sino a dove e per arrivare a cosa?

Un missile israeliano uccide a Teheran il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh e a Beirut un generale Hezbollah. In un colpo solo Netanyahu porta ai limiti lo scontro con l’Iran, si prepara ad invadere il Libano, e sbeffeggia la diplomazia globale, Stati Uniti succubi o complici: dialogo su Gaza affossato, ostaggi sacrificati e l’intero Medio Oriente sull’orlo della guerra totale. Pura follia. 

Il partito della ‘guerra totale’

E ora, che farà l’Iran? La maldestra gestione della crisi mediorientale, da parte di tutti gli attori in campo, purtroppo sta trasformando la geopolitica in una lotteria. Il duplice assassinio condotto dagli, israeliani, a Beirut e a Teheran, significa una cosa sola: a Tel Aviv sta vincendo il «partito della guerra totale». È in fase di preparazione un attacco contro il Libano, mentre forse si aspetta qualche scomposta reazione degli ayatollah, per colpire i loro reattori nucleari. E se tutto dovesse degenerare in carneficina, dicono in Israele, poco male: ci pensa lo Zio Sam a guardarci le spalle. Netanyahu, che di accordi e cessate il fuoco non ne vuol proprio sapere, perché collidono coi suoi disegni politici, sta riuscendo a compattare il suo establishment dietro questo ‘risiko’.

Pronti per l’ennesima invasione del Libano

Ieri, puntuale, è arrivata una dichiarazione del capo di Stato maggiore dell’IDF, Hertzl Halevi, che conferma la probabile apertura del secondo fronte in Libano, contro Hezbollah. Halevi ha detto che non si tornerà più alla situazione esistente il 6 ottobre, con le milizie sciite a ridosso del confine.  «In futuro – ha aggiunto – Hezbollah non sarà più a 200 metri da Metula, Shetula o Rosh Anikra». E questo significa una sola cosa: guerra in Libano.

Più nemici e meno onore

«La politica di assassinii di Israele – titola Haaretz – non fa che rendere Hamas, Hezbollah e l’Iran più determinati». Il giornale di Tel Aviv, scettico sulla portata strategica dell’operazione, scrive che è stata una sorta di rivincita per il Mossad e per l’Aman, il servizio segreto militare. Le due agenzie stanno vendicando il 7 ottobre e hanno dimostrato di poter uccidere chiunque vogliano. L’altro lato della medaglia è che azioni di questo tipo bruciano mesi di paziente lavoro diplomatico. Il clima, in tutta la regione, è incendiario e altri scomodi protagonisti, come la Turchia, irrompono rumorosamente sulla scena. Erdogan ha fatto, per la prima volta, delle minacce esplicite a Israele, mentre Washington sembra aver perso il bandolo della matassa. C’è una brutta sensazione.

America allo sbando mediorientale

Il palese indebolimento di Biden, ha cambiato qualcosa nella politica di ‘freno’ che gli americani esercitavano su Israele. Perché l’attacco compiuto in Iran è così grave, per le ripercussioni che potrebbe scatenare, che nessuno crederà sul serio al solito ritornello «che la Casa Bianca non ne sapeva niente». Chi sostiene un alleato «in modo incrollabile e lo arma fino ai denti, deve per forza essere avvisato». In caso contrario, l’alleanza sarebbe solo una truffa, una beffa, una presa in giro. una America di sciocchi o di irresponsabili.

Ora la risposta chiave dell’Iran

Dunque, la Guida Suprema iraniana, Alì Khamenei, ha detto che «i sionisti pagheranno un prezzo salato». E il New Yotk Times, ieri, citando sue ‘fonti affidabili’, ha confermato che una rappresaglia iraniana contro Israele sarebbe imminente. Per ora, si scrutano le mosse degli ayatollah e, soprattutto, quelle dei gruppi collegati con l’«Asse di resistenza». Sono tutte le milizie (principalmente sciite, ma non solo), che operano con attacchi ‘mordi e fuggi’ dallo Yemen, fino all’Irak e alla Siria. Si muovono sotto varie sigle anche se, attualmente, quelli di maggiore impatto sono gli Houthi. E non tanto e non solo per i missili, ma perché dominano la trafficatissima rotta che, dallo Stretto di Bab-el- Mandeb, porta attraverso il Mar Rosso fino al Canale di Suez.

Chi dovesse minare quelle acque, bloccherebbe la navigazione. La stessa cosa potrebbero fare le Guardie rivoluzionarie iraniane, che hanno anche altri mezzi per ostacolare la rotta che attraversa Hormuz, il “collo di bottiglia” che immette nel Golfo Persico, da dove passa il 35% del petrolio mondiale.

Gli equilibri interni all’Iran e l’atomica

Ma questa è l’estrema ratio. Il vero problema è un altro: l’instabilità degli equilibri politici interni alla teocrazia persiana. Dopo l’elezione, il nuovo Presidente, Massoud Pezeshkian, descritto esageratamente dalla stampa internazionale come ‘riformista’, aveva in mente di riprendere i colloqui sul nucleare. Per ammorbidire le sanzioni occidentali, che stanno mettendo in ginocchio l’economia del Paese. Ma il tempo sta scorrendo in inutili abboccamenti, mentre (si dice) gli ayatollah continuano ad arricchire uranio, che potrebbe essere utilizzato per confezionare la “bomba”. Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha parlato qualche giorno fa del fatto che resterebbero ancora solo “poche settimane” di tempo, prima che Teheran si ”nuclearizzi”, per stare alla pari con l’aggressivo nemico Israele.

Israele sino a dove e per arrivare a cosa?

Una cosa Israele l’ha già detta: non permetterà mai che l’Iran si faccia l’atomica, anche a costo di aprire le porte dell’apocalisse. Qualcuno comincia a pensare che il ‘blitz israeliano contro il leader di Hamas, sia anche una «provocazione» per spingere gli ayatollah a reagire in qualche modo. In quel caso, potrebbe scattare un raid dell’aviazione di Tel Aviv (col probabile sostegno satellitare Usa) per distruggere gli impianti iraniani di arricchimento del combustibile nucleare. Naturalmente, nessuno può pronosticare cosa succederebbe, a catena, subito dopo. Di sicuro una guerra regionale ‘allargata’, dove gli Stati Uniti avrebbero tutto da perdere e Israele metterebbe ancor più a rischio la sua sopravvivenza. Perché, l’uso della forza ha dei limiti, imposti dal fatto che puoi sempre trovare avversari più grossi e più popolosi di te, pronti a coalizzarsi per distruggerti. Per questo, bisogna sempre lasciare una strada aperta alla vecchia e cara diplomazia.

Gli ayatollah avranno la saggezza di non reagire, lasciando che a rendere conto dell’innalzamento della tensione nella regione siano ‘gli altri’? Ne dubitiamo. Un Paese coeso forse lo farebbe. Ma l’Iran di oggi è una realtà politicamente complessa, dove, purtroppo, l’ultima parola continuano ad averla gli ‘intransigenti’. Speriamo di sbagliare.

01/08/2024

da Remocontro

Piero Orteca 

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