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Israele, genocidio e arroganza assoluta in beffa al mondo

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Politica Estera 

20/08/2025

da Remocontro

Ennio Remondino

Approvato l’insediamento che divide in due la Cisgiordania. Il ministro Katz chiama alle armi per 60mila riservisti. La politica: «Per ogni vittima del 7 ottobre, 50 palestinesi dovevano morire. Non importa se si trattava di bambini. Non per vendetta, ma per un messaggio alle generazioni future. Hanno bisogno di una Nakba di tanto in tanto, per sentire il prezzo della ribellione».

Israele di grandi valori e ciò che ne rimane

Il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich ha annunciato, l’approvazione definitiva del controverso progetto di insediamento ‘E1’ in Cisgiordania. Una decisione ‘storica’, l’ha definita il ministro, che di fatto dividerebbe in due la Cisgiordania impedendo qualsiasi realizzazione di uno Stato unito di Palestina. La costruzione di circa 3.400 unità abitative tra Gerusalemme e l’insediamento di Ma’ale Adumim in Cisgiordania. «Un passo che cancella praticamente l’illusione dei due Stati e consolida la presa del popolo ebraico sul cuore della Terra d’Israele –dichiara il ministro-. Lo Stato palestinese viene cancellato dal tavolo non con slogan, ma con i fatti. Ogni insediamento, ogni quartiere, ogni unità abitativa è un altro chiodo sulla bara di questa pericolosa idea».

Intanto verso la conquista di Gaza City

Il ministro della Difesa, Israel Katz -altro campione di democrazia-, ha approvato il piano per la conquista di Gaza City da parte dell’Esercito: lo ha reso noto il ministero all’agenzia di stampa Afp. Katz ha anche approvato la chiamata alle armi di circa 60.000 riservisti, nonostante le diffuse proteste popolari e insolite renitenze alla leva militare senza fine. «L’offensiva militare che Israele prepara a Gaza non può che portare a un vero disastro per i due popoli e trascinerà la regione in una guerra permanente», denuncia il presidente francese Macron. L’Unione europea, educatamente ‘riprova’.

Problema è il sentire politico diffuso

  • Per ogni vittima del 7 ottobre, 50 palestinesi dovevano morire. Non importa se si trattava di bambini. Non per vendetta, ma per un messaggio alle generazioni future. Hanno bisogno di una Nakba di tanto in tanto, per sentirne il prezzo della ribellione». Parole incredibili vero? Sono del generale Aharon Haliva, che il 7 ottobre guidava l’intelligence militare e si è dimesso dopo quel disastro.

Oltre la destra messianica del governo

Ci sorprende Davide Malacaria su ‘piccolenote.it’. «Haliva – commenta Gideon Levy su Haaretz –, è in un certo senso un eroe del centro-sinistra, che si dissocia da Bezalel Smotrich, deride Itamar Ben-Gvir e attacca Netanyahu senza riserve, da generale illuminato e progressista qual è. Ma pensa e parla esattamente come loro». Genocida progressista rispetto a quello reazionario? «La differenza sta solo tra chi lo ammette e chi lo nega», denuncia Malacaria. «È così che parla un generale ‘moderato’ dell’IDF. Non è come altri [graduati] estremisti che in questi anni sono balzati agli onori della cronaca per gli orrori disseminati a Gaza».

Haaretz senza timori dello scandalo

«Quando un progressista a capo dell’Intelligence militare parla in questo modo, il dibattito se a Gaza si stia commettendo o meno un genocidio, si chiude. È stata, dal suo inizio e fino alla sua fine lontana, una guerra per l’annientamento», conclude Haaretz. Non è un caso che la decisione di prendere il controllo della zona centrale di Gaza sia stato approvato dalla Knesset quasi all’unanimità. Commento amaro di parte italiana: «anche la manifestazione oceanica di domenica a Tel Aviv, con centinaia di migliaia di cittadini – tanti per un Paese che meno di dieci milioni di abitanti – scesi in piazza per chiedere la fine della guerra, non cambierà nulla».

‘Chi protesta è con Hamas’

Hamas ha accettato il prospetto al ribasso che gli è stato offerto, difficile sperare in una risposta positiva di  Netanyahu e soci. A memoria futura quanto scrive Jonathan Cook su ‘Middle east eye’, secondo il quale la decisione di invadere l’area centrale di Gaza serve a spostare l’attenzione mediatica dai massacri quotidiani che si consumano nelle altre zone della Striscia. «Dismesse le immagini di bambini pelle e ossa di Gaza, che riecheggiano quelle di Auschwitz, i media si sono focalizzati sulle problematiche connesse a questa nuova campagna».

  • Alibi, come la decisione di riconoscere lo Stato palestinese da parte di diversi Paesi a genocidio in corso e Gaza divenuta un ‘campo di concentramento modernizzato’. «Politiche pregresse’ che hanno goduto del pieno appoggio dei Paesi che ora si indignano a parole ma, che evitano, come scrive il cronista, di prendere decisioni che abbiano un qualche mordente, ad esempio delle sanzioni, la rescissione dei rapporti diplomatici e altro».
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