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Israele-Houthi, ora a rischio i mari del petrolio

Israele-Houthi, ora a rischio i mari del petrolio

Dopo avere subito il devastante bombardamento israeliano di sabato, gli Houthi dallo Yemen hanno lanciato un missile sul porto di Eilat, per fortuna intercettato. Poi hanno diffuso la notizia di avere colpito ‘una nave americana nel Mar Rosso’. Errore di bandiera. La nave indicata è una porta-container con bandiera liberiana. Molto simile (da lontano) a quella degli Stati Uniti. Ma il segnale è chiaro: Mar Rosso e Golfo Persico, le vie marittime del petrolio sempre più a rischio per Israele e Occidente di copertura. 

                                                 

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Mondo contro o Israele litiga col mondo?

La domanda che fino a ieri circolava in Israele era: la pesante risposta di Netanyahu, contro il porto yemenita di Hodeidah, avrà l’effetto deterrente sperato? Oppure, dopo il momentaneo vantaggio tattico, acquisito con i danni inflitti alle infrastrutture ‘di servizio’, bisognerà fronteggiare un contraccolpo strategico negativo? Insomma: gli Houthi si sono impauriti e se ne staranno buoni per un pezzo, oppure l’incendio di depositi di armi, di una raffineria, di una centrale elettrica li spingerà a reagire ancora più pesantemente? Beh, visto quello che è successo ieri, la risposta a Tel Aviv e a Washington se la saranno già data da soli.

Rischio escalation davvero planetaria

Il drone degli Houthi, l’altro ieri, ha ‘bucato’ l’antiaerea israeliana. E questo brucia, perché si è trattato di ‘un errore umano’. Quindi si è deciso di reagire ‘per dare una lezione’ e scoraggiare ulteriori attacchi. Gli americani sono stati ‘consultati’ e tenuti al corrente. Anche se qualcuno sostiene che, per una missione a quasi 2000 km. di distanza, i loro satelliti siano stati indispensabili. L’attacco, in sé, come risposta al drone lanciato su Tel Aviv, è stato sproporzionato, condotto con una ventina di jet tra F-15, F-35, aerei-cisterna e ricognitori. Un dispiegamento di forze impressionante, fatto apposta ‘per dare un segnale’. Ma gli israeliani si sono anche affrettati a dire che l’attacco dev’essere considerato «una risposta globale ai 220 attacchi complessivi condotti dagli Houthi».

Contro tutte le prudenze petrolifere occidentali

Finora, però, gli Usa e altri partner occidentali avevano accuratamente evitato di colpire Hodeidha, perché da questo porto passano gli aiuti umanitari indispensabili per una popolazione alla fame. Ma Netanyahu non si è fatto venire questi scrupoli. E benché fosse senz’altro ammissibile una risposta militare, la sua portata, al solito, si configura più come una sorta di vendetta biblica, più da «legge del taglione», che come una saggia azione preventiva. E i commenti che hanno accompagnato l’azione erano più che eloquenti. Il Ministro degli Esteri, Israel Katz, notoriamente estremo, aveva ricordato che «l’Iran si trova 200 km. più vicino del porto yemenita che abbiamo colpito». Una minaccia più che esplicita. Che sembra riconcorre le parole del Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che lancia l’allarme sull’uranio arricchito dall’Iran. Gli ayatollah, secondo il braccio destro di Biden, nel giro di un paio di settimane sarebbero già in grado di costruirsi una bomba atomica.

Per ora solo ‘guerra del petrolio’, ma catastrofica

Il vero pericolo immediato, però, non è quello, di un conflitto generalizzato che coinvolga l’Iran. I rischi più vicini li corre la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso, da Bab-el-Mandeb fino a mezza strada, sulla rotta che porta al Canale di Suez. E non sono rischi legati a sofisticati armamenti. Basterebbe che gli Houthi seminassero la via d’acqua con poco costose mine navali, magnetiche, ‘di prossimità’, o di qualsiasi altro tipo. Quel mare diventerebbe così, dall’oggi al domani, non navigabile, almeno per il traffico commerciale. La «variabile Houthi» è difficilmente controllabile, e non è detto che anche gli ayatollah ci riescano fino in fondo. Sono un gruppo islamista sciita, guerrigliero e volubile, fatto molto a modo suo. Niente a che vedere, per esempio, con l’organizzazione e la capacità di trattare di Hezbollah. Sono, insomma, un vero e proprio buco nero del cosiddetto ‘Asse di resistenza’ iraniano.

Variabile e mistero houthi

Oltre a essere una spina nel fianco per l’Arabia Saudita, gli Houthi hanno preso di mira anche l’Irak. La loro capacità di sparigliare ideologicamente tutto quello che toccano è pericolosa. Specialmente per una macro-area di crisi come il Medio Oriente e il Golfo Persico, che ormai hanno saldato tutte le loro fragilità.

22/07/2024

da Remocontro

Piero Orteca

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