26/11/2025
da Il Fatto Quotidiano
Dopo 14 mesi, lunedì l'esecutivo israeliano doveva rispondere alla petizione per l'accesso indipendente nella Striscia inviata all'Alta corte di Gerusalemme dall'Associazione della stampa estera. Ma ha chiesto e ottenuto un rinvio dell'udienza al 4 dicembre, ed è probabile che il divieto sarà rinnovato nonostante sia in vigore il cessate il fuoco. Sono 250 i giornalisti palestinesi uccisi dall'inizio del conflitto, il 7 ottobre 2023
Hanno aspettato due anni, aspetteranno anche di più. Dopo 780 giorni dal 7 ottobre 2023 e 46 dall’annuncio del cessate il fuoco a Gaza, Israele continua a bloccare l’ingresso dei giornalisti internazionali nella Striscia, all’infuori dei viaggi embedded al seguito dell’Idf nelle buffer zone di confine. E continuerà a farlo ancora per un po’, almeno fino al 4 dicembre.
La Corte suprema israeliana, infatti, lunedì ha nuovamente rinviato la decisione sull’accesso libero dei media internazionali a Gaza, concedendo al governo di Benjamin Netanyahu l’ennesima proroga del divieto.
La vicenda, in Israele, si sta trascinando in tribunale da più di un anno. Quattordici mesi fa, infatti, l’Associazione della stampa estera in Israele (Fpa, Foreign press Association, che rappresenta circa 400 testate tra cui le italiane Rai 1 e Stampa, Bbc, Financial Times, France 24, Time, Die Zeit, Le Monde, Reuters, Fox News, CCTV, Sky News, Al Arabiya e il New York Times) è riuscita a presentare formalmente all’Alta corte di Gerusalemme una petizione in cui chiedeva al governo di consentire l’accesso indipendente delle testate internazionali a Gaza, o almeno di spiegare il motivo del diniego. Ci aveva già provato l’anno prima, senza ottenere che venisse discussa, perché la guerra era alle sue fasi iniziali. L’iniziativa è stata sostenuta da Reporter Senza Frontiere e da altre associazioni di giornalisti.
La risposta ottenuta dal governo è stata sempre la stessa: “motivi di sicurezza” impediscono ai militari di garantire alla stampa internazionale indipendente un accesso libero alle terre e alla popolazione di Gaza, in ragione del conflitto in corso. I giudici hanno sempre accettato la giustificazione, ma ora che a Gaza è in vigore il cessate il fuoco, per quanto fragile, e l’Idf si è ritirato da circa il 50% del territorio, le condizioni sono cambiate e le giustificazioni vanno aggiornate. Il problema è che Tsahal è ancora dispiegato lungo tutta la linea di confine e controlla tutti i valichi di accesso nella Striscia.
Il mese scorso per la prima volta i giudici della Corte suprema israeliana hanno chiesto al governo di Gerusalemme di presentare nuove argomentazioni per il divieto che continua a opporre. Netanyahu ha replicato con la stessa strategia che adotta rispetto al suo processo per corruzione: dilazione. Prima ha ottenuto 30 giorni di tempo per rispondere all’ingiunzione dei giudici, poi, scaduti i termini lunedì, ha chiesto (attraverso l’avvocato di Stato Jonathan Nadav) un ulteriore rinvio dell’udienza al 4 dicembre, e l’ha ottenuto.
Nell’udienza di lunedì, i giudici non sono apparsi molto sensibili all’argomento presentato dal legale della stampa estera, che argomentava: “Ora la guerra è finita, e sono finite tutte le cosiddette giustificazioni per la gravissima violazione dei fondamenti della libertà di espressione e del diritto del pubblico”. La Fpa spera che il 4 dicembre sia l’ultimo rinvio, ma nel comunicato tradisce rassegnazione: “Il governo israeliano ha ripetutamente chiarito che non ha alcun interesse ad aprire Gaza (ai giornalisti) e nessun piano per farlo”.
La Fpa, che si è ritrovata spesso negli anni in rotta di collisione con le istituzioni israeliane per le limitazioni imposte ai media, accusa stavolta l’esecutivo guidato da Netanyahu di aver ormai “ridicolizzato il processo legale”.
È più che probabile che, in ogni caso, il governo israeliano rinnoverà le ragioni del suo divieto di ingresso nella Striscia ai giornalisti stranieri, e non è detto che le corti di giustizia israeliane accoglieranno i potenziali ricorsi della Fpa.
Mentre i media internazionali non possono entrare a Gaza, le testate fanno affidamento sui reporter palestinesi, per ricevere immagini e notizie in tempo reale su quello che avviene nella Striscia. Dal 7 ottobre 2023 sono stati uccisi dal fuoco israeliano 247 giornalisti, secondo i dati forniti dall’Onu (ma i numeri variano a seconda delle fonti tra 210 e 270), vittime in alcuni casi di attacchi diretti perché accusati dall’Idf di essere operativi di Hamas (accuse solo in alcuni casi rivelatasi fondate) o per errore (come nel caso dell’ospedale Nasser di Khan Yunis il 25 agosto scorso), e in altri casi vittime collaterali di raid diretti contro strutture civili

