Esiste una legalità internazionale oltre l’Onu che valga per tutti? O vale solo la legge del più forte? Restiamo ancorati alla speranza. La Corte di giustizia internazionale dell’Aja non ha dubbi: «a Gaza situazione disastrosa», e ordina, «Israele fermi subito l’attacco a Rafah e riapra i valichi per far passare gli aiuti». La risposta di Netanyahu: raid intensificati sulla città. «Nessuno può fermarci», e anche la sentenza diventa ‘antisemita’. Stati Uniti in grave imbarazzo, Europa divisa in bilico.
Qualche speranze e molte polemiche
La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu, all’Aia, che ha ordinato a Israele di fermare immediatamente le sue operazioni militari a Rafah, ha sollevato qualche speranza e molte polemiche. Ma non sembra avere scalfito la volontà del governo Netanyahu di continuare l’assalto. Che va avanti lo stesso, ignorando la misura imposta dai giudici. Rabbia e frustrazione, ovviamente, sono state espresse da diversi esponenti di governo a Tel Aviv. Ma ci sono dichiarazioni che fanno già pensare a un muro contro muro, tra le istituzioni giuridiche internazionali e Israele. L’Ufficio del Primo ministro, ieri sera, ha fatto capire che la guerra continuerà.
Israele solo giudice di se stesso
Netanyahu, neppure cita l’ordine di Cessate il fuoco della Corte e polemizza ancora con le molto temute accuse di genocidio del Sudafrica portate a giudizio, definendole «false e oltraggiose». Poi, risposta indiretta alla Corte, afferma che la campagna militare a Rafah che continua, non porterà alla distruzione della popolazione civile palestinese. Inoltre, «in conformità con la legge» sarà consentito l’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia. In ogni caso, per fare il punto della situazione, stamattina riunirà il Gabinetto di guerra.
L’ultradestra contro la ‘giustizia antisemita’ rilancia
Intanto, uno dei più ‘spigolosi’ esponenti della coalizione, il Ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir (un noto estremista) ha detto che «l’irrilevante ordinanza del tribunale antisemita dell’Aja dovrebbe avere una sola risposta. E cioè l’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e la completa distruzione di Hamas, fino a quando la vittoria totale nella guerra non sarà ottenuta». La stessa strada che, nei fatti anche se non con parole tanto insensate, sta seguendo Netanyahu.
L’accusa di antisemitismo come scudo
Più articolata e assieme pericolosa la posizione espressa dal Ministro degli Affari Strategici, Ron Dermer, ex ambasciatore a Washington e potente ‘ufficiale di collegamento’ con la Casa Bianca. «Che gli ebrei siano trattati diversamente non è una storia nuova – ha sostenuto Dermer in una nota riportata dal Jerusalem Post – è una storia vecchia di più di 2000 anni, basata su un odio antico. Ogni anno, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu approva più risoluzioni contro Israele, di tutti gli altri Paesi del mondo messi insieme (risoluzioni trattete da Israele come carta straccia)). Ciò che ha fatto il procuratore della Corte Internazionale di Giustizia – ha aggiunto Dermer – alimenterà il fuoco dell’antisemitismo che infuria in tutto il mondo, perché la gente crederà che le accuse abbiano un peso. Ma le accuse sono totalmente false e il pubblico ministero non si è nemmeno preso la briga di conoscere i fatti».
Un po’ a sorpresa anche il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid. L’ex premier ritiene la sentenza «un collasso e un disastro morale nello stesso tempo. Perché non ci si è preoccupati di collegare la salvaguardia dei civili di Gaza al rilascio degli ostaggi israeliani». In realtà la Corte ordina ad Hamas la immediata liberazione degli ostaggi.
Fronte palestinese, prudenti cenni di speranza
Umori opposti sulla sponda palestinese. Il portavoce dell’ANP, Abu Rudeineh, ha espresso soddisfazione a nome del presidente Abu Mazen. Mentre Basem Raim, funzionario di Hamas citato dal Guardian, ha sostenuto che la decisione va nella giusta direzione, ma che «l’occupazione militare è brutale e pericolosa anche del Nord di Gaza».
Stati Uniti in grave difficoltà, insistono e straparlano
Gli Stati Uniti, come ha anticipato mercoledì il Consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ignoreranno la Corte e sosterranno Israele. Secondo lui, «ci sono nuovi piani e l’assalto di Rafah potrebbe essere accettabile». Tra gli altri, ha parlato il senatore Lindsay Graham, un repubblicano di spicco, grande elettore di Trump, stesse finezze politiche. «La Corte può andare all’inferno». La sentenza arriva in un momento turbolento della campagna per le Presidenziali, con Biden che deve difendere la sua politica mediorientale su due fronti: a destra, dall’attacco dei Repubblicani, e alla sua sinistra, dalle polemiche dei Democratici progressisti e dalle protesta giovanili dilaganti. E la strategia di ‘sostegno incrollabile’ a Israele perde colpi.
Isolamento e forse sanzioni: Stati Uniti ed Europa?
Come scrivono gli analisti di Haaretz, anche se gli Stati Uniti dovessero difendere Israele all’Onu, fino al loro totale isolamento, resta il fatto che molti Paesi nel mondo e alcuni tra gli occidentali potrebbero decidere sanzioni economiche. Certo, le risoluzioni ufficiali al Consiglio di sicurezza sarebbero bloccate dal veto Usa. Ma Biden -sempre Haaretz- «perderebbe definitivamente la faccia, di fronte a tutto il mondo: perché non può tirare il diritto internazionale dal suo lato, solo quando gli conviene». E l’Europa? Il Regno Unito ha già fatto sapere che continuerà a sostenere l’attacco di Israele a Rafah.
Josep Borrell, invece, l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione, non lascia alcun dubbio e indica la strada, anche a quei Paesi che per varie ragioni subiscono il fascino della Casa Bianca. «Quale sarà la nostra posizione? Dovremo scegliere tra il nostro sostegno alle istituzioni internazionali dello Stato di diritto o il nostro sostegno a Israele». Corto, netto, chiaro e, per qualcuno, indigesto.
25/05/2024
da Remocontro