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Israele vota per annettersi la Cisgiordania fatta ‘Giudea-Samaria’

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Altro che «Due popoli e due Stati», formula d’ordinanza per l’Occidente complice e parolaio. La Knesset, il Parlamento israeliano, fa i fatti. E, mentre il mondo osserva sconcertato (e distratto) la mattanza di Gaza, ha votato un fermo ‘no’ alla creazione di uno Stato della Palestina. E ha dato via libera per l’annessione della Cisgiordania.

Si comincia con una ‘mozione simbolica’

Certo, per ora si tratta solo di una mozione ‘simbolica’, un ordine del giorno ‘non vincolante’, che però non ha bisogno di analisi politologiche sofisticate, dato che è passato con 71 voti a favore contro 13. Una maggioranza schiacciante e un messaggio chiaro, quasi ricattatorio, rivolto alla comunità internazionale: Israele può decidere, in qualsiasi momento, di fare tutto quello che gli passa per la testa. E il resto del mondo gli fa un baffo. Attenzione, perché ormai il regime messianico-nazionalista di Netanyahu è chiaramente fuori controllo, sta perdendo tutti i connotati di una vera democrazia parlamentare, e rischia di trasformarsi nella caricatura di una teocrazia, imbevuta di suprematismo. Fra un po’ di tempo, di questo passo, dovremo parlare di «razzismo», «apartheid» e «pulizia etnica» come risultanti di un’azione politica spregevole e vessatoria. Dove i sacri confini del principio di autodifesa sono stati, già da un pezzo, abbondantemente oltrepassati dai cingoli dei carri armati con la stella di Davide.

Pessimo segnale politico

Intanto, va sottolineato come il voto dell’ordine del giorno abbia visto schierate, dallo stesso lato, anche formazioni che non fanno parte della maggioranza, come Israel Beitenu. Si tratta di un segnale politico da non sottovalutare, che sicuramente avvierà un dibattito più ampio sulla formale annessione della Cisgiordania. Diciamo che, politicamente parlando, il governo Netanyahu ha fatto le prove generali di una mossa che dovrà avere, sin da subito, un ampio sostegno interno. «La sovranità è parte integrante della realizzazione sionista e della visione nazionale del popolo ebraico», dice il testo dell’ordine del giorno, e aggiunge: «Il massacro del 7 ottobre ha dimostrato che la creazione di uno Stato palestinese rappresenta una minaccia esistenziale per Israele, i suoi cittadini e l’intera regione». Come scrive Haaretz, «la mozione è stata presentata dai parlamentari Simcha Rothman (Sionismo religioso), Oded Forer (Israel Beitenu), Limor Son Har-Melech (Otzma Yehudit) e Dan Illouz (Likud). Dopo il voto, Illouz ha dichiarato: «Il messaggio è inequivocabile. Giudea e Samaria (lo storico nome ebraico della Cisgiordania) non sono una merce di scambio. È giunto il momento della sovranità».Inizio moduloFine modulo

Molti per arrivare a cosa?

L’associazione ‘Peace Now ha espresso forti critiche, affermando che l’approvazione dell’ordine del giorno lede gli interessi israeliani. Mentre molti parlamentari e ministri della coalizione hanno invece manifestato il loro sostegno. In particolare, la responsabile dei Trasporti, Miri Regev, ha scritto: «La Knesset ha votato una misura storica. Ora basta soluzioni temporanee, basta esitazioni. Questa è la nostra terra». Secondo Haaretz, una fonte del Likud ha ammesso che la mozione non aveva alcuna rilevanza pratica, affermando: «Siamo al potere da 16 anni e presentare una mozione per l’ordine del giorno, invece di un disegno di legge, è una sciocchezza». Ma, come dicevamo, è possibile che Netanyahu, stretto tra la crisi di Gaza e l’esigenza di riformare il potere giudiziario, si sforzi di creare un suo ‘campo largo’, imbarcando nuovi parlamentari per rinvigorire la sua asfittica maggioranza. E, come abbiamo visto, uno dei partiti candidati potrebbe proprio essere (a certe condizioni) Israel Beitenu, la formazione capeggiata dall’ex ministro Avigdor Lieberman. E ora che succede? Niente. Semplicemente il Premier ha navigato tra gli scogli della Knesset, badando a tenere a galla il suo caicco nella speranza di raggiungere un porto sicuro per i prossimi due mesi.

  • E, calendario alla mano, ce l’ha fatta, perché adesso il Parlamento chiude per la lunghissima pausa estiva. Si riparlerà di tutto a ottobre, con un sacco di ossi da rosicare già messi sul fuoco a sobbollire. Basterà? Ne dubitiamo, dato che molti nodi stanno già venendo al pettine.

Il fronte interno di Netanyahu

Ecco come Haaretz presenta il ‘fronte interno’ di Netanyahu: «Il voto ha segnato la fine della sessione estiva della Knesset, che ora sarà sospesa fino al 20 ottobre. In precedenza, i legislatori avevano votato per prorogare due ordinanze temporanee di sicurezza. Come nella sessione della Knesset di lunedì, la coalizione ha ritirato tutti i progetti di legge, ad eccezione di quelli relativi alla sicurezza. Inizialmente, la coalizione aveva pianificato di approvare numerosi progetti di legge per ‘sgomberare il tavolo’ prima della pausa estiva, ma a causa della crisi con i partiti ultra-ortodossi sulla bozza di legge di esenzione (dal servizio militare), non avendo ottenuto la maggioranza, ne ha ritirati la maggior parte». Erano inoltre in votazione la seconda e la terza lettura di un disegno di legge che impone l’uso del termine «Giudea e Samaria», come viene definita storicamente dall’ebraismo la Cisgiordania, in tutta la legislazione. In settimana, intanto, a proposito di norme liberticide, come riporta Haaretz, «l’opposizione ha impedito alla Commissione per la Sicurezza Nazionale della Knesset di votare in prima lettura il cosiddetto ‘disegno di legge Al Jazeera’, che consentirebbe la chiusura dei media stranieri.

Fuori i media stranieri critici

Il disegno di legge fa parte di una serie di proposte di legge per la revisione del sistema giudiziario. Il Presidente della commissione – chiarisce Haaretz – il parlamentare), aveva proposto di portare avanti il disegno di legge, nonostante le obiezioni del consulente legale della Knesset, che aveva avvertito che poneva seri problemi legali. Sebbene diverse commissioni terranno discussioni durante la pausa, l’attività sarà limitata – ad eccezione della Commissione Affari Esteri e Difesa – e la Knesset si riunirà solo con ‘autorizzazione speciale’.

‘Pausa estiva’ ma non su Gaza e Cisgiordania

Con la pausa parlamentare che termina dopo le festività ebraiche, la coalizione non avrà problemi di ‘conta’ e potrà continuare a operare senza una maggioranza definita, a meno che non sia lo stesso Premier a chiedere lo scioglimento delle Camere. Una mossa che Netanyahu, da vero animale politico, non si sognerà certo di fare, prima di avere preparato un suo ‘campo largo’, che rafforzi la maggioranza, coprendo possibili defezioni dei partiti ortodossi. E finiamo con un’altra coraggiosa denuncia dei colleghi israeliani di Haaretz, rivolta a quei giornalisti occidentali che, per calcolo o per viltà, fanno finta di non vedere: «Perché Israele non ha permesso ai giornalisti di entrare a Gaza? E quando gli è stato permesso, perché insiste che sia sotto la supervisione del portavoce dell’IDF? E perché l’Alta Corte di Giustizia collabora con il governo in questo caso?». Tutte domande che sorgono spontanee, scrive il quotidiano liberal di Tel Aviv, dopo tutto quello che il governo israeliano sta facendo nella Striscia. «A Gaza – denuncia Haaretz – si sta verificando una catastrofe che include uccisioni su vasta scala, fame estrema, distruzione sistematica e trasferimento forzato della popolazione civile.

  • Il fatto che Israele non abbia permesso alla stampa libera – locale o globale – di coprire gli orrori della guerra per 21 mesi non è una coincidenza. Israele – sentenzia Haaretz – ha insistito nel nascondere una crudele realtà che avrebbe inevitabilmente suscitato critiche in tutto il mondo, come è già accaduto».

Corte ‘Suprema’ in cosa?

E tutto questo, si aggiunge, con il sostegno indiretto della Corte Suprema, che quando si tratta di Gaza sembra manifestare evidente disagio a intervenire. Intanto, la Commissione per la Sicurezza Nazionale della Knesset ha persino approvato la preparazione della prima lettura di un disegno di legge che autorizza la chiusura dei media stranieri senza l’approvazione della Corte”. Diteci se questa si chiama democrazia. È una vergogna: per chi compie tali azioni e, soprattutto, per chi fa finta di non vederle.

                                                     PICCOLE NOTE

Armamenti Italia-Israele

Riunione tra i rappresentanti della Difesa italiani e quelli israeliani il 23 luglio. Lo ha ammesso il ministero nella risposta all’inchiesta del Manifesto e molte polemiche, sulla riunione tra i delegati italiani e quelli israeliani convocata dallo Stato maggiore tramite la Direzione nazionale degli armamenti e per mezzo dell’Aiad, la federazione di Confindustria che riunisce le aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza.

Gaza, fame e carestia-Parigi e Cisgiordania

122 le morti per fame e malnutrizione. Ma Israele nega la carestia e il governo di destra annuncia ritorsioni contro Parigi per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Per dimostrare chi detta legge nella Cisgiordania occupata che la Francia a settembre, riconoscerà come parte dello Stato di Palestina, per riempire la loro ‘piscina sacra’ hanno interrotto l’acqua della sorgente di Ein Samia a trenta villaggi palestinesi.

Macron cerca sponde, ma Merz si sfila

Riunione telefonica sulla «catastrofe umanitaria a Gaza» tra il premier britannico  Starmer, il cancelliere Merz e Macron, dopo l’annuncio del prossimo riconoscimento francese dello stato di Palestina. I paesi E3 (Italia assente), «pronti a misure per sostenere un cessate-il-fuoco immediato e un processo politico che porti a sicurezza e pace durevole». Ma la Germania «non prevede di riconoscere lo stato di Palestina a breve».

«Annunci per Idf», così Meta viola le regole 

Rete Meta, il gigante americano dei social, ha ospitato su Facebook, Instagram e Threads più di 100 annunci pubblicitari per raccolte fondi in favore dell’Idf, l’esercito israeliano in violazione sia del proprio codice di condotta che delle norme europee. Ne dà conto un’indagine di Eko, organizzazione internazionale per la tutela dei consumatori, documentando che le iniziative online che hanno almeno 2,4 milioni di dollari.

Da Zikim non passa nulla e la carestia uccide 

L’Unrwa ha 6.000 camion con aiuti umanitari in Egitto e Giordania pronti a entrare nella Striscia. Servono 500 mila sacchi di farina a settimana per evitare il collasso umanitario totale. Il ministero della Salute di Gaza ha riferito di 89 uccisi e 453 feriti nelle ultime 24 ore. Il bilancio delle vittime è salito a 59.587 e il numero totale degli uccisi che attendevano aiuti è ora di 1.083. «Tutta Gaza sarà ebraica» promette un ministro.

26/07/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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