ECONOMIA
25/08/2025
da Il Fatto Quotidiano
A luglio il Prezzo unico nazionale è stato in media di 113,3 euro al MWh: oltre 20 euro sopra quello della Francia, 40 sopra quello spagnolo, il quadruplo di quello svedese. Dietro ci sono la dipendenza dal gas, il funzionamento del mercato, le ondate di calore. E lo spettro della manipolazione
Mentre il governo festeggia la riduzione dello spread e un presunto (inesistente) boom del turismo a Ferragosto, un altro dato è rimasto sotto silenzio. Anche a luglio il prezzo medio dell’elettricità in Italia si è piazzato al livello più alto dell’Unione europea. Il cosiddetto Prezzo unico nazionale, base di riferimento per il prezzo all’ingrosso dell’energia che poi viene rivenduta agli utenti finali, è stato in media di 113,3 euro al MWh contro i 90 della media Ue. Oltre 20 euro sopra quello della Francia, 40 sopra quello spagnolo, il quadruplo di quello svedese. Nell’intero 2024 il prezzo medio italiano è stato di 108,5 euro/MWh contro i 58 della Francia e i 63 della Spagna. Non è più considerata un’emergenza perché fortunatamente sono lontani i picchi del 2022 quando ha superato i 550 euro. Resta una zavorra per le famiglie e il sistema produttivo. Vale la pena fare il punto su cosa c’è dietro questa non invidiabile specialità italica.
La dipendenza dal gas naturale
Il primo fattore è la forte dipendenza dal gas naturale. In Italia, quasi il 45% dell’energia elettrica (contro il 15% della Germania, il 17% della Spagna e il 3% della Francia) è prodotta da impianti a gas. E il combustibile viene quasi interamente importato dall’estero, rendendo il prezzo finale dell’energia molto sensibile alle oscillazioni dei mercati, come tutti i consumatori hanno dolorosamente imparato durante i mesi orribili seguiti all’invasione russa dell’Ucraina. All’epoca la Penisola era fortemente dipendente da Mosca (oltre 30 miliardi di metri cubi l’anno, 40% del totale delle importazioni). Dopo quello choc, il governo Draghi decise di diversificare gli approvvigionamenti in favore del Nord Africa: nel 2023 la quota di gas in arrivo dall’Algeria è salita poco sotto il 38% mentre quella russa è scesa sotto il 5% ed è aumentato il ricorso al gas naturale liquefatto. Ma l’anno scorso la tendenza si è marginalmente invertita e gli acquisti dalla Russia sono risaliti a oltre 6 miliardi di metri cubi.
Questa dipendenza ha fatto sì che l’anno scorso, quando i prezzi si sono normalizzati in tutta Europa rispetto ai picchi del 2023, l’Italia ne beneficiasse di meno. La relazione annuale dell’Autorità per l’energia (Arera), presentata a giugno, ricorda che il Pun medio italiano è sceso del 14%, contro il -40% di quello francese, il -36% registrato sulla borsa scandinava, il -28% di quella spagnola e il -18% di quella tedesca.
Il funzionamento del mercato
Il funzionamento del mercato elettrico contribuisce ad amplificare le differenze. Il Prezzo unico nazionale si forma con il meccanismo del “prezzo marginale”: ogni giorno i produttori di energia fanno le loro offerte sul cosiddetto Mercato del giorno prima. Vengono chiamate a produrre prima le centrali più economiche, alimentate a rinnovabili e idroelettrico, poi quelle più care come le centrali a gas. Ma il prezzo finale non è una media. Si allinea al costo dell’ultima centrale – la più cara – necessaria per coprire tutta la domanda. Per questo, quando il gas diventa molto costoso anche l’elettricità prodotta da fonti più economiche viene pagata a quel prezzo alto. Funziona così in tutta la Ue, ma in Italia è più penalizzante perché come visto il gas è più spesso la fonte “decisiva” che fissa il prezzo. In Francia quel ruolo è svolto dal nucleare, in Spagna e Germania dalle rinnovabili (anche se nel mix energetico di Berlino ha ancora un peso non indifferente anche il carbone).
Il ruolo delle ondate di calore
In estate, il mercato diventa particolarmente vulnerabile. Il fabbisogno di energia cresce sensibilmente per effetto della climatizzazione, che porta milioni di famiglie e imprese ad accendere i condizionatori nelle ore più calde della giornata. Al tempo stesso la produzione da idroelettrico, che vale in media fino al 20% del mix italiano, cala drasticamente a causa della siccità e della ridotta disponibilità di acqua negli invasi, mentre l’eolico è spesso condizionato da periodi di scarsa ventosità. In questo contesto, le centrali a gas diventano indispensabili per coprire la domanda residua spingono verso l’alto il Pun. Non a caso l’anno scorso il prezzo unico medio di luglio è stato di 112 euro/MWh mentre quello di gennaio, il mese più freddo, di 99.
Gli indizi di manipolazioni dei prezzi
A complicare il quadro c’è un elemento preoccupante emerso da un’indagine conoscitiva di Arera: nel biennio 2023-24, a valle dello choc seguito all’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina, molti operatori avrebbero adottato strategie di offerta anomale sul mercato elettrico. In pratica avrebbero ridotto la capacità realmente disponibile per spingere i prezzi verso l’alto. L’Autorità parla di “probabili condotte di trattenimento economico di capacità”, che avrebbero comportato “differenze medie di prezzo” nell’intervallo di 4-7 €/MWh nel 2023 e 1 €/MWh nel 2024. Per ora non si parla esplicitamente di abuso perché l’indagine si basa su ipotesi semplificatrici e occorre “accertare l’assenza di legittime giustificazioni”, ma di sicuro gli indizi di una corposa manipolazione del mercato non possono essere ignorati.
Le maggiorazioni sul mercato libero
Dal Prezzo unico alla bolletta il passo non è breve. Per arrivarci occorre tener conto di costi di dispacciamento e di commercializzazione e degli oneri di sistema destinati per esempio a sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili per ridurre la dipendenza dal gas (lo scorso anno hanno sfiorato i 9 miliardi di euro). Nel mercato libero, su cui i clienti domestici non vulnerabili sono stati fatti definitivamente migrare entro il luglio 2024, contano poi le maggiorazioni decise dal fornitore. È sempre la relazione dell’Arera a quantificarle: lo scorso anno il prezzo finale al netto delle tasse sul mercato libero presentava “valori notevolmente superiori al servizio di maggior tutela per tutte le classi di consumo”: dal 37% in più per i grandi clienti al 55% per chi ha consumi tra 1.000 e 2.500 kWh all’anno.
Dulcis in fundo, ci sono le imposte, che aggiungono un 10% all’esborso.