L’importanza di questo libro – Le atrocità di Mussolini di Michael Palumbo, appena edito da Alegre – è dimostrata nel modo più lampante dall’inverosimile quantità di sforzi profusa, trent’anni fa, per non farlo uscire, e per non mostrare al pubblico italiano il documentario televisivo Fascist legacy – L’eredità fascista, tratto dagli stessi documenti che sono alla base del saggio.
Se il film fu acquistato e prodotto in italiano dalla Rai, ma mai messo in onda, il libro fu stampato da Rizzoli nel 1992 e, incredibilmente, mai messo in vendita, e dunque subito avviato al macero in migliaia di copie. Ma cosa c’era di tanto imbarazzante da non poter essere letto, o visto, in Italia?
Come scrisse l’Unità, una conoscenza di massa dei documenti raccontati nel libro e nel documentario avrebbe “posto fine per sempre alla leggenda degli ‘italiani brava gente’”. È esattamente per questo che oggi finalmente viene pubblicato, con una bella prefazione di Eric Gobetti e una postfazione di Ivan Serra che ne ricostruisce l’inquietante vicenda (non) editoriale.
Palumbo utilizza un’enorme quantità di documenti, provenienti in gran parte dagli atti della Commissione delle Nazioni Unite per i Crimini di Guerra, e dai faldoni dei governi italiano e tedesco portati via dagli americani dopo la Liberazione, e tuttora conservati nei National Archives statunitensi. L’ansia di rendere nota una documentazione oggettivamente straordinaria e una certa propensione per uno stile narrativo giornalistico tipicamente anglosassone spinsero l’autore a una trattazione per così dire orizzontale dei crimini contro l’umanità perpetrati dal fascismo italiano, invece che a un approfondimento verticale di pochi casi esemplari. Del resto (e questo è un tema del libro), il fatto che per la maggior parte di questi crimini non siano stati celebrati dei processi rende impossibile contare su una verità giudiziaria che abbia vagliato le fonti attraverso un contraddittorio e un giudizio terzo.
Se, dunque, in molti casi i documenti pubblicati non servono a “condannare” i singoli, la loro precisione, credibilità e autorevolezza tracciano un quadro mostruoso delle “atrocità di Mussolini”. E svelano empiricamente, e su vasta scala, ciò che sappiamo teoricamente: il fascismo (di ieri o di oggi) è essenzialmente un regime della violenza per la violenza. E questo è precisamente il punto che si volle nascondere: De Gasperi e Churchill, con l’avallo degli americani, evitarono non solo una “Norimberga italiana”, ma anche l’estradizione dei criminali di guerra nei vari Paesi che li richiedevano a gran voce (Etiopia e Jugoslavia, ma anche Grecia e Francia), chiudendo i documenti italiani nei famosi “armadi della vergogna”. La cinica logica della Guerra fredda imponeva che non si delegittimasse l’egemonia della Democrazia cristiana mostrandone l’ampia continuità col fascismo in termini di gestione del potere: bisognava dimenticare, rimuovere, nascondere che abisso di mostruosità si stesse coprendo. Il prezzo di tutto questo lo vediamo oggi: con il primo partito d’Italia che costruisce, con soldi pubblici, un monumento a uno dei principali protagonisti mostruosi di questo libro, il maresciallo Graziani, quel “boia del Fezzan” che è uno dei pochi gerarchi italiani che si riuscì a condannare (ma solo per i crimini compiuti contro gli italiani durante Salò, non per quelli, enormi, in Africa).
Nonostante la scrittura sciolta, leggere questo libro fa aggrovigliare lo stomaco: perché è un elenco infinito, e documentatissimo, di violenze, torture, squartamenti, omicidi, uso massivo di gas perpetrati da italiani. Da italiani fascisti. La stima prudente dei morti provocati non dalle battaglie, ma dai singoli crimini dell’imperialismo fascista, è fissata dal libro a un milione: ma tutto suggerisce che siano stati di più. Di tutto questo, nella scuola italiana non si parla. Anzi, non poche scuole sono tuttora intitolate ad alcuni dei responsabili della mattanza: a partire dal duca d’Aosta. E come nota l’autore nella prefazione, “ciò aiuta a spiegare il riemergere del fascismo in Italia nel nostro tempo… Resiste il mito del fascismo italiano meno malvagio del nazismo austro-tedesco. In realtà, Mussolini era meno efficiente ma non meno malvagio di Hitler nei suoi obiettivi finali in Africa e nei Balcani, dove i nazisti lamentavano da parte fascista l’uso della carestia, di campi di concentramento e di operazioni di rastrellamento per eliminare la popolazione locale e soffocarne la resistenza”. Se imparassimo la nostra storia criminale, forse avremmo orrore per chi continua a stare da quella parte.
16/11/ 2024
da il Fatto Quotidiano