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Julian Assange è un uomo libero dopo 5 anni di carcere: ha patteggiato con la giustizia Usa. Finisce un calvario giudiziario lungo 14 anni

Julian Assange è un uomo libero dopo 5 anni di carcere: ha patteggiato con la giustizia Usa. Finisce un calvario giudiziario lungo 14 anni

Il calvario giudiziario di Julian Assange è durato 14 anni, da quando, nel 2010, la sua creazione Wikileaks pubblicò documenti statunitensi secretati ricevuti dalla ex militare Chelsea Manning sui crimini di guerra americani.

Da lunedì, l’attivista australiano è di nuovo un uomo libero dopo cinque anni ininterrotti di carcere di massima sicurezza a Londra, dove ha atteso che la giustizia britannica decidesse della sua sorte: liberarlo o consegnarlo nelle mani degli Stati Uniti, dove rischiava una pena fino a 175 anni di carcere.

Dopo lunghi mesi di trattative sotterranee con Washington, Assange ha però trovato un accordo: si è dichiarato colpevole dei reati che gli sono contestati in cambio della propria libertà. Il fondatore di Wikileaks “ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Belmarsh la mattina del 24 giugno, dopo avervi trascorso 1.901 giorni – si legge in un comunicato pubblicato sull’account X dell’organizzazione – Gli è stata concessa la libertà su cauzione dall’Alta corte di Londra ed è stato rilasciato nel pomeriggio all’aeroporto di Stansted, dove si è imbarcato su un aereo ed è partito dal Regno Unito“.

L’attivista, adesso, è diretto in territorio americano, nelle Isole Marianne Settentrionali, per affrontare un giudice come parte del patteggiamento che dovrebbe ridargli la libertà e la possibilità di tornare in Australia. Si prevede che comparirà in tribunale mercoledì mattina ora locale.

Liberato Julian Assange, le prime immagini dell'attivista australiano mentre lascia il Regno Unito dopo cinque anni di carcere

Negli scorsi mesi non era circolata alcuna indicazione di una imminente intesa tra le parti. La giustizia britannica continuava a rimandare una decisione definitiva, mentre era noto solo che tra gli avvocati di Assange e gli Stati Uniti fosse stata avviata una trattativa per evitare che il 52enne australiano dovesse passare il resto dei propri giorni in un carcere di massima sicurezza americano. Fondamentale, nel corso di tutti questi anni, come si ricorda anche dal profilo X di Wikileaks, è stata la campagna di sostegno internazionale che non ha mai permesso di abbassare l’attenzione sul suo caso: “Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite – si legge – Ciò ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che ha portato a un accordo che non è stato ancora formalmente finalizzato. Assange dopo più di cinque anni in una cella di 2×3 metri, isolato 23 ore al giorno, presto si riunirà alla moglie Stella Assange e ai loro figli che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre”.

Secondo quanto riporta la Cnn, i pubblici ministeri del dipartimento di giustizia americano, ottenuta la dichiarazione di colpevolezza dell’attivista australiano, chiederanno una condanna a 62 mesi che equivale agli oltre cinque anni che Assange ha già scontato a Londra, consentendo così ad Assange di tornare immediatamente a casa. Il presidente Joe Biden negli ultimi mesi aveva fatto capire che esisteva uno spiraglio per un possibile accordo, anche se funzionari dell’Fbi e del Dipartimento di giustizia si sono opposti a qualsiasi intesa che non includesse una dichiarazione di colpevolezza. Secondo la giustizia americana, il fondatore di Wikileaks ha spinto Chelsea Manning a ottenere migliaia di pagine di dispacci diplomatici statunitensi non filtrati che potenzialmente mettevano in pericolo fonti riservate, rapporti di attività significative legate alla guerra in Iraq e informazioni relative ai detenuti di Guantanamo.

Con la fine del calvario giudiziario di Assange, si conclude anche quello dei suoi familiari. Compresa la madre Christine che in una dichiarazione ai media australiani ha detto: “Il calvario sta finalmente giungendo al termine. Ciò dimostra l’importanza e il potere della diplomazia silenziosa. Molti hanno sfruttato la situazione di mio figlio per portare avanti i propri programmi, quindi sono grata a quelle persone invisibili e laboriose che hanno messo al primo posto il benessere di Julian. Gli ultimi 14 anni hanno messo a dura prova me come madre”.

Anche il governo di Canberra si dice soddisfatto per aver messo fine a una vicenda giudiziaria durata troppo a lungo. Il primo ministro Anthony Albanese “è stato chiaro: il caso si trascina da troppo tempo e non c’era nulla da guadagnare continuando con la sua incarcerazione”.

25/06/2024

da Il Fatto Quotidiano

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