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Khan Younis 3°massacro, Netanyahu da Biden, Kamala e il marito ebreo

Khan Younis 3°massacro, Netanyahu da Biden, Kamala e il marito ebreo

«Khan Younis è una pozza di sangue» denuncia Michele Giorgio sul Manifesto. Nuova offensiva israeliana: i volantini con l’ordine di andarsene lanciati pochi minuti prima dei raid. Oltre 70 uccisi e 200 feriti.
Ieri, pochi istanti prima di partire per gli Stati Uniti dove domani parlerà di fronte al Congresso Usa, Benyamin Netanyahu ha elogiato Joe Biden per la rinuncia alle presidenziali.
La probabile candidata Kamala Harris e i suoi programmi sconosciuti. Sulla guerra in Ucraina, sulla Cina, ma soprattutto sul cataclisma mediorientale, lei, moglie dell’avvocato ebreo americano Douglas Emhoff, ala dura della vasta e importante comunità.

Grazie Joe per i massacri consentiti?

Il ‘grazie’ di Netanyahu a Biden alla partenza per gli Stati Uniti dove domani parlerà al Congresso Usa, mentre l’esercito israeliano lanciava per la terza volta dal 7 ottobre i suoi carri armati su Khan Younis uccidendo almeno 70 palestinesi. Cronaca quasi desueta per la sua ripetitività. Con alcuni spunti di novità sul fronte politico statunitense, terremotato dalla rinuncia di Joe Biden alla ricandidatura, e dai 5 mesi di presidenza che ancora gli restano. Con la possibilità di qualche atto politico di coraggio che si era vietato prima.

Prima i due ‘odiati amici’

E Netanyahu che mette le mani avanti, in attesa sparata di Trump, ma anche con Kamala, non avrebbe troppo da temere. Ringrazia, saluta e precisa. «L’opportunità di ringraziare Biden per le cose che ha fatto per Israele durante la guerra e l’occasione per discutere con lui su come portare avanti nei mesi critici a venire gli obiettivi che sono importanti per entrambi i nostri Paesi». In questo periodo di guerra e incertezza, ha aggiunto, «è importante che i nemici di Israele sappiano che America e Israele sono uniti: oggi, domani e sempre». Tra perorazione e avvertimento.

A Khan Younis intanto…

Negli stessi istanti in cui pronunciava queste frasi, l’esercito israeliano lanciava per la terza volta i suoi carri armati su Khan Younis. «Migliaia di civili, ai quali è stato ordinato di evacuare in pochi minuti i quartieri orientali della città, fuggiti verso la costa su carretti tirati da asini, altri a piedi, trasportando materassi e pochi altri beni. L’ennesimo sfollamento di massa da Khan Yunis, già ridotta in buona parte in detriti, polvere e macerie dalle offensive nel sud di Gaza dello scorso inverno», Michele Giorgio sempre più solo. Anche perché, a fare il giornalista da quelle parti non aiuta la vita. Nella vicina Deir Al-Balah un attacco aereo ha colpito una tenda di giornalisti locali con morti e feriti. Per l’ufficio stampa il numero dei giornalisti palestinesi uccisi dal 7 ottobre è salito a 163. Il Comitato per la protezione dei giornalisti riferisce di 103 uccisi.

Il diritto internazionale vale ancora?

Nei giorni scorsi Tommaso Di Francesco riconosceva che «Stavolta il diritto internazionale ha fatto la sua parte e, nonostante sia stato devastato in questi ultimi trenta anni da tante, troppe guerre fuori da ogni diritto dell’Occidente proprio in Medio Oriente, esiste ancora e prova ad avere un ruolo». Anche se per Gaza arriva 39mila morti e decine e decine di migliaia di feriti dopo, sentenza della Corte di giustizia delle Nazioni Unita quasi da nascondere (Il Corriere della Sera relegava ieri la notizia della Corte Onu a pagina 13 in taglio basso con 40 righe). E Stati Uniti ed Unione Europeo ri-Von Leyden? Analogo silenzio.

Questione mediorientale e Kamala Harris

Figura defilata sino a ieri, e senza grande stampa, la vicepresidente Kamala Harris di colpo alle prese con le crisi del mondo, se mai diventasse presidente. In particolare sulla questione mediorientale, legata per ora alla figura del marito, l’avvocato ebreo americano Douglas Emhoff, indicato come appartenente all’ala dura della vasta e importante comunità. Un legame da approfondire in vista di un suo possibile ruolo di ‘First man’ alla Casa Bianca.

Lei più ‘AIPAC’ che ‘J Street’

Da quando è stata eletta nel 2016, Harris ha parlato due volte alla conferenza politica annuale dell’American Israel Public Affairs Committee. Il suo discorso del 2018, con la delegazione della California, è stato off the record, ma ha dato un buon quadro della sua posizione nel suo discorso del 2017. «Lei è a favore di due stati, come anche l’AIPAC, anche se a volte in modo meno convinto, ma non crede che si possa schierarsi da nessuna delle due parti». Ma ora, dopo che la Knesset ha dichiarato illegale la stessa ipotesi di Stato Palestinese?

Lobby liberale ebraica

‘J Street’, il gruppo di lobbying liberale ebraico, non ha sostenuto Harris. La sua unica associazione con il gruppo è stata nel novembre 2017, quando era una dei 17 politici locali e federali nel comitato ospitante (vale a dire, ‘sì, puoi mettere il mio nome sull’invito’) di una festa organizzata dal capitolo di Los Angeles di J Street. All’inizio del 2017, Harris ha anche co-sponsorizzato una risoluzione del Senato che sostanzialmente rimproverava l’amministrazione Obama per aver consentito l’approvazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza degli Stati Uniti che condannava le politiche di insediamento di Israele. Kamala, mistero da svelare.

Tra il dire e il fare…

«Siamo stati molto chiari sul fatto che troppi palestinesi innocenti sono stati uccisi: siamo stati molto chiari sul fatto che Israele, il popolo israeliano e i palestinesi hanno diritto alla stessa dose di sicurezza e dignità», ha detto in una occasione la vicepresidente, da sempre a favore della soluzione a due Stati. Spesso critica nei confronti dello Stato ebraico che, ha sostenuto, «non sta facendo abbastanza per alleviare la ‘catastrofe umanitaria’». Anche Biden ha più volte perorato maggiore equilibrio a giustizia sociale in Israele, ma ha sempre fornito tutti le bombe necessarie per spianare Gaza e molto altro.

23/07/2024

da Remocontro

Ennio Remondino

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