La crisi climatica minaccia la banana, il frutto più diffuso al mondo. Rischiano ambiente, economia e sicurezza alimentare di milioni di persone
Come per molte altre coltivazioni, la crisi climatica sta mettendo in crisi la produzione del frutto più diffuso al mondo: la banana. Innalzamento delle temperature ed eventi meteorologici estremi, così come siccità e malattie, stanno infatti mettendo in ginocchio intere comunità la cui sopravvivenza è legata alle banane.
La banana è a rischio: un frutto vitale sotto minaccia
Le banane sono il frutto più popolare al mondo e la quarta coltura alimentare a livello globale. Per volume di produzione, vengono dopo grano, riso e mais. Sono più di 400 milioni le persone che affidano tra il 15 e il 27% del proprio fabbisogno alimentare giornaliero a questo frutto. Le banane sono anche una coltura chiave per le attività di esportazione dei Paesi di America Latina e Caraibi, produttori dell’80% della fornitura globale. In alcune culture sono così centrali che, in Paesi come l’Uganda, la parola per dire “banana”, “matooke”, significa “cibo”.
Eppure sono colpite dalla crisi ecologica e, allo stesso tempo, la loro produzione è parte del problema. La coltivazione intensiva di banana infatti è spesso in monoculture la cui produttività è legata a doppio filo all’utilizzo di prodotti agrochimici a base di combustibili fossili. Questo vuol dire che non solo aggrava la crisi climatica, ma contribuisce anche a inquinare aria e acqua, colpendo la salute delle comunità esposte.
Banane e clima estremo: caldo, tempeste e siccità
Le condizioni ideali per la coltivazione delle banane prevedono una temperatura tra i 15 e i 35 gradi centigradi e un’umidità molto alta, almeno tra il 75% e l’85%. Il frutto è molto suscettibile al freddo, in particolare alle temperature al di sotto dei 12 gradi centigradi, e al caldo, sopra i 38 gradi centigradi. Anche la carenza di acqua è molto impattante sulle coltivazioni, così come le forti tempeste con venti superiori agli 80 chilometri orari. In questo caso infatti le foglie possono piegarsi o danneggiarsi, con effetti negativi sulla capacità di fotosintesi.
Sappiamo già che la crisi climatica porterà a un calo dei rendimenti della coltivazione di banana entro la metà del secolo per India, Brasile, Colombia e Costa Rica. E sappiamo anche che fattori climatici, combinati con le condizioni dei suoli e con fattori socio-economici delle regioni di maggiore coltivazione, entro il 2080 potrebbero ridurre del 60% le aree adatte alla coltivazione. Il fenomeno riguarda soprattutto America Latina e Caraibi.
Malattie fungine e monocultura: un rischio per la banana
A mettere in crisi il settore della coltivazione delle banane è anche la mancanza di diversità genetica nella produzione commerciale. Gran parte delle esportazioni globali riguardano un’unica varietà, la Cavendish, affermatasi dopo la distruzione della precedente varietà egemone, la Gros Michel. La Gros Michel è scomparsa a causa di una malattia fungina, il “Panama disease”, che costrinse gli agricoltori a bruciare i campi e spostarsi.
Essendo cloni, le banane Cavendish non hanno la capacità naturale di adattarsi a nuove malattie. E se arrivasse un nuovo Panama disease? Questa è più che un’eventualità. La nuova minaccia globale si chiama TR4 ed è già diffusa su tutto il Pianeta. La diffusione del fungo TR4 è ampiamente facilitata dalle inondazioni. Quando attacca un suolo, diventa impossibile continuare a coltivarvi. C’è poi il Black Leaf Streak (BLS), un fungo in grado di ridurre dell’80% la capacità di fotosintesi delle piante. Il BLS prospera nelle condizioni di umidità come quelle di coltivazione della banana. I cambiamenti climatici ne aggravano l’aggressività.
Crisi climatica e banana: un’alternativa sostenibile arriva dal Fairtrade
Uno degli effetti della crisi climatica sulla banana passa anche dal modello produttivo. La dipendenza da monocolture geneticamente uniformi, tipica delle grandi piantagioni, impone l’uso intensivo di fertilizzanti e pesticidi di origine fossile. Queste sostanze, oltre a contribuire alle emissioni climalteranti, inquinano aria e acqua e mettono a rischio la salute delle comunità locali, con conseguenze che includono anche disturbi neurologici come autismo, ADHD e difficoltà di apprendimento.
In netto contrasto con questo modello produttivo insostenibile, il commercio equo offre un’alternativa concreta e virtuosa. Le banane certificate Fairtrade, coltivate da cooperative di piccoli produttori o piantagioni che rispettano rigorosi standard ambientali e sociali, promuovono pratiche agroecologiche, riducono l’uso di sostanze chimiche e favoriscono la biodiversità. Ai produttori viene garantito un prezzo minimo, che offre stabilità economica anche nei momenti di crisi, e un premio aggiuntivo da reinvestire in progetti agricoli o sociali. Solo nel Regno Unito, nel 2024, le vendite di banane Fairtrade hanno generato oltre 9,3 milioni di sterline in premi. Un dato che dimostra come anche le scelte dei consumatori possano contribuire a costruire una filiera più giusta e resiliente, capace di resistere meglio agli shock climatici.
Spariranno le banane dalle nostre tavole?
Dipende. Sicuramente c’è bisogno di una serie di correttivi immediati. In primis da parte della politica. Gli interventi di mitigazione della crisi climatica, anche in questo caso, sono essenziali per salvare il settore della coltivazione della banana. Solo riducendo le emissioni globali si può sperare che gli impatti si facciano meno gravi.
Altro discorso è quello dell’adattamento. Chi dipende economicamente dal settore – chi ogni giorno materialmente coltiva – deve essere sostenuto con fondi specifici che da un lato supportino la trasformazione della produzione, dall’altro diano respiro a chi è già in crisi. Necessari, infine, gli interventi sulla filiera, che deve essere resa più equa e sostenibile con investimenti in tecnologie come l’irrigazione a goccia, nella diversificazione genetica e nel miglioramento complessivo delle infrastrutture produttive.
Premesso che senza questi interventi non si va da nessuna parte, anche le abitudini di consumo possono avere un ruolo. Selezionare prodotti provenienti da circuiti di mercato virtuosi, come quelli del commercio equo, che garantiscono prezzi e condizioni migliori per gli agricoltori, è una strada. Consumare banane biologiche, senza o con ridotto uso di fertilizzanti e che promuovono la biodiversità, significa scegliere prodotti sani, la cui stessa esistenza è una forma di resilienza rispetto alla crisi che imperversa.
15/07/2025
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