Refaat è uno degli almeno 105 accademici palestinesi uccisi a Gaza dall’inizio della guerra di Israele
Il Dottor Refaat Alareer era un mio buon amico. Poeta, scrittore e attivista di spicco della causa palestinese, Refaat ha insegnato letteratura inglese e poesia per molti anni alla Islamic University di Gaza. Amava le opere di Shakespeare, Thomas White, John Donne, Wilfred Owen e molti altri, ed era l’editore di due libri: Gaza Unsilenced e Gaza Writes Back.
Refaat è uno degli almeno 105 accademici palestinesi uccisi a Gaza dall’inizio della guerra di Israele, secondo le ultime statistiche del Ministero dell’Istruzione palestinese. La sua istituzione di provenienza, la Islamic University, è stata completamente demolita dalla campagna di bombardamenti – e tutte le 19 università di Gaza hanno subito gravi danni o giacciono in totale rovina, con oltre l’80% degli edifici universitari distrutti. La gran parte dei circa 90.000 studenti della Striscia che erano iscritti a istituti di istruzione superiore prima della guerra non hanno potuto continuare i loro studi.
L’annientamento dell’istruzione superiore è particolarmente tragico per il futuro di Gaza: questa fonte di apprendimento, crescita economica, mezzi di sussistenza e comunità è ormai scomparsa. Ma le storie degli insegnanti e delle scuole che abbiamo perso, e le opportunità educative che sono ora precluse, meritano di essere raccontate.
Refaat capiva l’importanza dell’istruzione meglio di chiunque altro. Mi ha incoraggiato a imparare l’inglese per il mio lavoro di giornalista e amava insegnarmi nuove parole sia in inglese che in arabo. “Attraverso la narrazione”, mi ricordava, ”affermiamo il nostro diritto a questa terra. E imparare la lingua inglese è un mezzo per liberarsi dal prolungato assedio di Gaza.”
Nell’attacco aereo israeliano che ha tolto la vita a Refaat il 7 dicembre, sono rimasti uccisi anche il fratello Salah e il nipote Mohammad, così come la sorella Asmaa e i suoi tre figli, Alaa, Yahya e Muhammad, e altri membri della famiglia sono rimasti feriti. Tre dei figli di Refaat – uno dei quali frequentava il primo anno di università – e le sue tre figlie sono rimasti con la madre in un altro rifugio e sono sopravvissuti.
Il cugino di Refaat, Muhammad Alareer, ha dichiarato di ritenere che l’esercito israeliano abbia preso di mira Refaat proprio a causa della sua preparazione e della sua fluidità in inglese, nonché del suo lavoro con il progetto We Are Not Numbers, un’organizzazione no-profit palestinese che Refaat ha co-fondato nel 2015. “Prima dell’attacco”, ha detto Muhammad a +972, “ha ricevuto molte minacce di morte online e via cellulare da account israeliani, che gli chiedevano di smettere di scrivere e pubblicare.”
Secondo Muhammad, Refaat ha ricevuto una telefonata da qualcuno che si è identificato come un ufficiale israeliano, il quale gli ha detto che i militari sapevano esattamente dove si trovava e che sarebbe stato assassinato o detenuto se avesse continuato a scrivere. Questa minaccia ha spinto Refaat a lasciare la moglie e i figli nella scuola UNRWA di Al-Tuffah, a nord-est di Gaza City. Si è recato a casa della sorella, pensando che sarebbe stata più sicura della scuola, ma purtroppo si sbagliava.
‘Si aspettava di essere preso di mira’
Tra i numerosi accademici palestinesi uccisi a Gaza dal 7 ottobre, ci sono tre Rettori universitari. Il Dottor Sofyan Abdel Rahman Taya, 53 anni, era in carica come Rettore della Islamic University di Gaza quando è stato ucciso in un attacco aereo israeliano su Jabalia, il 2 dicembre, insieme alla moglie, ai genitori e ai cinque figli.
+972 ha parlato con il fratello del dottor Taya, Nabil, che ha descritto quanto Sofyan amasse il suo lavoro e avesse a cuore la sua famiglia e le persone che lo circondavano. Le sue ricerche sulle fibre ottiche e sui biosensori gli sono valse numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Palestine Islamic Bank Award for Scientific Research, l’Abdul Hameed Shoman Award for Young Arab Scientists e l’Islamic University Award for Scientific Research. Nel marzo 2023, il Dottor Taya era stato nominato titolare della cattedra UNESCO per la fisica, l’astrofisica e le scienze spaziali in Palestina. In qualità di Rettore dell’Università, aveva un obiettivo chiaro: perseguire sia la ricerca scientifica sia il servizio alla comunità, come pilastri della missione dell’università.
Ma nelle settimane precedenti la sua uccisione, ha dichiarato Nabil a +972, Sofyan “si aspettava di essere preso di mira, soprattutto dopo che molti membri del personale accademico e amministrativo della Islamic University erano stati assassinati prima di lui.” Tra questi, Omar Farwana, Preside della Facoltà di Medicina, e il dottor Muhammad Shabir, ex Rettore dell’Università. Dopo Taya e Shabir, il Dottor Said Anwar Alzebda, dell’University College of Applied Sciences di Gaza, è stato il terzo Rettore universitario ucciso insieme ad alcuni membri della sua famiglia il 31 dicembre.
La Dottoressa Khitam Al-Wasifi, Direttrice del Dipartimento di Fisica della Islamic University e vice-Rettrice della Facoltà di Scienze, è un’altra importante accademica palestinese uccisa insieme al marito – anch’egli professore alla Islamic University – e ai figli il 1° dicembre. Conosciuta da colleghi e amici come la “Sheikha dei fisici” [la signora dei fisici], aveva pubblicato decine di articoli sulla magnetoelettricità e l’optoelettronica e aveva ricevuto diversi riconoscimenti per il suo lavoro.
Molti tra il personale universitario sopravvissuti hanno visto la morte di questi accademici come un attacco deliberato agli intellettuali di spicco a Gaza – e, di conseguenza, molti hanno rifiutato di essere intervistati per questo articolo, per paura di essere assassinati a loro volta. Uccidendo figure accademiche influenti, secondo Salah Abd El Atei, presidente della Commissione Internazionale per il Sostegno dei Diritti dei Palestinesi (Hashd), che ha parlato con +972 dal Cairo, Israele mira a “distruggere tutto ciò che è simbolico nella società palestinese, in modo che la gente di Gaza non abbia figure su ci poter contare in futuro.”
Campus in rovina
L’11 ottobre, Israele ha bombardato la Islamic University di Gaza, radendo al suolo l’intero campus. Tra le strutture demolite c’era anche la moschea dell’università, in violazione delle leggi internazionali che vietano gli attacchi ai luoghi di culto. L’università era già stata danneggiata in guerre antecedenti, ma la portata della distruzione attuale è senza precedenti.
Gli esperti delle Nazioni Unite hanno stimato che l’80% delle scuole e delle università sono state danneggiate o distrutte da ottobre, il che equivale, secondo loro, a uno “scolasticidio”. “Può essere ragionevole chiedersi”, hanno scritto gli esperti, “se vi sia un tentativo deliberato di distruggere completamente il sistema educativo palestinese.”
Il campus principale dell’Università di Al-Azhar a Gaza City e la sua filiale di Al-Mughraqa sono stati distrutti da ripetuti attacchi aerei israeliani nei primi mesi di guerra. Prima di ottobre, secondo Muhammad Al-Wazir, un Professore dell’università, l’ateneo era composto da 12 facoltà, che offrivano collettivamente lauree di primo livello in 77 specializzazioni, 33 programmi di master e quattro programmi di dottorato.
Come la Islamic University, Al-Azhar è stata ripetutamente presa di mira durante le precedenti escalation a Gaza. “Ogni volta”, ha dichiarato Al-Wazir a +972, “l’Università ha prontamente contattato le istituzioni arabe, islamiche e internazionali perché aiutassero a riparare i danni”. Dopo questa guerra, tuttavia, l’Università sarà costretta a ricostruire da zero. Come ha sottolineato Al-Wazir, la distruzione della Al-Azhar University è stata una delle prove che il Sudafrica ha presentato durante la sua arringa davanti alla Corte Internazionale di Giustizia come prova della distruzione sistematica e intenzionale delle infrastrutture educative da parte di Israele.
La Israa University, la University of Palestine, la Gaza University, la Al-Quds Open University, e la Al-Aqsa University – la mia alma mater – hanno tutte conosciuto simili distruzioni. Tra il personale rimasto ucciso e lo sfollamento della quasi totalità degli studenti e dei dipendenti, un resoconto completo della distruzione è estremamente difficile. “Non è possibile quantificare i danni subiti dall’università”, ha dichiarato il Dottor Imad Abu Kishek, Presidente della Al-Quds Open University. “Né possiamo valutare questa situazione mentre stiamo perdendo giornalmente l’elemento essenziale, gli esseri umani – accademici, tecnici, lavoratori e studenti.”
Anche le infrastrutture universitarie che andavano a sostegno dei cittadini palestinesi sono state distrutte. La Israa University ospitava un museo nazionale, autorizzato dal Ministero del Turismo e delle Antichità – “il primo del suo genere a livello nazionale”, come ha spiegato a +972 Ahmed Juma’a, Docente dell’università. “Ospitava oltre 3.000 manufatti. I soldati e gli ufficiali dell’occupazione li hanno saccheggiati prima di far saltare in aria l’edificio del museo”. Sono state inoltre diffuse numerose segnalazioni secondo cui i soldati israeliani avrebbero utilizzato la Israa University come base militare temporanea e centro di detenzione, prima di far esplodere gli edifici rimanenti a gennaio.
Non sono solo gli studenti e i professori a subire la perdita delle università di Gaza, ma tutti i palestinesi di Gaza che sono stati privati dei benefici di una vivace comunità accademica – dalle arti e dalla cultura alle cure mediche. Esraa Hammad era una studentessa di odontoiatria alla University of Palestine prima del 7 ottobre. “Ho studiato lì per cinque anni e stavo per ottenere la mia laurea”, ha detto, “ma tutto questo è finito con una decisione dell’esercito di occupazione.”
Per Esraa, la parte più significativa dei suoi studi è stato il lavoro con i pazienti odontoiatrici nelle cliniche dell’università. “Mi sono sentita orgogliosa della mia formazione e dei miei professori, soprattutto quando le persone venivano a ringraziarmi per averle alleviate dal dolore e per averle aiutate a tornare alla loro vita normale gratuitamente”.
‘Insistiamo per continuare l’istruzione degli studenti’
Molti vedono la distruzione della vita accademica a Gaza come parte dell’obiettivo di Israele di assicurarsi che i palestinesi non abbiano un futuro nella Striscia. Secondo Abd El Atei, “l’esercito sta cercando di distruggere tutti gli aspetti della vita nella Striscia di Gaza, rendendola inabitabile e spingendo i suoi residenti a migrare nei Paesi europei”.
Per il Dottor Ali Abu Saada, Direttore Generale dell’Istruzione Superiore presso il Ministero dell’Istruzione di Gaza, l’attacco alle istituzioni scolastiche è “parte del tentativo di privare i palestinesi di componenti essenziali della loro vita: pensiero, cultura e istruzione”. Sebbene le strutture universitarie possano essere ricostruite dopo la guerra, Abu Saada ritiene che Israele intenda inviare il messaggio che i palestinesi dovranno affrontare un futuro senza “nessun posto per l’istruzione e nessun professore che insegni – una realtà che contribuisce ad accelerare la migrazione, che è ciò che l’occupante cerca”.
Nonostante i danni, i palestinesi di Gaza stanno ancora cercando di continuare a insegnare e imparare. La Al-Azhar University ha diramato una dichiarazione in cui invita gli studenti a continuare i loro semestri a distanza. Al-Wazir, Professore dell’Università, ha dichiarato che questo “è un modo per opporsi alla realtà imposta dalla distruzione delle Università da parte dell’esercito israeliano – in modo che gli studenti non perdano l’anno accademico”.
Il Dottor Muhammad Hamdan, Direttore delle Relazioni Pubbliche dell’Al-Aqsa University, conferma che la maggior parte delle Università della Striscia di Gaza sono tornate all’apprendimento a distanza, “come un modo per ribadire l’importanza di continuare la formazione degli studenti”. Ad Al-Aqsa, la maggior parte delle lezioni a distanza si concentra su argomenti più teorici, per i quali sono disponibili lezioni sulla piattaforma didattica online dell’Università. Diversi docenti fuori Gaza, aggiunge Hamdan, supervisionano questa piattaforma e tengono nuove lezioni a distanza, se necessario.
L’apprendimento a distanza durante la guerra, tuttavia, non può svolgersi con costanza. Ayman Safi, studente al terzo anno di informatica ad Al-Azhar, si è iscritto ai corsi online della sua Università non appena sono stati resi disponibili. Ma, come ha raccontato a +972, per scaricare “il materiale accademico dalla piattaforma al portatile o al cellulare, compresi i libri di testo, è necessaria una connessione internet forte”, e lui è costretto a percorrere più di quattro chilometri per trovarne una sufficiente.
“Cerco di studiare durante la notte”, ha detto Safi, che si prepara per gli esami di metà semestre, “perché durante il giorno ho molti altri doveri: provvedere all’acqua e alla legna da ardere [per la mia famiglia], caricare le batterie dei nostri telefoni e computer portatili e accendere il fuoco per preparare il cibo.” Nei giorni di lezione, si sveglia presto per soddisfare I bisogni della famiglia, prima di mettersi alla ricerca della connessione internet. Ma ammette: “Faccio fatica a seguire le lezioni o le informazioni contenute nei libri di testo”. Nonostante ciò, sta “cercando di finire questo anno accademico in ogni modo possibile”.
Le Università di Gaza hanno reso più facile l’iscrizione incrociata tra i diversi Istituti, cosa di cui ha approfittato Majda Mahdi, studentessa di medicina all’Islamic University di Gaza. “Ho perseverato al liceo per studiare medicina, era il mio sogno”, ha detto a +972. Dopo che la sua Università è stata distrutta, ha potuto iscriversi a corsi presso la Cairo University in Egitto e la An-Najah University di Nablus.
Le Università della Cisgiordania, come la An-Najah, con l’aiuto del Ministero dell’Istruzione, hanno aperto le loro porte agli studenti di Gaza per studiare a distanza, e decine di migliaia si sono iscritti per i semestri primaverili ed estivi. Ma mentre i loro edifici sono ancora in piedi, queste Istituzioni hanno dovuto affrontare chiusure e altre difficoltà dal 7 ottobre, mentre l’esercito israeliano e i coloni rendono sempre più difficile per i palestinesi in Cisgiordania muoversi liberamente tra le loro case e scuole.
Per Mahdi, continuare a studiare da una tenda ad Al-Mawasi, a ovest di Khan Younis, si è rivelato quasi impossibile. “Non abbiamo una fonte di elettricità“, ha detto, ‘quindi ogni volta che il mio portatile si scarica, devo portarlo in uno dei punti di ricarica e ci mette del tempo”. Anche quando riesce a riprendere gli studi, però, “è difficile seguire tutte le lezioni e [comunicare] con i docenti via WhatsApp, perché non c’è una connessione internet costante”.
Mahdi spera che questa guerra finisca al più presto e che possa tornare a studiare in presenza, anche se in aule distrutte. “Abbiamo bisogno dell’aiuto dei medici, quindi spero di finire gli studi e di entrare a far parte del personale ospedaliero per poter assistere la mia gente”.
Ma gli effetti della guerra si faranno sentire per gli anni a venire. Secondo il Dottor Wissam Amer, Rettore della Facoltà di Comunicazione e Lingue alla Gaza University, un’intera generazione di studenti, a tutti i livelli di istruzione, ha subito una significativa battuta d’arresto nei suoi progressi. “Ricostruire il sistema educativo a Gaza non è impossibile”, ha detto, ”ma ci vorrà molto tempo. Le università sono state completamente distrutte”.
Il Portavoce dell’IDF ha risposto alla nostra richiesta di commento con la seguente dichiarazione: “L’IDF non prende deliberatamente di mira le istituzioni scolastiche in quanto tali, ma opera esclusivamente per necessità militari. Hamas colloca sistematicamente i suoi operativi e i suoi mezzi militari nel cuore della popolazione civile e conduce i suoi combattimenti dalle infrastrutture civili, comprese le istituzioni scolastiche e le Università. L’edificio della Islamic University di Gaza e i suoi dintorni sono stati utilizzati da Hamas per varie attività militari, sopra e sotto terra, tra cui lo sviluppo e la produzione di armi e l’addestramento del personale di intelligence del braccio militare di Hamas”.
05/08/2024
da Pagine Estere
*Ibtisam Mahdi è una giornalista freelance di Gaza specializzata in reportage su questioni sociali, in particolare su donne e bambini. Collabora anche con le organizzazioni femministe di Gaza per la stesura di rapporti e la comunicazione.