Almeno sette persone che lavoravano per la ong statunitense World Central Kitchen sono state uccise in un raid aereo dell’esercito israeliano. Avvertimento forse non casuale alle Ong sgradite e testimoni scomodi, con l’Unrwa da bandire.
Nuova legge sulla stampa straniera, al primo ministro l’autorità per ordinare la chiusura di media stranieri operativi nel paese che siano ritenuti un pericolo per la sua sicurezza.
Netanyuahu subito: «fermare Al Jazeera, ‘canale terroristico’ che -ha promesso- non trasmetterà più da Israele».
Gaza, uccisi sette operatori umanitari statunitensi
«World Central Kitchen è sconvolta nel confermare che sette membri della nostra squadra sono stati uccisi a Gaza in un attacco dell’Idf», ha comunicato in una nota la Ong di base negli Stati Uniti, aggiungendo che le vittime «provenivano da Australia, Polonia, Regno Unito, un cittadino con doppia nazionalità americana e canadese e un palestinese». Sia World Central Kitchen che un’altra ong, American Near East Refugee Aid (Anera), hanno annunciato la sospensione delle proprie operazioni a Gaza.
Gli angeli nell’inferno di Gaza
«La squadra World Central Kitchen stava viaggiando in una zona senza scontri a bordo di due auto blindate marchiate con il logo WCK» scrive la stessa Ong, sottolineando che «nonostante di aver segnalato e concordato i movimenti con l’Idf, il convoglio è stato colpito mentre lasciava il magazzino di Deir al-Balah, dove la squadra aveva scaricato più di 100 tonnellate di aiuti alimentari umanitari portati a Gaza lungo la rotta marittima».
Dettagli
La ong World Central Kitchen ha sede negli Stati Uniti, si occupa principalmente di fornire assistenza alimentare in posti colpiti da disastri naturali, ed è stata fondata dal noto cuoco ispano-statunitense José Andrés. Tra le altre cose, World Central Kitchen ha fornito il cibo consegnato dalle navi del «corridoio marittimo» di aiuti umanitari per la Striscia di Gaza.
L’esercito, prima ammazza poi ‘esamina’
«In seguito alle notizie riguardanti il personale della World Central Kitchen a Gaza, l’Idf sta conducendo un esame approfondito ai massimi livelli per comprendere le circostanze di questo tragico incidente»: scrive l’esercito israeliano. Poi il troppo che sa di beffa: «L’Idf compie grandi sforzi per consentire la consegna sicura degli aiuti umanitari per fornire cibo e aiuti umanitari alla popolazione di Gaza». Se l’Idf non aiutava, cosa sarebbe accaduto? Già tutti morti per fame?
Stati Uniti, Casa Bianca e reazioni popolari
La Casa Bianca si dice ‘afflitta e profondamente turbata’ ha scritto la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Adrienne Watson, aggiungendo l’ovvio che «gli operatori umanitari devono essere protetti mentre consegnano aiuti di cui c’è un disperato bisogno». Anche rappresentanti dell’Unrwa che Israele vorrebbe fosse sciolta? E altra indagine chiesta a volontari morti. Dall’Australia la rabbia del premier.
L’Eu a seguire
Altra ‘indagine approfondita’ e richiesta Ue, probabilmente neppure archiviata tra la posta ricevuta. Con l’aggiunta dell’attuazione della risoluzione Onu per «un cessate il fuoco immediato, un pieno accesso umanitario», destinata allo stesso archivio del cestino dove sono finite le decidi di risoluzioni delle Nazioni Unite sulla creazione dello Stato palestinese.
Nella ’post democrazia’ che governa Israele, la stampa
Lunedì il parlamento israeliano ha approvato una legge che dà al primo ministro e al ministro delle Comunicazioni l’autorità di chiudere emittenti o media stranieri operativi nel paese ritenuti un pericolo per la sua sicurezza. Diciamo sgraditi, che è più corretto. La legge è rivolta in particolare contro Al Jazeera, emittente araba, uno dei più importanti network di informazione al mondo, con sede in Qatar
Netanyahu a rompere col mondo arabo
La legge approvata alla nostra ‘pasquetta’ dalla Knesset, il parlamento israeliano con larga maggioranza, e subito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha detto che «intende agire immediatamente nel rispetto della nuova legge per fermare l’attività di Al Jazeera». Netanyahu lo ha definito un «canale terroristico e ha promesso che non trasmetterà più da Israele».
L’ultimo testimone internazionale a Gaza
Al Jazeera è uno dei pochi media internazionali rimasti operativi nella Striscia di Gaza, da cui documenta le feroci operazione militare dell’esercito israeliano. Con Netanyahu ormai ‘fuori tutto’, ora l’accusa di aver «partecipando attivamente al massacro del 7 ottobre, e fomentato l’odio contro i soldati israeliani». Demenzialità totali, e offese diplomatiche che fanno il paio con quelle contro l’agenzia Onu di aiuto ai profughi palestinesi.
Conati d’odio
Israele ha da tempo rapporti tesi con il canale qatariota. Le tensioni erano aumentate nel 2022 a causa della morte della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh, uccisa da un soldato israeliano mentre stava seguendo un’operazione in un campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Per l’omicidio di Abu Akleh il canale ha denunciato Israele alla Corte penale internazionale.
Qatar, ultimi frantumi del patto d’Abramo
Al Jazeera non è l’unica emittente straniera attiva in Israele che rischia di chiudere per via della nuova legge, che peraltro potrebbe creare tensioni anche con il Qatar, uno dei paesi che stanno agendo come intermediari nel conflitto con Hamas: da cinque mesi Israele promette che avrebbe bloccato anche il canale televisivo libanese filoiraniano Al Mayadeen.
Committee to Protect Journalists
Secondo il Committee to Protect Journalists, un’organizzazione indipendente con sede a New York che difende la libertà di stampa e i diritti dei giornalisti nel mondo, la nuova legge israeliana «è una minaccia significativa per i media internazionali, che contribuisce al clima di autocensura e ostilità nei confronti della stampa che «dall’inizio della guerra tra Israele e Gaza si è intensificato».
03/04/2024
da Remocontro