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La Flotilla è ripartita. La delegazione italiana resta a bordo, Tajani: “Sanno quali sono i rischi”. Poi l’ipotesi corridoi umanitari

La Flotilla è ripartita. La delegazione italiana resta a bordo, Tajani: “Sanno quali sono i rischi”. Poi l’ipotesi corridoi umanitari

Politica italiana

27/09/2025

da il Fatto Quotidiano

Redazione

L'accusa dei concittadini in missione verso Gaza: "Il ministero degli Esteri ha inviato un comunicato ai familiari dei partecipanti italiani alla missione, affermando che alcuna protezione verrà garantita in caso di attacco di Israele: un atto di sabotaggio gravissimo"

La barche della Sumud Flotilla hanno ripreso la rotta verso Gaza, nonostante i guasti, alcune defezioni, gli attacchi di Israele e gli appelli a desistere. Il tutto in una giornata in cui le interlocuzioni tra la delegazione italiana degli attivisti e il governo si fanno sempre più fitte e proseguiranno anche nelle prossime ore. La portavoce, Maria Elena Delia, appena rientrata in Italia, ha sentito al telefono il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Poi ha ribadito: “Andiamo avanti, ma c’è disponibilità a lavorare a una soluzione per un corridoio permanente di aiuti a Gaza”. Il titolare della Farnesina ha risposto sconsigliando ancora di forzare il blocco perché “è pericoloso”. Lo stesso ministro ha informato poi la premier Meloni sul contenuto della conversazione. Il governo da parte sua – ha anche spiegato Tajani in tv – “continuerà a chiedere Israele di tutelare le persone” nelle imbarcazioni. Ed è certo che neppure Frontex garantirà la sicurezza degli attivisti, come ha chiarito l’agenzia di controllo delle frontiere europee.

Il piano B è sempre Pizzaballa

Per il governo l’opzione principale sul tavolo resta l’intervento del Patriarcato latino di Gerusalemme, che prevede l’arrivo della flotta a Cipro, da cui lo stesso patriarca Pierbattista Pizzaballa garantirebbe il trasferimento dei carichi di cibo nella Striscia attraverso il porto di Ashdod in Israele, passando poi per il corridoio aperto dalle Misericordie Amalthea. Al momento sembra difficile che questa proposta venga accolta, così com’è, dalla Flotilla. La portavoce Delia, che ha manifestato una maggiore propensione ad una mediazione anche dopo gli appelli del presidente della Repubblica Mattarella, ha auspicato “che si possa individuare rapidamente una soluzione che tenga conto tanto della gravissima emergenza umanitaria quanto della necessità di ripristinare la legalità internazionale“. Non a caso sarà a Roma, viene riferito, per “consultazioni con i leader politici e i ministri competenti”. La mano resta tesa anche dal numero uno della Farnesina, che però ha precisato: “Noi abbiamo detto quali sono i rischi e i pericoli. Fino a che noi possiamo fare qualcosa per scongiurare rischi per i cittadini italiani, lo facciamo. Se poi entrano dentro, li assisteremo là. La nave militare non gli fa la scorta, questa è l’unica cosa certa”, dice Tajani alludendo agli attacchi con i droni ricevuti dalla flotta in acque internazionali qualche giorno fa e al rischio che e ce ne siano altri più duri e pericolosi. Quell’episodio ha portato all’invio, da parte del ministro della Difesa Guido Crosetto, di una nave della Marina militare che segue a distanza le imbarcazioni per eventuali soccorsi.

La rotta alternativa

Un percorso alternativo che troverebbe maggiore convergenza da parte degli attivisti sarebbe la possibilità di arrivare in Egitto sfiorando le acque territoriali israeliane, dunque raggiungendo la costa a poca distanza dalla Striscia. A quel punto gli aiuti verrebbero scaricati a terra per essere trasportati dai camion verso Gaza, con altre organizzazioni che già operano sul territorio palestinese: questo comporterebbe un’apertura almeno temporanea di uno dei corridoi umanitari attraverso il valico di Rafah. “Se questo accadesse sarebbe una cosa rivoluzionaria“, ha commentato qualcuno dell’equipaggio. Resta come ultima ratio l’ipotesi di una sorta filtro in mare con le navi di vari Paesi europei davanti alle acque israeliane, che punterebbero ad evitare il passaggio della Flotilla: un’eventualità ritenuta comunque lontana e molto pericolosa, visti i rischi di collisione con le imbarcazioni. E Frontex, rispondendo alle richieste di alcuni parlamentari dell’Unione che avevano scritto a Ursula von der Leyen per chiederne un intervento, ha già chiarito: “Siamo un’agenzia di controllo delle frontiere europee, un’organizzazione civile, non militare. Non abbiamo la capacità di fornire protezione o scorta”. Intanto la Flotilla è ripartita virando a sud, per evitare una tormenta a est di Creta. “Nonostante i sabotaggi la missione continua. La delegazione italiana presente a bordo è composta da circa 50 persone – sottolineano gli attivisti – di cui circa quaranta sono rimaste a bordo e le rimanenti hanno legittimamente deciso di tornare in Italia per proseguire l’attività insieme all’equipaggio di terra”.

Accuse alla Farnesina

Nel pomeriggio dalla delegazione italiana è partita un’accusa dura al ministero degli Esteri: “La missione è complessa e delicata – hanno scritto – Le imbarcazioni sono state più volte attaccate da droni militari, il governo israeliano minaccia attacchi da settimane, il livello di stress a cui sono sottoposte le persone a bordo è rilevante. A questo – si legge ancora – si aggiunge che ieri la Farnesina ha inviato un comunicato ai familiari dei partecipanti italiani alla missione, affermando che alcuna protezione verrà garantita in caso di attacco di Israele: un atto di sabotaggio gravissimo“. Non solo: “Per queste ragioni, oltre che per altre di natura personale, è assolutamente legittimo considerare il fatto di fermarsi sulla terraferma”. Gli attivisti inoltre hanno fatto sapere che “ridurre la Global Sumud Flotilla al solo scopo (seppur importantissimo) della consegna degli aiuti umanitari è strumentale al boicottaggio della missione, e quindi all’ennesimo sostegno alle illegalità di Israele. Fin dall’inizio – hanno spiegato – l’attenzione massima della Global Sumud Flotilla è stata rivolta al blocco navale – illegale dal 2007 – di Israele a largo di Gaza, sull’assedio alla popolazione palestinese, sull’occupazione coloniale, sul genocidio che ogni giorno, anche mentre scriviamo, genera sofferenza, fame, distruzione e morte per due milioni di persone”. “La delegazione italiana – hanno concluso – continua la navigazione insieme al resto della flotta internazionale verso est. All eyes on Gaza”.

La nave più importante non può ripartire

La ripartenza della Flotilla verso Gaza, tuttavia, è contraddistinta anche da una notizia non buona per la missione: “La Family Boat ha subito un guasto catastrofico al motore e non può più proseguire” ha scritto su Telegram la Global Sumud Flotilla. La Family Boat è la nave di 35 metri che ha già resistito ad attacchi di droni con ordigni incendiari nelle acque tunisine e ha superato continue difficoltà burocratiche. Nonostante lo stop all’imbarcazione più importante, però, i responsabili dell’iniziativa hanno fatto sapere che “la nostra missione è incrollabile. Ci stiamo adattando immediatamente, riassegnando il coordinamento della nostra flotta e assicurandoci di continuare la nostra missione urgente. L’invasione completa di Gaza City – hanno fatto sapere – continua a una velocità incessante e la nostra necessità di agire non è mai stata così grande. Andiamo avanti – hanno concluso – portando con noi tutti gli aiuti che possiamo, tutte le persone che possiamo e i cuori e le menti delle maggioranze sociali del mondo. Non ci arrenderemo mai”.

Altre navi da Catania verso Gaza

Alla defezione della Family Boat, però, fa da contraltare l’arrivo di altre imbarcazioni. La pioggia battente che cade su Catania infatti non ha fermato gli organizzatori delle due nuove flotte, una decina di barche, due al porticciolo di San Giovanni Li Cuti e le altre in rada, che si preparano a prendere il mare per Gaza. Sono quelle organizzate da Thousand Madleens to Gaza & Freedom Flotilla Coalition, che, meteo permettendo, dovrebbe salpare prima di sera dal capoluogo etneo. La flotta, hanno spiegato gli organizzatori delle due nuove flottiglie, partirà per “sfidare il blocco illegale imposto da Israele a Gaza ed esporre i sistemi che rendono possibili i suoi crimini di guerra”. “Navigheremo – dicono – perché le potenze mondiali consentono l’assedio illegale di Gaza da parte di Israele. Navigheremo per romperlo, per smascherare i sistemi che sostengono i crimini di guerra di Israele, e per affermare i diritti del popolo palestinese”. Thousand Madleens to Gaza e Global Sumud sono “iniziative alleate e in contatto quotidiano” hanno spiegato gli organizzatori. “Navighiamo al loro fianco – hanno aggiunto – ma non aspetteranno che ci uniamo a loro in mare. Alcune imbarcazioni del Gsf, in particolare la Conscience, si uniranno alle Thousand Madleens in mare”. Le imbarcazioni per la “maggior parte, trasportano forniture mediche, cibo secco e materiale scolastico, poiché queste sono state segnalate come alcune delle principali priorità dai palestinesi sul campo”. “Siamo pronti a partire – hanno annunciato in conferenza stampa – e non finiremo fino a quando la Palestina, vittima di attacchi senza precedenti, non sarà libera. Con noi i cittadini del mondo che finalmente si stanno ribellando e lottano, con azioni non violente, per la liberazione del popolo palestinese”.

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