Con l’aumento dell’inflazione e la stagnazione dei salari, i discount sono ormai diventati un punto di riferimento per moltissimi consumatori costretti ogni mese a far quadrare i bilanci familiari al centesimo.
Ma dietro alle offerte di questi supermercati a buon mercato che spesso vendono a prezzi concorrenziali e talvolta sottocosto spesso si nasconde anche la compressione dei costi che impatta – è la denuncia dei lavoratori – soprattutto su stipendi e condizioni di lavoro di chi opera nei punti vendita. E insomma, specialmente nell’ultimo anno, in queste realtà i fatturati sono esplosi, ma a questo non è corrisposto affatto un miglioramento delle condizioni per i dipendenti. Anzi.
Le segnalazioni arrivano da diverse realtà di questo settore (anche se non tutte le aziende si comportano alla stessa maniera): turni massacranti, spesso comunicati con preavvisi di pochi giorni, assunzioni e turnazioni di personale ridotte all’osso, punti vendita che vanno avanti con il minore impiego possibile di dipendenti, grandissimo ricorso a contratti stage o contratti part-time a tempo determinato con clausole di flessibilità che costringono i precari a firmare assunzioni a 24/30 ore a settimana per poi accettare richieste di straordinario continue che fanno lievitare oltremodo il monte orario e di fatto impediscono al lavoratore di poter avere un equilibrio tra vita privata e lavoro. Queste le caratteristiche principali più volte denunciate nel corso degli anni dai lavoratori del comparto e dalle rappresentanze sindacali attive nel settore.
In Eurospin, forse uno dei discount italiani più noti, i sindacati hanno promosso un grande sciopero nell’agosto del 2022, mettendo in rilievo le pessime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti molti dipendenti della grande catena, puntando il dito soprattutto sulle richieste dei direttori di filiale volte ad aumentare il più possibile il tasso di produttività del punto vendita per risultare competitivi agli occhi dell’azienda madre, a scapito dei dipendenti assunti. Un modello che sembra non essere caratteristica esclusiva di Eurospin ma anche di molte altre realtà simili.
“Ho lavorato come stagista in un punto vendita Eurospin del Lazio e ho lavorato come se fossi un dipendente vero e proprio e non un tirocinante che doveva stare in negozio per imparare. Non mi vergogno a dire che sono stato trattato come uno schiavo, pretese assurde in cambio di un rimborso spese che non permette nemmeno un’indipendenza economica – spiega Ernesto (nome di fantasia, ndr) a Ilfattoquotidiano.it. “Ho lavorato anche 8 ore di fila senza nemmeno una piccola pausa per mangiare, questo era praticamente la regola. Siamo troppo pochi per poter lavorare a ritmi umani. Se le condizioni per un lavoratore assunto sono pessime, per chi è stagista davvero si possono definire da sfruttamento”.
Non va meglio in Penny Market, altro noto discount diffuso in tutto il Paese. “Ho lavorato per mesi come direttore di filiale e ho potuto toccare con mano le tante incongruenze di questa azienda. Il mio contratto, come quello di tutti i direttori, prevede lo straordinario forfettario che però non va di certo a favore del lavoratore”, racconta Alfonso (altro nome di fantasia, ndr). “Quando firmi non sai a cosa stai andando incontro, quante ore dovrai fare davvero. Finisci per vivere in azienda. Le ore di straordinario puntualmente ogni settimana devono essere suddivise per i membri dello staff di negozio e il problema è che ci sono troppe poche persone per coprire in modo corretto le ore di apertura del punto vendita. Quindi per poter arrivare a coprire tutte le ore, il direttore si sobbarca tutte quelle che i dipendenti assunti in quel punto vendita non possono fare. Per aver messo in rilievo queste storture sono stato messo in punizione e mandato in un altro negozio, ho subito comportamenti ai limiti del mobbing. Nel negozio dove sono inviato in seconda istanza ho visto il responsabile obbligare i membri del team a timbrare la fine del proprio turno alle 21 per poi intrattenersi nel negozio fino alle ore 22/22:30 per sistemare tutto ciò che non era stato possibile sistemare durante il turno. E questa è praticamente prassi, non un caso”.
Margherita lavora in In’s da oltre 20 anni e in questi decenni ha potuto toccare con mano le varie evoluzioni del discount di proprietà del gruppo Pam Panorama: “Siamo messi decisamente peggio rispetto ai colleghi di Pam Panorama. Si fa credere che i punti vendita siano gestiti da titolari, ma la realtà è che i gestori sono tutti lavoratori dipendenti vincolati a quelle che sono le decisioni aziendali. Lavorano in costante situazione di mancanza di personale, dovendo coprire con il loro lavoro le ore che mancano al raggiungimento delle coperture prefissate, arrivando a fare anche 12 ore al giorno. Nei punti vendita il personale è ridotto all’osso, ci sono addirittura negozi con soli due dipendenti assunti con contratti part-time da 18/20 ore a settimana e il resto lo copre il gestore”, racconta. Il Ccnl applicato da In’s è il Dmo di Federdistribuzione: “Prima avevamo quello del commercio, ora questo, che è peggiorativo rispetto al precedente. Certo, siamo anche fortunati a non essere incappati in un contratto pirata, vista la situazione che c’è in giro”.
A differenza di altre realtà, in In’s i supplementari e gli straordinari vengono retribuiti ai dipendenti part-time: “II supplementare viene pagato il 35% in più, lo straordinario oltre le 40 ore il 15% ma il punto è che conviene fare così sia perché in questo modo l’azienda si garantisce una buona flessibilità sia perché contributi e gli elementi accessori vengono calcolati sul monte orario da contratto part-time non su quello realmente lavorato”.
“Devi sempre essere disposto a fare sempre straordinari, arrivando a lavorare anche 45/50 ore a settimana. I tirocinanti sono un altro tassello della compressione dei costi, è lavoro dipendente mascherato e molto conveniente: non si versa nulla, c’è solo il rimborso spese e nessun contributo. Dopo lo stage di solito fanno contratti a tempo determinato con i vari rinnovi per poi proporre l’apprendistato inquadrato due livelli in meno, ma a questi apprendisti vengono chieste le stesse cose che vengono chieste a un lavoratore non apprendista. Ci sono punti vendita portati avanti dagli apprendisti, che gestiscono ordini e burocrazia in tutto e per tutto, e punti vendita in cui gli apprendisti fanno da tutor agli stagisti. E’ un qualcosa di paradossale. Il dipendente deve praticamente fare tutto, dal cassiere al contabile alle pulizie, non esistono mansioni. Vieni assunto come addetto alle operazioni ma sei un tuttofare. Forse sarebbe bene iniziare a far sapere ai consumatori che cosa si cela dietro il modello di business di questi discount: il contenimento dei costi ad ogni costo sulle spalle dei lavoratori”, conclude Margherita.
24/12/2023
da Il Fatto Quotidiano