Novant’anni fa in Francia. Nel 1934 il paese sembrò soccombere dinanzi alle destre, ma il Fronte popolare vinse le elezioni del 1936 mantenendosi al governo fino al 1938. Seguirono la disfatta militare del giugno 1940, l’occupazione nazista e la pagina nera del collaborazionismo durante la repubblica di Vichy. Il riscatto nazionale cominciò quando un generale semisconosciuto che si chiamava Charles de Gaulle lanciò da Radio Londra un appello a continuare la lotta e a resistere. Dopo lo sbarco in Normandia, 50 anni fa, Parigi fu liberata il 25 agosto 1944 e il fascismo francese fu sconfitto pochi mesi dopo con una rinata unità nazionale.
Il governo del Fronte popolare 1936, In copertina, dipinto di Maximilian Luce
1934-1944: decennio orribile nella storia della Francia
Scandali finanziari e cronaca nera. Il 1934 in Francia si aprì con la notizia del suicido del finanziere di origine russa Serge-Alexandre Stavisky: accusato di una truffa di mezzo miliardo di franchi del tempo (grossomodo centinaia di milioni di euro attuali) per aver emesso dei titoli falsi, ‘raccomandati’ però da autorevoli personalità di governo. Stavisky era fuggito da Parigi in uno chalet in Savoia dove fu trovato morto dalla polizia l’8 gennaio: fu subito evidente che – senza protezioni politiche – lo spregiudicato finanziere non avrebbe potuto arrivare a tanto e scoppiarono furibonde polemiche che sarebbero sfociate in gravi disordini.
Da tempo inoltre l’opinione pubblica, spaccandosi in tifoserie contrapposte, dibatteva morbosamente casi di cronaca nera eclatanti: due anziane sorelle erano state assassinate dalla governante, Violette Nózieres aveva ucciso il padre e ferito gravemente la madre per impossessarsi del patrimonio, e una personalità in vista come madame Germaine de Anglemont aveva eliminato l’amante a revolverate. Nel frattempo a Parigi era stata scoperta perfino una rete spionistica a favore dell’Unione Sovietica che coinvolgeva addirittura un crittografo della marina militare e in breve tempo i toni della stampa soprattutto di destra passarono dalla critica petulante anti governativa all’aggressività più aperta alimentando l’estremismo.
Il Fronte popolare
Un mese dopo il suicidio di Stavisky, il 6 febbraio, a Parigi scoppiarono violenti disordini durante i quali fu tentato anche l’assalto del parlamento. Oltre a varie organizzazioni di ex combattenti, comparvero in piazza migliaia di militanti di estrema destra del movimento filo-nazista e antisemita delle «Crois-de-feu» (croci di fuoco) del colonnello de la Roque: alla fine si contarono ventisette morti e circa millecinquecento feriti. La maggioranza parlamentare si sfaldò e seguì la consueta precarietà dei governi della III Repubblica.
Ma il 14 luglio 1935, anniversario della presa della Bastiglia, tre politici francesi annunciarono una svolta facendosi fotografare insieme: si trattava del radicale Édouard Daladier, del socialista Léon Blum e del comunista Maurice Thorez. Paul Reynaud – che sarebbe diventato più tardi presidente del consiglio – scrisse nelle memorie che Thorez cercò di assumere un atteggiamento tranquillizzante, Daladier rimase malinconico come al solito e solo Blum alzò il braccio nel ‘pugno chiuso’.
Il Fronte popolare – che pure ebbe vita breve – introdusse però una legge che concedeva due settimane di ferie ‘pagate’ e la regolamentazione dei contratti collettivi di lavoro, ma votò anche la nazionalizzazione dell’industria degli armamenti. Il governo del Fronte fu tuttavia debole sul piano internazionale: l’Italia fascista completò l’occupazione dell’Etiopia e in Spagna i franchisti ebbero la meglio sulla repubblica democratica, indubbiamente circostanze difficili.
La disfatta e il regime di Vichy
Sulla base dell’accordo con l’Inghilterra che prevedeva un intervento a favore della Polonia qualora fosse stata attaccata, la Francia dichiarò guerra alla Germania nel settembre 1939. Inoltre, poiché l’Unione Sovietica e la Germania avevano sottoscritto il patto di non aggressione, approfittando dello stato di guerra, il governo di Édouard Daladier sciolse il partito comunista cancellando con un colpo di spugna la passata collaborazione al governo.
Per mesi al fronte si combatté «la drôle de guerre» (la strana guerra) in cui francesi e inglesi da una parte e tedeschi dall’altra si scrutarono dalle rispettive posizioni separate dalla linea Maginot senza però intraprendere iniziative. A maggio 1940 un potente attacco tedesco mise in ginocchio la Francia in tre settimane: sfaldato anche l’ultimo governo di Paul Reynaud, un gruppo di parlamentari – in parte disorientati e in parte mossi dall’astio nei confronti dell’effimera esperienza del Fronte popolare, quanto in realtà ostili nei confronti della debole III Repubblica – votò i pieni poteri a Philippe Petain.
Nasceva così nella cittadina termale di Vichy un regime collaborazionista che scese a patti con i tedeschi e soprattutto perseguitò ferocemente gli ebrei francesi (e non solo) riesumando argomentazioni che risalivano all’ondata antisemita manifestatasi ai tempi della vicenda di Dreyfus.
Resistenza e Liberazione
Alla repubblica di Vichy aderirono in gran numero i militanti delle leghe di destra responsabili dei disordini del 1934, ma non furono i soli perché anche ampi settori dell’amministrazione, dell’esercito e della politica, che si erano sentiti emarginati durante i governi del Fronte popolare, sostennero attivamente Petain. In Inghilterra, a rappresentare la Francia repubblicana che in ogni caso non si sentiva sconfitta e voleva continuare la guerra contro la Germania, rimase solo de Gaulle, guardato tuttavia con un certo sospetto prima da Churchill e poi anche da Roosevelt.
A partire dal giugno 1941, dopo l’attacco tedesco all’Unione Sovietica, cambiò anche il ruolo del partito comunista francese che iniziò a prendere parte attivamente alla resistenza sotto la guida di de Gaulle che con determinazione continuò a rappresentare la Francia repubblicana.
Per comprendere l’atteggiamento del generale, è illuminante un episodio avvenuto nelle ore della Liberazione di Parigi il 25 luglio 1944: dopo la sfilata sotto l’Arco di trionfo, all’esortazione dei presenti a proclamare ‘la repubblica’, de Gaulle rispose semplicemente che la repubblica c’era sempre stata. Alcuni osservarono che de Gaulle non aveva completato la frase e probabilmente avrebbe voluto dire che nei momenti più difficili, la repubblica era lui.