ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

La lotta di Aisha e delle donne d'Africa per la terra che coltivano

La lotta di Aisha e delle donne d'Africa per la terra che coltivano

Racconti di vita vissuta

31/08/2025

da Avvenire

Producono l’80% del cibo nel Continente, mantengono le famiglie e proteggono il territorio. Eppure possiedono meno del 15% dei terreni terre: chi sono le contadine che chiedono diritti fondiari

In un pomeriggio polveroso nello Stato di Benue, in Nigeria, Aisha Usma è inginocchiata nel suo campo di ignami, con le mani incrostate di terra secca e friabile. Alza lo sguardo verso il cielo senza nuvole, alla ricerca di una pioggia che non arriva mai. «La pioggia non cade più come una volta», dice, spazzando via lo sporco dalla gonna. «Senza pioggia, non possiamo raccogliere ignami di buona qualità. Stiamo facendo fatica». La lotta di Aisha è condivisa da milioni di donne in tutta l’Africa, le mani invisibili che coltivano fino all’80% del cibo del continente. Eppure, nonostante il loro ruolo fondamentale, le donne possiedono meno del 15% della terra (fonte Banca Mondiale). È una crudele ironia: le persone maggiormente responsabili di nutrire l’Africa sono spesso quelle con meno potere di controllare la terra su cui lavorano. E con l'accelerazione dei cambiamenti climatici, questa iniquità sta diventando ancora più pericolosa.

In Kenya, Tanzania, Nigeria e in altriPaesi, le contadine devono affrontare una triplice minaccia: condizioni meteorologiche irregolari, crescente insicurezza e barriere sistemiche alla proprietà della terra. Più di 140 milioni di africani sono sull'orlo di una grave insicurezza alimentare (fonte Programma alimentare mondiale). Solo in Kenya, 5,4 milioni di persone sono a rischio di fame a causa di siccità e inondazioni incessanti. Nel frattempo, le contadine come Aisha non solo stanno combattendo la siccità, ma anche l’aumento della violenza e gli sfollamenti. «Quando le piogge non arrivano, sono le donne che camminano per chilometri per trovare cibo e acqua per la famiglia», dice Esther Khavere, un'agricoltrice del Kenya rurale. La lotta è incessante. Ma le donne africane stanno reagendo e piantando semi di speranza che potrebbero trasformare il futuro del continente.

I semi del cambiamento

Al centro della crisi c'è la terra: chi la possiede, chi la controlla e chi ne è escluso. «La terra è una parte importante del problema», afferma Felista Makini, vicedirettrice generale per le colture presso l'Organizzazione per la ricerca agricola e zootecnica del Kenya (KALRO). «Se le donne non possono possedere la terra, non possono nemmeno controllare la produzione, adattarsi ai cambiamenti climatici o nutrire le comunità».

Il legame è chiaro: le ricerche dimostrano che garantire alle donne diritti fondiari aumenta la resa agricola del 20-30%, riduce l’insicurezza alimentare e rafforza la resilienza agli choc climatici (fonte FAO). In Nigeria, un solo acro di terra in più può ridurre del 16% l’insicurezza alimentare delle famiglie con a capo una donna. Tuttavia, in molti Paesi africani, usanze obsolete e lacune giuridiche continuano a impedire alle donne di possedere la terra a titolo definitivo. In Togo, oltre il 60% delle donne rurali non gode ancora di diritti fondiari sicuri (fonte UN Women). In Tanzania, le donne Maasai sono state a lungo escluse dalla gestione del bestiame, tradizionalmente considerata un dominio maschile. Ma queste antiche barriere stanno iniziando a incrinarsi, grazie alle donne che si rifiutano di attendere oltre.

Happy Longei ricorda quando alle donne Maasai era richiesto di rimanere in silenzio nelle discussioni sulla terra e sul bestiame. Oggi fa parte della Cooperativa Nareto, un’iniziativa guidata da donne che sta riscrivendo le regole. «Dicevano che le donne non potevano gestire le mucche o le attività legate al latte - dice Happy, con un sorriso di sfida -. Abbiamo dimostrato che si sbagliavano». Attraverso la cooperativa, le donne Maasai si sono assicurate pascoli comuni, hanno costruito centri di raccolta del latte e si sono diversificate nell’apicoltura e nelle casse di risparmio dei villaggi (Vicoba). «Con il reddito che ne ricaviamo, mandiamo le nostre figlie a scuola», dice Yasinta Tango, un'altra imprenditrice Maasai. In tutta la Tanzania, 127 villaggi sono ora coinvolti in programmi di gestione dei pascoli che danno priorità alla leadership delle donne e alle tecniche climaticamente intelligenti. Nel frattempo, nelle pianure aride della Nigeria settentrionale, Aisha e altri coltivatori di ignami stanno combattendo su due fronti: adattarsi al clima instabile e chiedere contratti di affitto sicuri ai governanti tradizionali. Stanno costruendo sistemi di raccolta dell'acqua piovana, diversificando le colture e piantando ignami resistenti alla siccità. «Abbiamo bisogno di sostegno per coltivare meglio: semi, trattori e pace», afferma Aisha.

 

Una giovane africana impegnata in agricoltura: sono le donne a trainare la modernizzazione del settore, nonostante solo il 15% di loro possieda la terra

Una giovane africana impegnata in agricoltura: sono le donne a trainare la modernizzazione del settore, nonostante solo il 15% di loro possieda la terra - AWJP

Mentre il cambiamento climatico stringe la morsa sui terreni agricoli del Senegal, donne come Fatimata Sall credono che la resilienza inizi con la sicurezza della proprietà terriera. «Se avessi della terra per coltivare foraggio, la mia vita sarebbe molto diversa», afferma, immaginando le donne come motori di una crescita sostenibile piuttosto che semplici sopravvissute. Oggi, nel Paese solo il 15,2% delle donne ha accesso alla terra agricola, per lo più senza titoli formali, alimentando richieste urgenti di cambiamento. Attiviste come Aïda Cissé della Rete Nazionale delle Donne Rurali stanno spingendo per l'introduzione di quote legislative che assegnino una percentuale fissa di terra alle donne. Il successo del Ruanda, con la titolarità congiunta della terra, che ha consentito alle donne di guidare un’agricoltura climaticamente intelligente, offre un modello. «La consapevolezza è migliorata», osserva Cissé. Garantire i diritti delle donne sulla terra consentirebbe di investire nel ripristino del suolo, in un migliore adattamento alla siccità e nella crescita sostenibile del bestiame, rafforzando la sicurezza alimentare e costruendo un Senegal più resiliente e prospero. Nella città costiera senegalese di Kayar, le donne che praticano l'agricoltura biologica stanno dimostrando che piccoli appezzamenti di terreno, se coltivati correttamente, possono produrre non solo cibo ma anche opportunità. I loro prodotti riempiono i mercati locali, pagano le tasse scolastiche e mantengono le famiglie, il tutto mentre rivitalizzano la terra.

Il cambiamento sta germogliando non solo nei campi, ma anche nei teatri e nelle piazze. In Malawi, gruppi artistici utilizzano la danza e il teatro per stimolare il dibattito sui diritti delle donne alla terra. I loro slogan – “La mia terra, il mio diritto” – sono accattivanti, audaci e potenti, e alimentano discussioni che un tempo sembravano tabù.

In Burkina Faso, Baniyala Tankoano è fuggita dal conflitto con i suoi sette figli. Ma invece di cedere alla disperazione, si è dedicata all'agroforestazione. Al centro di formazione Tin-Ba ha imparato a coltivare ortaggi e alberi da frutto, trasformando due ettari di terra polverosa in una fiorente fattoria. «All'inizio è stata dura», ammette Baniyala. «Ma grazie alla formazione, ora posso prendermi cura della mia famiglia e aiutare gli altri».

Storie di successo

In tutta l'Africa, storie di successo come queste si stanno moltiplicando, sfidando le narrazioni obsolete sulle donne e la terra. «Quando le donne possiedono la terra, coltivano più del semplice cibo: coltivano sicurezza, opportunità e dignità», afferma la professoressa Ruth Oniang'o, voce autorevole in materia di sicurezza alimentare e uguaglianza di genere. L’Africa si trova a un bivio. Gli choc climatici si stanno intensificando. I conflitti per la terra si stanno aggravando. E l’insicurezza alimentare sta diventando una minaccia sempre più imminente. Ma la risposta sta già crescendo nei campi della Nigeria, nelle cooperative della Tanzania, nei mercati del Senegal e nei cuori di donne come Aisha, Happy e Baniyala. «La terra è la nostra vita - afferma semplicemente Aisha -. Senza terra, non possiamo nutrire i nostri figli». Gli esperti concordano: garantire i diritti delle donne sulla terra è una delle soluzioni più potenti, ma anche più trascurate, per costruire un'Africa resiliente e sicura dal punto di vista alimentare. La Banca Mondiale la definisce una potenziale “svolta epocale”.

La ricerca dimostra che la parità di accesso alla terra e alle risorse agricole potrebbe ridurre la fame nel mondo fino al 17%. I governi stanno iniziando ad agire, con riforme agrarie in corso in Ghana, Benin, Togo, Kenya e Tanzania. Ma una vera trasformazione richiede più che nuove leggi. Richiede un cambiamento di mentalità, lo smantellamento delle tradizioni patriarcali e investimenti diretti nelle donne contadine come agenti di cambiamento. Perché quando le donne controllano la terra, il raccolto sfama tutti. Come dice Aisha Usma, guardando il suo campo di ignami secco ma ostinatamente pieno di speranza: «Noi siamo le guardiane della terra. Dateci gli strumenti e noi coltiveremo il futuro!».

share