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La morte a punti nei cantieri

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LAVORO. Morti sul lavoro. Analisi di un provvedimento propagandistico del governo: la patente a crediti. Dai sopralluoghi preannunciati all'idea che la vita si misuri con i punti

«Ci preoccupano soprattutto i controlli a sorpresa degli ispettori del lavoro; gli imprenditori esigono che l’ispezione nei loro stabilimenti sia preannunciata». Così i padroni dell’impero Austro-ungarico si lamentavano nel 1910 con Franz Kafka, ispettore dell’Istituto di Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro del Regno di Boemia.

Nella Repubblica italiana governata da Giorgia Meloni, anno domini 2024, questa richiesta è stata finalmente accolta e messa nero su bianco nel Decreto Legislativo 103 del 12.07.2024. Un provvedimento seguente a ruota il tanto fumo e poco arrosto della «patente a crediti», spacciata come forma di miglioramento della qualificazione imprenditoriale ma con tali e tante dilazioni, immoralità e incongruenze con le norme vigenti da risultare complessivamente di ben poca utilità a ridurre gli infortuni. Nella bozza di decreto si vuole portare fino a 100 i crediti iniziali in considerazione dell’elevato rischio delle attività edili. È come stabilire che un patentato con la Ferrari deve avere più «punti» spendibili rispetto a uno con la Panda perché ha maggiori occasioni di violare le norme e quindi «perdere punti». Sulla perdita dei crediti vi è uno dei nodi «morali» della norma: un omicidio sul lavoro vale 20 punti (se si viene condannati, anni dopo, anche in Cassazione) e sono comunque recuperabili con un po’ di «formazione». Non bastava questo intervento inconsistente ora si svela chiaramente la vera visione della destra del tema della sicurezza sul lavoro: un laccio che strangola la libertà d’impresa che va invece garantita mettendo la mordacchia agli organi di vigilanza.

Come si è giunti a questo? Dalla legge delega al Governo Draghi nel 2022 su mercato e concorrenza, che include le «semplificazioni dei controlli sulle attività economiche» si arriva oggi a stabilire letteralmente che «in attuazione del principio di trasparenza … l’amministrazione fornisce in formato elettronico, almeno dieci giorni prima del previsto accesso presso i locali dell’attività economica l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva».

È palese che dieci giorni dopo l’avviso l’ispettore troverà – a parte qualche sprovveduto – un luogo di lavoro lucidato a specchio, con lavoratori in regola, macchine dotate di tutte le protezioni. Almeno per quel giorno tutto sarà al meglio, potremo parlare di «Cronaca di una ispezione annunciata», con esito prevedibile.

Occorre qualche precisazione: la legge delega Draghi pur prevedendo una serie di interventi di «semplificazione» non accenna all’ispezione annunciata che è tutta farina del sacco del governo in carica. Sono comunque esclusi dall’annunciazione i controlli richiesti dalla Autorità Giudiziaria o da «circostanziate segnalazioni» o genericamente se «emergano situazioni di rischio». Il messaggio è però chiaro e rivolto in particolare ai dirigenti degli organi di vigilanza da quelli «centrali» (Inail, Inps, INL) a quelli «locali» (ASL): impedite che tecnici troppo «intraprendenti» mettano davanti la sicurezza dei lavoratori al «diritto» di non disturbare la produzione. In diversi casi la previsione è comunque inapplicabile: si provi a pensare ai cantieri in cui vi possono essere decine di imprese con presenze diversificate a seconda dell’evoluzione dell’opera. Come pensa il governo che sia possibile avvisarle tutte (o anche solo quelle che saranno presenti in cantiere al decimo giorno dall’avviso)?

Il problema reale che viene richiamato (per l’ennesima volta) nella norma incriminata è che la mancanza di coordinamento tra i diversi enti (centrali e locali), può determinare casi di controlli ravvicinati (fiscali, ambientali, di sicurezza). Alla base vi è la mancata reciproca disponibilità delle conoscenze (database) tra i diversi enti. Ognuno segue la propria strada ignaro di quello che fanno gli altri, senza che ognuno possa disporre di una «fotografia» del soggetto sottoposto a controllo. Se ne parla da oltre 20 anni senza passi avanti (e figuriamoci con l’autonomia differenziata …) ma questo non può essere l’alibi per una scelta pessima.

Segnalo infine un paradosso: ci si preoccupa che l’attività economica possa essere sottoposta a controlli troppo ravvicinati (ogni 10/12 mesi). Attualmente il Livello Essenziale di Assistenza richiesto alle Regioni/ASL è di controlli annuali sul 5 % delle imprese. Applicando la media di Trilussa significa un controllo ogni 20 anni. La regola introdotta è del tutto inutile se non per accontentare chi è ancora fermo al 1910 e cade nel vuoto dei controlli attuali (frutto della decimazione degli ispettori delle ASL negli ultimi 15 anni). Questa norma avrà un maggior effetto su altre tipologie di controlli come quelli in campo alimentare, veterinario e ambientale … quindi d’ora in poi facciamo più attenzione a quello che mangiamo. Spero che l’attenzione e idonee iniziative arrivino dai sindacati e dalle associazioni ambientaliste, ognuna, meglio ancora se assieme, per gli interessi collettivi che rappresentano.

25/07/2024

da Il Manifesto

Marco Caldiroli

*Presidente Medicina Democratica – Tecnico della Prevenzione

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