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La nebbia della guerra si allarga sulle «garanzie» Usa

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Politica estera

14/12/2025

da Il Manifesto

Francesco Brusa

Russia-Ucraina Mosca colpisce 18 località ucraine. Il sindaco di Odessa: «Uno degli attacchi più grandi 

A detta di un alto funzionario statunitense, secondo l’agenzia Axios ci sarebbero «progressi significativi» nei colloqui di pace. Addirittura, Washington sarebbe pronta a fornire all’Ucraina delle garanzie di sicurezza basate sull’articolo 5 della Nato e farle approvare dal Congresso di modo da renderle giuridicamente vincolanti. Un’ipotesi certamente più concreta di quel «credibili» che era stato associato appunto al tema delle garanzie per il paese aggredito nella prima bozza del piano circolato a fine novembre e poi discusso, ridiscusso e riformulato dalla cancellerie europee (che ora si riuniscono a Berlino).

INTANTO, PERÒ, la guerra si intensifica. Nella notte fra venerdì e sabato la Russia ha infatti nuovamente lanciato una massiccia incursione dal cielo, utilizzando 465 droni e 30 missili. 18 le località colpite, tra cui la città costiera di Odessa per cui, secondo il sindaco, si è trattato di «uno degli attacchi più grandi dall’inizio del conflitto». Già il giorno precedente si erano verificate esplosioni e danneggiamenti, con interruzioni di corrente e dell’approvvigionamento idrico. Nell’oblast di Donetsk (estremo est del paese) sono stati segnalati tre morti.

Si tratta della consueta strategia di Mosca che punta a deteriorare le capacità difensive di Kiev, ma soprattutto le possibilità di sostentamento sociale e di organizzazione della vita civile. L’ultimo report delle Nazioni Unite, uscito quattro giorni fa, conferma «una crescita delle vittime civili sia sulla linea del fronte che nelle aree urbane» (40% in più rispetto ai primi sei mesi dell’anno) e conteggia otto offensive aeree su larga scala da parte russa contro le infrastrutture energetiche ucraine fra ottobre e novembre.

Oramai, tra l’altro, il Cremlino rivaleggia con la controparte rispetto alla tecnologia impiegata: i droni, che rimangono uno degli ordigni (di gran lunga più economico dei missili) con cui Kiev compensa la minore disponibilità di uomini e di attrezzature belliche nei depositi nazionali, vengono prodotti a grandi quantità e a ritmo serrato dalla Federazione, grazie anche ad aiuti iraniani e cinesi. Ma, appunto, lo “scambio di fuoco” è reciproco: nel mattino di ieri si sono verificati due morti fra la popolazione civile anche nella città russa di Saratov, sul Volga a circa 600 chilometri dal confine – riferiscono le autorità locali – probabilmente nel contesto di un attacco contro una raffineria. Ma già il giorno prima alcuni detriti si erano abbattuti su un edificio residenziale a Tver, 180 chilometri a nord-ovest della capitale, ferendo sette persone.

SE I CIELI si fanno dunque sempre più insicuri da entrambi i lati, anche a terra lo scontro prosegue e vede anzi una maggiore mobilità rispetto al solito – comunque ricoperta da una fitta “nebbia di guerra”, sia concreta che metaforica. Mentre gli occhi rimangono puntati sul destino della città di Pokrovsk, snodo logistico nel Donbass che i russi hanno ormai infiltrato da tempo dichiarandone la conquista definitiva, venerdì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è recato a Kupyansk, 200 chilometri più a nord nell’oblast di Kharkiv, località anch’essa rivendicata dalle truppe di Mosca che, però, sembrerebbero essere state parzialmente respinte (le forze armate di Kiev affermano che la stabilizzazione dell’area è in corso).

TUTTAVIA IERI sono arrivate conferme della situazione critica a Siversk, nord-est di Pokrovsk, dove – secondo fonti militari contattate dall’Ukrainska Pravda – i russi sarebbero in possesso del centro urbano. Siamo nel cuore di quella “striscia di terreno” che costituisce anche il punto più controverso dei recenti “piani di pace”, tanto promossi dalla Casa Bianca e poi riformulati e rimpallati da una cancelleria europea all’altra: il Cremlino insiste nel chiedere il ritiro dei soldati e delle postazioni avversarie, per completare la conquista della regione e di fatto annettere tutto il territorio amministrativo dell’ex-repubblica popolare di Donetsk; l’Ucraina, d’altra parte, ha in questa “cintura” alcune delle sue migliori fortificazioni e, data anche la conformazione geografica locale, il rischio è concedere a costo zero una zona più facilmente difendibile di altre.

DUBBI NEGOZIALI o meno, le schermaglie si estendono anche sulle acque limitrofe dove in pericolo non sono solo le flotte dei paesi in conflitto. Venerdì, proprio mentre il presidente russo Vladimir Putin si incontrava con l’omologo turco Recep Erdogan (che chiedeva tra l’altro un cessate il fuoco sul Mar Nero), a Odessa un drone di Mosca colpiva un cargo commerciale di Ankara. Intanto, non troppo lontano dai due leader (che si erano incontrati in Turkmenistan), sembra che nel Caspio l’Ucraina abbia centrato una piattaforma petrolifera russa. È la “diplomazia” fatta sul campo.

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