Lentamente, troppo, l’opinione di parte della società israeliana sui massacri a Gaza sta cambiando. Due delle più note organizzazioni umanitarie israeliane, B’Tselem e Physicians for Human Rights, hanno concluso che Israele sta compiendo un genocidio.
‘Il nostro genocidio’
Il report pubblicato da B’Tselem si intitola ‘Il nostro genocidio’ ed è basato su mesi di ricerche e interviste. Sostiene che Israele stia compiendo un genocidio tramite l’uccisione indiscriminata di decine di migliaia di palestinesi, la distruzione sistematica di enormi aree urbane, l’evacuazione forzata di quasi tutta la popolazione civile e la restrizione di cibo, acqua e generi di prima necessità, che ha provocato numerose morti per fame. Quello che una parte della stampa internazionale, la meno allineata (noi tra i primi), sta denunciando da mesi.
- «Non avremmo mai immaginato di dover scrivere il report che abbiamo pubblicato oggi», ha detto in conferenza stampa Yuli Novak, la direttrice del gruppo. «Ma negli ultimi mesi abbiamo assistito a una realtà che non ci ha lasciato altra scelta se non di riconoscere la verità».
Convenzione Onu sul genocidio
Secondo la Convenzione sul genocidio, un trattato internazionale approvato dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1948 –sottolinea il Post-, costituiscono genocidio azioni compiute «con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale». Un genocidio non è soltanto la distruzione fisica totale di un gruppo, ma può essere anche parziale, e può comportare anche lesioni «mentali» e l’imposizione di condizioni di vita insopportabili, tra le altre cose.
Intenzione provata
B’Tselem ritiene che «l’intenzione di compiere un genocidio sulla popolazione palestinese sia provata da numerose dichiarazioni di leader e militari israeliani». Tra questi l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, che nell’ottobre del 2023, dopo l’attacco di Hamas contro Israele, definì i palestinesi – tutti, compresi i civili – degli «animali umani». Nello stesso mese il primo ministro Benjamin Netanyahu definì quella nella Striscia di Gaza come una guerra «contro Amalek»: un riferimento a un passaggio del Vecchio Testamento in cui Israele, su ordine di Dio, sterminò l’intero popolo degli amaleciti, donne, bambini e animali inclusi.
Physicians for Human Rights
Il report di Physicians for Human Rights, pubblicato assieme a quello di B’Tselem, si concentra invece sulla distruzione sistematica di ospedali, cliniche e istituzioni sanitarie da parte di Israele nella Striscia di Gaza. «Le prove mostrano una distruzione deliberata e sistematica del sistema sanitario di Gaza tramite attacchi mirati sugli ospedali, ostruzione all’ingresso di materiale medico e all’uscita di persone con problemi di salute, e l’uccisione e la detenzione di personale medico», si legge nel report. Secondo l’ong, queste azioni «non fanno parte delle operazioni di guerra ma sono una politica deliberata che colpisce i palestinesi come gruppo», riporta il Post.
Antisemitismo come alibi
In conferenza stampa Guy Shalev, il direttore di Physicians for Human Rights, ha detto che è importante che per la prima volta delle organizzazioni israeliane accusino Israele di genocidio. In passato altre ong internazionali come Amnesty International e, in parte, Human Rights Watch avevano fatto le stesse accuse, ma il governo israeliano, oltre che buona parte dell’opinione pubblica del paese, le avevano sminuite come un’espressione di antisemitismo o di ostilità anti israeliana. «Forse il fatto che delle organizzazioni umanitarie israeliane siano giunte alle stesse conclusioni può diventare un modo per confrontarsi con queste accuse e riconoscere la realtà», ha detto Shalev.
Brutalità militari senza ritegno
Negli ultimi mesi sempre più organizzazioni e personalità di rilievo dentro la società israeliana hanno cominciato a riconoscere e a condannare la brutalità di Israele nella Striscia di Gaza. A maggio l’organizzazione pacifista Standing Together ha organizzato per la prima volta una manifestazione contro la guerra che aveva la crisi umanitaria a Gaza come principale motivazione. In precedenza le manifestazioni per la pace erano soprattutto (anche se non soltanto) manifestazioni per la liberazione degli ostaggi prigionieri di Hamas.
L’accusa di crimini di guerra
Alcune politici come l’ex primo ministro Ehud Olmert hanno cominciato a condannare apertamente l’operato del proprio paese a Gaza: Olmert ha detto che Israele sta «commettendo crimini di guerra» e che quella a Gaza è «una guerra di sterminio». Numerosi storici e giuristi israeliani, inoltre, hanno cominciato a qualificare i crimini commessi da Israele a Gaza come atto di genocidio. Tra questi Omer Bartov, uno dei più noti studiosi della Shoah che ha scritto un articolo di grande impatto sul New York Times, intitolato: «Sono uno studioso del genocidio. Ne riconosco uno quando lo vedo».
L’Università ebraica
Cinque rettori dell’Università Ebraica, del Technion, dell’Università di Tel Aviv, dell’Open University e del Weizmann Institute inviano una lettera a Benjamin Netanyahu: «Come popolo vittima dell’orribile Olocausto in Europa, abbiamo il dovere speciale di agire utilizzando tutte le misure disponibili per evitare e scongiurare danni crudeli e indiscriminati a uomini, donne e bambini innocenti». Nella lettera si sottolinea la ‘grande responsabilità’ di Hamas, ma si condanna senza mezze misure le dichiarazioni con cui ministri e parlamentari israeliani «promuovono la distruzione intenzionale di Gaza».
Prime reazioni militari
Nelle ultime ore vengono riportati anche sporadici casi di dissenso nelle forze di difesa israeliane. Come i quattro soldati del 931° battaglione Nahal, congedati dopo il loro rifiuto di rientrare a Gaza. Tre di loro sono stati condannati a qualche giorno di carcere, il quarto è in attesa di giudizio. Primi segnali di rabbia e frustrazione dentro l’Idf. Un riservista è stato trovato morto nella sua casa nel sud di Israele, probabilmente suicida, allungando il numero dei militari che si sono tolti la vita nelle ultime settimane: 42 dall’inizio della guerra, secondo Haaretz. Per il quotidiano Ynet News, i disertori del battaglione Nahal «non saranno gli ultimi». In un duro editoriale contro Netanyahu, il quotidiano scrive che le azioni del governo israeliani possono perfino arrivare a ‘oscurare quella giornata orribile del 7 ottobre 2023’.
Corte internazionale di giustizia
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Attualmente Israele sta affrontando un’accusa per genocidio alla Corte internazionale di giustizia dove i giudici, che non si sono ancora espressi con una sentenza, hanno definito le accuse «plausibili». Il primo ministro Netanyahu e l’ex ministro Gallant sono inoltre accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità presso la Corte penale internazionale, che ha emesso un mandato d’arresto internazionale contro di loro.
Solo loro due?
30/07/2025
da Remocontro