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La questione palestinese nella credibilità politica statunitense verso Israele

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L’impotenza politica Usa-Israele attuale e confronto di Eric Salerno sull’iconica conferenza di pace di Madrid 1990, prologo agli accordi di Oslo (poi traditi), con altre levature e sensibilità democratiche dei leader israeliani e di quelli palestinesi in campo, e altra portata politica e diplomatica statunitense.

 

La questione palestinese a Madrid 1990

Nella storia tormentata di Israele e della “questione palestinese” c’è stato almeno un momento iconico fissato da anni nella memoria di diplomatici e giornalisti che si occupavano del conflitto che da qualche anno era tornato sulle prime pagine dei quotidiani con la prima Intifada. Eravamo nel giugno 1990. Furono le agenzie di stampa internazionali a lanciare la notizia:

«Gli Stati Uniti interromperanno i loro sforzi per avviare colloqui di pace in Medio Oriente a meno che Israele non accetti di procedere senza indugio, ha detto oggi il Segretario di Stato James A. Baker III».

Gli Usa avevano proposto e praticamente indetto una conferenza di pace a Madrid invitando tutte le parti in causa a intervenire. Il premier israeliano continuava a respingere l’idea stessa e Baker, visibilmente arrabbiato rispose pubblicamente: «Il numero di telefono (del centralino della Casa Bianca) è 202-456-1414. Se fai sul serio, chiamaci», disse in un commento diretto al capo del governo israeliano.

Telefonata alla Casa Bianca e l’ammiratore di Mussolini

La telefonata arrivò non molto dopo e l’allora premier Yitzhak Shamir, uno degli ultimi leader della vecchia guardia sionista, accettò di andare a Madrid per una conferenza di pace che fu uno dei passaggi importanti del lungo percorso verso la firma, sul prato della Casa bianca, degli accordi di Oslo, da parte di Rabin e Peres i leader del partito laburista oggi praticamente inesistente nello scenario politico israeliano. Benyamin Netanyahu fu il portavoce della delegazione israeliana nella capitale spagnola. Cortese ma negativo su tutto. Per lui, figlio di un professore universitario ed ex segretario politico di Zeev Jabotinky, leader storico della destra sionista, grande amico di Mussolini, l’idea stessa di avere uno stato palestinese accanto a Israele era eresia.

Baker a nome di George Bush padre, scuola Cia

Quella storica mossa di Baker, che parlava in nome del presidente George Bush padre, in qualche modo assomiglia al discorso di ieri dell’attuale presidente americano. L’ambiguità costruttiva è uno strumento fondamentale della politica dei governi – e non solo – e il discorso di Biden forse offre alle parti – Hamas, Israele – vari spunti e frasi per tentare di aggirare gli ostacoli, cercare insieme qualche modifica al progetto e mettere fine al massacro di Gaza. Ma non al conflitto israelo-palestinese.

Il vuoto e slogan per cercare di riempierlo

Continua, così, il grande tragico gioco. «Una partita senza regole e ancora più importante senza obiettivi finali condivisi». Sono le parole di un diplomatico occidentale che credeva nella diplomazia e che oggi è profondamente deluso da un mondo sottosopra, da un futuro incerto, da parole e slogan lanciate nel vuoto solo per cercare di riempirlo. Vale per la tragedia ucraina così vicina all’Italia ma, per certi versi, così distante. E’ la realtà di un medio oriente dove si muore come mai in passato e dell’atteggiamento da sempre ambiguo dell’Europa.

Linea dura senza ritegno ma anche paura

Dall’ufficio del premier Netanyahu è arrivato sabato mattina un nota che sembra confermare che contrariamente a quanto detto dal presidente americano, la ‘nuova proposta’ non è arrivata da Israele ma è una specie di suggerimento della diplomazia americana: «Le condizioni poste da Israele per porre fine alla guerra non sono cambiate: la distruzione delle capacità militari e di governo di Hamas, la liberazione di tutti gli ostaggi e la garanzia che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele. Secondo la proposta, Israele continuerà a insistere che queste condizioni siano soddisfatte prima che venga messo in atto un cessate il fuoco permanente. L’idea che Israele accetterà un cessate il fuoco permanente prima che queste condizioni siano soddisfatte è assurdo».

Striscia di Gaza occupata per sempre?

Tra i molti che sottolineano oggi l’ambiguità della proposta Abdullah al-Arian, professore di storia alla Georgetown University, in Qatar. Non è noto -dice- se Washington accetti che Israele rimanga ad occupare parti di Gaza anche dopo il raggiungimento del cessate il fuoco.

«Penso che questo sia un importante punto critico. Hamas ha continuamente respinto l’idea che parte di Gaza possa rimanere occupata da Israele», ha detto alla tv araba Al Jazeera.

Altra contraddizione, ha sottolineato, è che sia Stati Uniti che la parte israeliana hanno detto che non vogliono un futuro per Gaza in cui Hamas abbia ancora un ruolo politico.

«Allo stesso tempo, questo è un accordo che dovrebbe essere raggiunto attraverso i negoziati con Hamas, quindi, come si fa? Come si fa a eliminarli come forza politica e allo stesso tempo raggiungere una soluzione negoziata concordata da tutte le parti?».

03/06/2024

da Remocontro

Eric Salerno

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