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La ritirata di Russia, saltato l’incontro tra Witkoff e Zelensky

La ritirata di Russia, saltato l’incontro tra Witkoff e Zelensky

Politica estera

02/12/2025

da Il Manifesto

Francesco Brusa

Il limite ignoto Chiuso il vertice a Mosca, i negoziatori Usa tornano a Washington senza neanche fermarsi in Europa. Il Cremlino: «Noi non diciamo no»

Il compito di riassumere, con toni volutamente vaghi ed elusivi, la discussione-maratona di 5 ore fra gli inviati statunitensi Steven Witkoff e Jared Kushner e le controparti russe incontratisi martedì sera nella capitale della Federazione viene lasciato al funzionario del Cremlino Yuri Ushakov: «C’è ancora molto lavoro da fare», è la sua conclusione in conferenza stampa. Insomma, Mosca non rigetta né approva il “piano di pace” che l’amministrazione a stelle e strisce sta promuovendo a livello diplomatico da oltre una settimana. Piuttosto, sempre a detta di Ushakov, «ci sono alcuni punti su cui si può concordare e altri che invece sono stati criticati» anche se, allo stesso tempo, non si è parlato di dettagli specifici quanto della “sostanza” che sta dietro la proposta.

CERTO, ALMENO un paio di “linee rosse” ci sono e vengono ribadite: innanzitutto, l’ingresso dell’Ucraina nella Nato è una prospettiva che la Russia continua a reputare inaccettabile; in particolare, poi, non potrà esserci una “stabilizzazione a lungo termine del conflitto” senza che vengano risolte le “questioni territoriali”: tradotto, significa che il Cremlino è ancora fermo nel chiedere che le forze di Kiev si ritirino dalle zone che ancora controllano nel Donbass (il documento della Casa Bianca contiene una specifica menzione all’oblast di Donetsk) e dunque che riconoscano – de facto o de jure forse non importa a questo punto – le conquiste militari di Mosca. Guarda caso, però, si tratta proprio delle due ipotesi su cui la controparte si mostra più intransigente: l’Ucraina vorrebbe infatti far partire i negoziati dopo aver congelato il fronte sulle posizioni attuali e ha sempre preteso forti garanzie di sicurezza per fare in modo che gli alleati arrivino in suo aiuto in caso di ripresa delle ostilità. L’accettazione dentro il patto di difesa euroatlantico è chiaramente uno scenario appetibile, seppure (è notizia di ieri) i consensi in proposito stiano scemando presso la popolazione: complici la continua dilatazione delle tempistiche (un invito formale non è ancora stato ratificato) e la percezione che gli aiuti militari non siano sufficienti, un sondaggio ha rilevato che una relativa maggioranza degli ucraini (oltre il 30%) vede ormai il “far da sé”, magari con un proprio deterrente nucleare, come la migliore assicurazione per l’integrità del paese.

MA SARANNO solo questi gli elementi di disaccordo? Addirittura, il segretario di stato Usa Marco Rubio (che ieri ha disertato proprio il vertice Nato) si è spinto ad affermare che essenzialmente la disputa fra Russia e Ucraina si gioca su quel 20% di territorio della regione di Donetsk ancora conteso. La realtà è che – in mezzo a un florilegio di commenti in diplomatichese puro (“ci sono dei progressi”, “colloqui utili e costruttivi”…) – il negoziato, più che convergere su una formula chiara e condivisa, pare piuttosto lievitare e stratificarsi di nuovi cavilli e livelli. Nel suo resoconto, Ushakov ha svelato che, oltre all’ormai celebre “piano in 28 punti”, il Cremlino avrebbe ricevuto anche quattro nuovi documenti dal contenuto ancora sotto riserbo. Mosca, insomma, prova a mostrarsi il più possibile aperta e ben disposta: la stampa filogovernativa è inusualmente prodiga di informazioni e punti di vista sull’incontro (c’è chi parla dello “spirito di Anchorage”, con riferimento all’incontro in Alaska fra i presidenti russo e statunitense dello scorso agosto), si suggerisce che siano solo gli europei a mettersi in mezzo nel percorso di pace e si prospetta, con sobrio entusiasmo, il prosieguo e un’intensificazione delle collaborazioni con Washington (vale a dire, riprendere gli affari). Sempre meno isolato, Putin oggi si concede anzi una visita in India e, con l’aiuto della Casa Bianca, tenta sempre più di isolare Kiev e Bruxelles dai giochi internazionali.

D’ALTRA PARTE l’aereo di Witkoff e Kushner è volato dopo i colloqui direttamente oltreoceano, scavalcando l’Ucraina e saltando il previsto incontro con Zeklensky. Solo una telefonata di cortesia e l’invito a tornare «prossimamente» negli Stati Uniti per riprendere le discussioni. Più che altro le vere mosse negoziali sembrano avvenire sul campo, con Mosca che preme su Pokrovsk per proclamare una conquista e Kiev che, stando a fonti d’intelligence, pare aver colpito il gasdotto Druzhba che ancora rifornisce Slovacchia e Ungheria (riluttanti a sganciarsi dall’energia russa) per togliere all’avversario, se non l’iniziativa sul terreno, quantomeno una fonte di sostentamento.

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