L’America vuole ‘nuclearizzare’ il Giappone alzando drasticamente la ‘soglia di deterrenza’ (e di rischio) nei confronti della Cina e unificherà la supervisione dei comandi militari. Notizia che fa rumore, perché di fatto l’arcipelago nipponico diventa, a tutti gli effetti, una testa di ponte Usa, schierata in prima linea contro il blocco sino-russo.
Di sgarbo in sgarbo
Escalation di ritorsioni, al momento e per fortuna solo verbali, che non lasciano presagire, però, nulla di buono. La diplomazia Biden-Xi, insomma, non funziona affatto, e il progressivo irrigidimento delle relazioni commerciali fra le due superpotenze, sta facendo pericolosamente scivolare il confronto su un piano squisitamente militare.
Taiwan solo una scusa
Il problema di Taiwan è solo lo specchietto per le allodole. La vera materia del contendere, il fuoco che cova sotto la cenere, è il controllo geopolitico dell’Indo-Pacifico, da raggiungere, come dicono efficacemente al Dipartimento di Staro, “by hook or by crook”, frase che in slang significa “con le buone o con le cattive”.
‘Con le buone o con le cattive’
Detto fatto. Domenica a Tokyo si sono incontrati, in un vertice “2+2” i Ministri degli Esteri e della Difesa del Giappone e degli Stati Uniti. Argomento principale di discussione, la cosiddetta strategia “della deterrenza estesa”, una dottrina elaborata dal Pentagono che consiste nell’utilizzo di un mix di armi convenzionali e bombe atomiche, per contrastare le minacce contro i propri alleati.
Piccoli Stranamore crescono
Al vertice, il primo di tale livello su questo scottante argomento, erano presenti Antony Blinken, Lloyd Austin, Yoko Kamikawa e Minoru Kihara. Secondo Nikkei Asia, giornale con solide ‘entrature’ nell’Amministrazione Usa, il primo passo del nuovo patto di ferro tra Tokyo e Washington, definito “la chiave per un’alleanza rinforzata”, sarà la ricostituita “US Forces Japan” (USFJ).
US Forces Japan” (USFJ)
Si tratta, come hanno spiegato i ministri in una conferenza stampa volutamente di alto profilo (fatta con lo scopo di mandare un messaggio trasversale), “di un quartier generale congiunto, aereo, terrestre e navale, che risponderà al capo dell’USIndo-Pacific Command, con sede alle Hawaii. E per far capire di cosa stavano parlando, e cioè che da ora in poi, con le atomiche in ballo, in Giappone comandano gli americani, Lloyd Austin e Blinken hanno chiarito che il nuovo quartier generale “sarà un’importante controparte del Comando operazioni congiunte del Giappone” (JJOC).
Giappone a comando militare americano
Dietro l’intreccio di gerarchie, il governo degli Stati Uniti controllerà le forze armate nipponiche più strettamente di prima. C’era già (dal 1957) un Comando congiunto nippo-americano (USFJ), presso la base aerea di Yokota, ma adesso cambierà tutto, perché i nuovi programmi di difesa (e di offesa, è chiaro) saranno sotto la responsabilità del nuovo “Headquarter”, che continuerà a prendere ordini dalle Hawaii. Su input della Casa Bianca, specie quando si discute di testate atomiche.
Neutralità giapponese sepolta
L’accordo è la logica conclusione degli impegni presi lo scorso aprile negli Usa, durante la visita del premier giapponese Fumio Kishida. In quell’occasione, venne stilato un memorandum d’intesa di 18 pagine, per una partnership globale che comprendesse, tra le altre cose, “difesa, spazio e sicurezza economica” nell’Indo-Pacifico. In sostanza, un impegno formale di Tokyo ad armarsi fino ai denti, assistito dall’industria americana. Nel vertice di domenica, si è parlato in particolare, di sviluppare la produzione di missili Usa su licenza.
‘Deterrenza estesa’
La stesura di un piano di “deterrenza estesa”, che preveda l’uso dell’atomica, è stato trattato in relazione alle minacce, anche nucleari, attribuite a Cina, Russia e Corea del Nord. È chiaro che una opzione di questo tipo presuppone il bunkeraggio di ordigni nucleari (di teatro?) pronti all’uso, sul territorio nipponico. Nel corso del vertice si è più volte fatto riferimento “alla politica aggressiva della Cina nell’Indo-Pacifuco” e alla necessità di arginarla. È così rispuntato fuori, ancora una volta, il modello “cordone sanitario”, architrave della dottrina del “conteinment”.
‘Watchdogs’, Paesi guardiani amici
Gli Stati Uniti, stanno cercando di imbottigliare le rotte strategiche della Cina, circondandola con tutta una serie di ‘watchdogs’, cioè di Paesi-guardiani amici. Dal Giappone fino all’India (più incerta), passando per la Corea del Sud, le Filippine e qualche altro possibile sostegno nel Sud-Est asiatico, a Washington pensano che il piano possa funzionare. Ma Pechino reagisce.
‘Reliquia della Guerra fredda’
Secondo il South China Morning Post di Hong Kong, l’incontro di Tokyo è stato “una reliquia della Guerra fredda, perché ha proposto di cercare cooperazione e sicurezza sotto un ombrello nucleare”. Un modello di fare diplomazia vecchio e incartapecorito. Lin Jian, portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, ha detto che la Cina possiede un certo numero di atomiche “solo per autodifesa”. Insomma, ha fatto capire, non le usiamo per minacciare chi non la pensa come noi.
31/07/2024
da Remocontro