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L’America a sorpresa corre in Cina

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Chiamiamolo “riposizionamento strategico” in vista delle elezioni presidenziali. Mentre le relazioni Cina-Usa raggiungono uno dei punti più bassi dell’era Biden, a Pechino compare non annunciato, Jake Sullivan, il Consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, per una visita che durerà tre giorni.

Biden da Xi prima di lasciare?

Il vero (e duscusso) stratega della politica estera degli Stati Uniti, si è subito incontrato col ‘superministro’ cinese Wang Yi, per discutere, tra le altre cose, di un possibile ultimo incontro tra Biden e il Presidente Xi Jinping. Mancano ulteriori dettagli su questo aspetto della missione, ma secondo l’autorevole South China Morning Post di Hong Kong, si tratta di uno dei temi clou nell’agenda. Voci di corridoio riferiscono che Biden dovrebbe recarsi in Cina “prima della scadenza del suo mandato”. Il che lascia la strada aperta a molte ipotesi, a cominciare dagli ambigui rapporti che potrebbero instaurarsi, tra i due Paesi, nel cosiddetto “periodo di transizione”, cioè tra le elezioni di novembre e l’insediamento del nuovo Presidente Usa, ai primi di gennaio.

L’incerta situazione politica Usa

Anche perché, dicono alcuni analisti, l’incerta situazione politica americana sta confondendo le strategie cinesi. E il viaggio di Sullivan, a quanto pare, serve non solo a trattare, ma soprattutto a “contrattare e a rassicurare”. A Pechino temono di cadere dalla padella nella brace, con una possibile nuova Amministrazione Trump, cioè dell’uomo che da presidente aveva dichiarato alla Cina una guerra commerciale senza pietà. Fatta di dazi doganali esorbitanti e divieti alle importazioni cervellotici. Ma adesso, sperano i Democratici (e pure i cinesi) dovrebbe arrivare Kamala Harris e, soprattutto, un suo vice che è praticamente di casa a Pechino: Tim Walz. Insomma, in un certo senso, la nuova Casa Bianca può pure essere per i cinesi più “conveniente” di quella vecchia. Walz conosce profondamente la società, la politica e l’economia del colosso asiatico, e potrebbe rivelarsi la carta vincente per impostare una fase di nuove relazioni tra le due superpotenze.

Sullivan: spirito di collaborazione e sicurezza

Jake Sullivan, parlando con i giornalisti, ha anticipato che l’obiettivo della sua missione è quello di affrontare i problemi aperti, sul tappeto, con uno spirito di cooperazione. Lo stesso spirito, ha detto, creato durante l’incontro californiano dell’anno scorso tra i due Presidenti. Magari, come abbiamo anticipato, darà assicurazioni sulla linea politica di una possibile Amministrazione Harris, mentre, sullo sfondo, si agita sempre l’incognita Trump. Secondo quanto hanno fatto trapelare gli ‘sherpa’, che hanno preparato l’agenda del vertice, i colloqui si stanno concentrando sul tema della sicurezza (Mar cinese meridionale, in primis), sulle “linee rosse” da tenere sempre aperte per comunicazioni militari urgenti (in caso di incidenti o di miscalculation che provochino crisi improvvise) e sull’intelligenza artificiale. In un tavolo separato il tema dell’economia, a cominciare dai dazi doganali e dalle accuse di “sovrapproduzione” e di aiuti di Stato “mascherati” fatti dalla Cina. Un panel speciale sarà dedicato al traffico internazionale di droga.

Campagna elettorale, Taiwan e Filippine

Certo, il viaggio arriva in un momento particolare, nel quale probabilmente la campagna elettorale americana, almeno apparentemente, sta avendo dei connotati anti-cinesi. Forse per rispondere agli attacchi dei Repubblicani, notoriamente sostenitori della linea dura, in quest’ultima fase il governo di Washington ha dato un ulteriore giro di vite ai suoi rapporti con Pechino. Sia in senso militare, che commerciale. Nel settore della sicurezza, si sono registrati pericolosi incontri ravvicinati nel Mar Cinese meridionale, che hanno coinvolto unità militari delle Filippine e della Guardia costiera di Pechino. Il Pentagono ha già rafforzato la sua (cospicua) presenza militare nell’arcipelago, dicendosi pronto a intervenire per difendere i diritti territoriali di Manila, relativi alle isole Spratly. Anche per quanto riguarda Taiwan, il rischio di escalation bellica tra Washington e Pechino rimane sempre alto. È di ieri la notizia che sono cominciati i lavori per la costruzione di 5 grandi impianti missilistici antinave, del tipo Harpoon, fabbricati (e ceduti) dagli Stati Uniti. L’arma micidiale dovrebbe essere in condizione di affondare le navi da guerra cinesi, che dovessero tentare qualche attacco all’isola di Taiwan.

Pechino-Tokio sempre peggio, Europa a microchip Usa

Sempre ieri, è continuato lo scambio di dure note diplomatiche tra Pechino e Tokio, per lo sconfinamento di un aereo da ricognizione cinese. Anche il Giappone ha appena concluso un patto di difesa con gli americani, che lo stanno riarmando fino ai denti. Praticamente, la stessa operazione che Biden sta facendo con la Corea del Sud. Si tratta della dottrina del “Conteinment”, che punta a circondare la Cina di alleati pronti a intervenire in nome e per conto dell’Occidente. Fatta la tara, stiamo parlando di una specie di “Asse di resistenza” iraniano al contrario.

Ma è l’Europa, per ora, la vittima più illustre di questa guerra “a bassa intensità” tra Cina e Usa. Il Financial Times riporta, con un articolo significativo, l’equazione: gli americani sanzionano sui microchip i cinesi. Questi ultimi bloccano le esportazioni di germanio e gallio, indispensabili per i semiconduttori e le fibre ottiche. Gli europei vedono raddoppiare i prezzi e sparire i guadagni. Di questo passo, mentre i Premi Nobel dell’Unione Europea continueranno a sanzionare Pechino, in futuro gli unici microchip vantaggiosi li produrranno solo gli Stati Uniti.

28/08/2024

da Remocontro

Piero Orteca

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