LA VIA MAESTRA. Davanti ai delegati dei metalmeccanici a Piazza del popolo il segretario Cgil ha aperto il percorso politico dell’autunno: «Durerà fino a quando l’esecutivo non accetterà un vero confronto con i lavoratori». Il segretario della Fiom Michele De Palma: « Il governo deve sapere che o ci sono le trattative, o c'è uno scontro. Sta scegliendo lo scontro, noi vogliamo negoziare»
«Il 7 ottobre inizia una mobilitazione che non finirà finché non avremo risultati». Dal palco dell’assemblea nazionale della Fiom in piazza del Popolo ieri a Roma il segretario nazionale della Cgil, Maurizio Landini, ha annunciato un «autunno caldo» che inizierà con la manifestazione nazionale convocata nella Capitale il primo sabato di ottobre. Si chiama «La via Maestra», organizzata con oltre 100 associazioni, tra le quali Arci, Anpi, Libera, Emergency, e reti di cittadinanza. Sarà il primo passo, e non il culmine di un percorso che potrebbe condurre a uno sciopero generale. Durerà «fino a quando – ha detto Landini – il governo Meloni non cambierà le sue politiche e non accetterà il confronto e la mediazione vera con i lavoratori».
«IL GOVERNO deve sapere che o ci sono le trattative o c’è uno scontro – ha detto Michele De Palma, segretario generale Fiom nel suo intervento davanti ai delegati dei metalmeccanici – È il governo che sceglie la via dello scontro, noi vogliamo negoziare e trattare sulla base degli interessi che rappresentiamo e del mandato costituzionale».
UNA GRANDE, e scenografica, assemblea all’aperto, quella di ieri dei metalmeccanici, intitolata, «I sentieri della dignità». Sentieri che «ci portano sulla Via Maestra del 7 ottobre, dobbiamo lottare e contrattare per la dignità perché mentre noi abbiamo pagato con i salari e la disoccupazione, le multinazionali hanno fatto grandi dividendi e gli amministratori delegati si sono dati dei soldi da capogiro». «Il tempo dell’ascolto è concluso» perché se non si rimette al centro il lavoro industriale «siamo finiti come sistema paese» ha aggiunto De Palma.
DOPO UNA SETTIMANA di polemiche da parte della stampa di destra sulla questione del licenziamento dell’ex portavoce di Corso Italia, Massimo Gibelli (che ha portato a una interrogazione parlamentare di Fratelli d’Italia), la Cgil ha deciso di contrattaccare. Denunciando «un fatto gravissimo, mai successo prima: l’attacco politico contro la confederazione e il suo segretario per delegittimare il sindacato». «Questo governo – ha detto Landini durante una conferenza stampa convocata per rispondere alle accuse e alla ministra del Lavoro Marina Calderone che, in occasione del question time aveva risposto «vigileremo sulla Cgil» – ha paura sia della manifestazione del 7 ottobre che delle varie mobilitazioni che stanno crescendo in tutto il paese».
UNA MOSSA per occultare la reale portata della crisi, come del resto la questione dei migranti che, per il segretario Cgil è un problema politico decisivo: «Stanno raccontando che il nostro problema si risolve chiudendo i porti e le frontiere, stanno cercando di far passare il messaggio che il problema sono le persone come noi che scappano da guerre e carestia e si dimenticano che i giovani italiani che ogni anno vanno via dal nostro paese sono sempre più di quelli che arrivano. Non dovrebbero chiudere i porti ma gli aeroporti per non far fuggire i giovani italiani che si spostano alla ricerca di un salario dignitoso».
OLTRE IL FUMO alzato dal governo restano a terra i salari bassi, la precarietà, i subappalti, le crisi industriali. «I nodi stanno venendo al pettine tutti assieme: guerra, pandemia, cambiamento climatico, trasformazione digitale, chi dice che dovevamo aspettare la legge di bilancio non si rende conto di quello che il governo ha già fatto in questo anno” ha detto Landini.
C’È L’URGENZA di cambiare il sistema fiscale che stritola «i lavoratori dipendenti e i pensionati e favorisce la rendita finanziaria». E poi i dati sui morti del lavoro: 559 da gennaio, una media di 80 decessi al mese «a cui si risponde mandando il cordoglio ai familiari delle vittime» ha detto Landini. Ci sono 4 milioni d italiani (il 7% della popolazione) che hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie necessarie; 800 mila persone, tra quelle che percepivano il reddito di cittadinanza, rimasti senza copertura; milioni di lavoratori in attesa di rinnovo del contratto; un milione di precari che il governo chiama «occupati» e lavorano da 1 a 11 ore settimanali; la perdita del valore d’acquisto per le pensioni.
«LE CONDIZIONI dei lavoratori stanno peggiorando e non è più possibile stare a guardare – ha sostenuto Landini – il 7 ottobre è un appuntamento importantissimo: se vuoi cambiare non ce la fai da solo, bisogna ricostruire l’unità sociale».
23/09/2023
da il Manifesto