Dovevano abolire le accise sui carburanti, invece festeggeremo il 2025 con l’ennesimo rincaro della bolletta energetica che potrebbe subire aumenti, nei prossimi dodici mesi, fino al 30 per cento.
Colpa delle scorte europee di gas che vanno esaurendosi più velocemente del previsto, come conseguenza (prevedibilissima) della guerra in Ucraina. E neppure il tentativo dei Paesi Ue di cercare fonti alternative di approvvigionamento, peraltro a condizioni meno vantaggiose rispetto al gas russo, ha centrato l’obiettivo.
A dispetto delle sanzioni che avrebbero dovuto spezzare le reni a Mosca (aspetta e spera), le forniture fluiscono a pieno regime dalla steppa siberiana verso il mercato asiatico con cui Mosca ha rimpiazzato quote di quello Ue. Mentre la minaccia di Putin, in vista della scadenza del contratto, di stringere ulteriormente le forniture in transito attraverso l’Ucraina e dirette in Europa contribuisce alla folle corsa delle tariffe che stanno dissanguando gli utenti Ue e italiani in particolare.
Il tutto mentre il nostro governo continua ad incensarsi con l’unico dato economico positivo in oltre due anni dal suo insediamento: la crescita del tasso di occupazione. Ma, anche su questo fronte, c’è poco da festeggiare. Come ha scritto su La Notizia nella sua rubrica settimanale (Lavori in corso) il collega Giorgio Velardi, “analizzando nel dettaglio i numeri, in ultimo quelli dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Inps relativi al periodo gennaio-settembre 2024, però, si scopre che non è tutto rose e fiori“. Anzi. Sono almeno cinque i campanelli d’allarme che il governo continua ad ignorare.
Per cominciare, nei primi 9 mesi dell’anno sono stati attivati 6.221.489 rapporti di lavoro mentre ne sono cessati 5.585.683 con un saldo positivo di 635.806 contratti, in calo rispetto ai 749.024 registrati nello stesso periodo del 2023. Sempre secondo l’Istituto di previdenza, degli oltre 6,2 milioni di contratti attivati nei primi tre trimestri dell’anno, 2,33 milioni sono stati part-time. In pratica, il 37,51% delle nuove attivazioni è a tempo parziale, a fronte del 36,63% dell’analogo periodo del 2023. Nello stesso arco temporale, i rapporti di lavoro cessati per ragioni economiche sono stati 387.677, in aumento del 3,85% rispetto ai 373.305 del 2023. Il risultato è l’esplosione della cassa integrazione registrata fra gennaio e settembre 2024, quando sono state autorizzate 350 milioni di ore – ossia il 23,3% in più di un anno fa. Per la Cgil, sono 118.310 i lavoratori che rischiano il posto a causa delle crisi aziendali. Dai numeri diffusi dal sindacato di Corso d’Italia si evince una crescita esponenziale rispetto al 2023 (58.026).
Dati insomma che registrano una significativa frenata, in linea peraltro con i 21 cali mensili consecutivi della produzione industriale. Buon 2025 a tutti.
02/01/2024
da La Notizia