Denunciare il genocidio israeliano a Gaza e i suoi complici ‘tecnici’, come ha fatto la giurista Onu Francesca Albanese, per il ministro trumpiano Marco Rubio è offesa nazionale. «Illegittimi e vergognosi sforzi volti a indurre la Cpi ad agire contro funzionari, aziende e dirigenti statunitensi e israeliane», l’accusa del ministro che annuncia sanzioni come quelle decise contro noti criminali di guerra.
La prima volta che accade
«È una misura molto seria. Non ha precedenti. E la prendo molto seriamente», ha denunciato ieri Francesca Albanese da Bogotà, ad un vertice internazionale appunto su Gaza. La giurista ed esperta di diritti umani italiana è stata duramente criticata per le sue accuse di lunga data secondo cui Israele starebbe commettendo un ‘genocidio’ a Gaza. Le complicità Usa con Israele e ora la ‘trovata’ di Rubio. «Si tratta di una chiara violazione della Convenzione Onu sui privilegi e le immunità, che protegge i funzionari delle Nazioni Unite, compresi gli esperti indipendenti, dalle parole e dalle azioni intraprese nell’esercizio delle loro funzioni».
Nazioni Unite e Ue assieme
Giovedì scorso le Nazioni Unite hanno esortato gli Usa a revocare le sanzioni contro Albanese, insieme a quelle contro i giudici della Corte penale internazionale. Venerdì anche l’Ue si è espressa contro le sanzioni che la relatrice Onu deve affrontare, aggiungendo di “sostenere fermamente il sistema delle Nazioni Unite per i diritti umani. Francesca Albanese, che ha assunto il suo mandato nel 2022, ha pubblicato questo mese un rapporto in cui denuncia le aziende – molte delle quali americane, ma anche italiane – che «hanno tratto profitto dall’economia israeliana dell’occupazione illegale, dell’apartheid e ora del genocidio nei territori palestinesi occupati». Il rapporto ha provocato una furiosa risposta israeliana e di alcune aziende chiamate in causa.
Il rapporto di Francesca Albanese all’Onu
- La relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati ha presentato al Consiglio Onu per i diritti umani il report «From economy of occupation to economy of genocide»: dalle armi alla logistica, una ricognizione del modo in cui si lucra sulle pratiche perpetrate da Israele
L’economia del genocidio
In Israele si è ormai istituzionalizzata una vera e propria economia del genocidio che consente ad aziende nazionali ed estere di incamerare ingenti profitti. È anche per questo che l’opera di sistematica distruzione di Gaza e le occupazioni illegali della Cisgiordania si perpetuano senza sosta. Un meccanismo che può essere disinnescato solo dal completo embargo sulle vendite di armi ad Israele. «Questo genocidio non è stato evitato, né è stato fermato, perché è redditizio. C’è gente che sta facendo soldi a costo del genocidio. Un sacco di soldi», sintetizza Albanese nel suo intervento di presentazione.
Produttori di armi e sistemi bellici
Produttori di armi e sistemi bellici che forniscono a Tel Aviv i mezzi per distruggere Gaza ed espropriare i territori palestinesi. Il complesso militare israeliano è una delle colonne portanti dell’economia nazionale. Israele è l’ottavo esportatore di armi al mondo e due sono le aziende chiave: la privata Elbit Systems e la statale Israel Aerospaces Industries. Tra i gruppi internazionali svetta la statunitense Lockheed Martin che fornisce a Israele i jet F-35, F-15, F-16, utilizzati per bersagliare Gaza con 85mila tonnellate di bombe, la maggior parte delle quali senza guida verso obiettivi specifici. Un partner di primo piano nel programma F-35 è l’italiana Leonardo. I droni sono costruiti da Elbit e Israel Aerospaces Industries, in collaborazione con il Mit di Boston. La giapponese Fanuc fornisce ad Israele macchinari e tecnologie per costruire i velivoli.
Budget ‘difesa’ e collaudo armi
il budget israeliano per la difesa è cresciuto del 65% tra il 2023 e il 2024, superando i 46 miliardi di dollari, si capisce quali vantaggi economici abbiano raccolto tutte queste aziende. Oltre che un ‘bersaglio immobile’, Gaza è anche un gigantesco laboratorio per testare sul campo sistemi carcerari e di sorveglianza avanzati. Sistemi di sorveglianza biometrica, sorveglianza attraverso droni, utilizzo di intelligenza artificiale e analisi dei dati per supportare le forze militari, e reti avanzate di check point. Per queste tecnologie Tel Aviv si avvale di numerose società estere, a cominciare dalle statunitensi Ibm ed Hewlett Packard. Microsoft, in Israele da quasi 40 anni, e fornisce sistemi e tecnologie per la sorveglianza nelle colonie occupate.
Archiviazione dei dati bersaglio
Nel 2021 Amazon e Alphabet (Google) hanno siglato un contratto da 1,2 miliardi di dollari con Tel Aviv per fornire spazi cloud e sistemi di elaborazione dati. Nel 2023 Microsoft ha ‘soccorso’ l’esercito israeliano che stava esaurendo i suoi spazi di archiviazione dati mettendo a disposizione le sue strutture. La statunitense Palantir, che nel gennaio 2024 ha tenuto il suo consiglio di amministrazione a Tel Aviv «in segno di solidarietà», sviluppa per Israele i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati per indirizzare le operazioni belliche su Gaza.
Cancellare Gaza
Al di là delle operazioni belliche e di sorveglianza, servono macchinari e attrezzature per demolire case, distruggere infrastrutture, devastare terreni nei territori palestinesi dove vengono poi insediate illegalmente le colonie israeliane. A fornire tutto il necessario, inclusi bulldozer blindati, ci sono aziende come la statunitense Caterpillar, la coreana Hyundai, la svedese Volvo. Società che hanno continuato a fornire i loro prodotti ad Israele nonostante le numerose evidenze di violazioni dei diritti umani e crimini perpetrate con il loro utilizzo.
Territori rubati e commercializzati
Quando si passa alla fase di ricostruzione dei territori espropriati, i nomi citati nel rapporto sono quelli della tedesca Heidelberg, che fornisce i materiali edili e della spagnola Construcciones Auxiliar de Ferrocarriles. Per lo sviluppo del mercato immobiliare e le compravendite di abitazioni nelle colonie, c’è in prima linea il gruppo statunitense Keller Williams Realty. Neppure società del settore turistico come Booking.com e Airbnb si sono lasciate sfuggire l’opportunità di offrire soluzioni alberghiere e di soggiorni nelle colonie illegali. Booking ha portato le strutture in Cisgiordania dalle 26 del 2018 alle 70 del maggio 2023. Airbnb offre 350 sistemazioni nelle colonie, prelevando una commissione del 23%. Catene internazionali di supermercati hanno rapidamente aperto punti vendita nelle stesse zone.
Finanziamenti di chi e come?
Tutte queste operazioni vanno, naturalmente, finanziate. E a supporto delle colonie c’è una estesa rete di fornitori di sevizi finanziari, legali, pubblicitari. La francese Bnp Paribas e l’inglese Barclays sono tra i gruppi bancari più attivi nel finanziamento di Israele con la vendita di titoli di Stato israeliani a tassi piuttosto vantaggiosi per l’emittente. La tedesca Allianz e l’americana Blackrock tra i più importanti sottoscrittori di questi bond. Allianz, insieme alla francese Axa, è anche uno dei principali detentori di azioni e obbligazioniO di aziende implicate nel genocidio di Gaza e nelle occupazioni illegali. Fondi sovrani come il Norwegian governement pension fund.
Infine l’energia
La statunitense Chevron, l’inglese BP e la svizzera Glenocore sono tra i gruppi più impegnati nel fornire ad Israele materie prime energetiche e nello sviluppare i giacimenti locali. Chevron copre il 70% del fabbisogno energetico di Israele ed è azionista della ‘Ese Mediterranean Gas Pipeline’ che passa anche nelle acque palestinesi. Bp ha ottenuto licenze di esplorazione di giacimenti sottomarine in acque illegalmente sottratte da Israele alla Palestina.
Cosa ha fatto arrabbiare Trump
- Il rapporto si chiude con alcune raccomandazioni. Tra queste un embargo totale della vendita di armi ad Israele, sanzioni e congelamento di asset per società ed individui che conducono attività dannose per la Palestina, assicurare una responsabilità legale per aziende complici in operazioni che violano i diritti e le leggi internazionali.
17/07/2025
da Remocontro