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Le giuste lotte, democratiche e partecipate, per il rinnovo dei contratti

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Decreto sicurezza: fatta la legge, trovato il disastro. Sotto attacco il diritto costituzionale allo sciopero

Quando il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha posto la questione di fiducia alla Camera dei Deputati sul cosiddetto “Decreto sicurezza”, che ha introdotto 14 nuovi reati e 9 aggravanti, ha affermato che “per noi questo è un provvedimento strategico per valorizzare il lavoro quotidiano delle forze dell’ordine e che contiene misure decisive per la sicurezza”. Venerdì scorso, era il 20 giugno, la pulsione repressiva del Governo Meloni espressa in tale Decreto come in altre misure, ha dovuto fare i conti con la realtà.


E questo perché i lavoratori e le lavoratrici italiani non sono teppisti. Non è costume del movimento sindacale italiano, men che mai delle sue articolazioni confederali, compiere atti scellerati o violenti.
Ma la trattativa sul rinnovo del Contratto Nazionale è iniziata il 30 maggio del 2024 ed è rimasta, da allora, di fatto, bloccata. In particolare per la distanza registrata con le organizzazioni datoriali, Federmeccanica e Assistal, sulle richieste salariali presentate da Fim, Fiom e Uilm.
Dunque, il 20 giugno del 2025, i sindacati confederali hanno indetto altre 8 ore di sciopero della categoria e manifestazioni che si sono svolte in molti luoghi del Paese. Agitazioni che hanno registrato un’adesione massiccia.

A Bologna diecimila lavoratori, per alcuni minuti, hanno bloccato parzialmente il traffico sulla tangenziale. Evento analogo a Genova, dove è stata fermata la circolazione sulla sopraelevata Aldo Moro. Ad Ancona, l’agitazione ha bloccato il porto.
Ora, fino al Decreto Piantedosi, il blocco stradale era definito come un illecito amministrativo. Nelle norme del Governo Meloni è divenuto un reato. Reato punito con un mese di carcere e una multa fino a 300 euro. Ma attenzione: la pena può arrivare fino a sei anni di reclusione se il blocco è commesso da più persone nel corso di una manifestazione.

Si potrebbe parafrasare un vecchio proverbio: “Fatta la legge, trovato il disastro”. Perché, cosa faranno ora le Procure della Repubblica competenti? Indagheranno e perseguiranno decine di migliaia di lavoratori che lottano per un rinnovo contrattuale che non fa un passo avanti da oltre un anno? E ricordiamo che si tratta di una delle principali categorie industriali di questo Paese che sta, tra l’altro, soffrendo di una grave crisi complessiva che ha colpito il settore manifatturiero.
Di fronte a questa inusitata prospettiva repressiva i sindacati dei metalmeccanici hanno affermato in un comunicato unitario: “La grande e pacifica manifestazione delle metalmeccaniche e dei metalmeccanici svolta a Bologna non può in nessun modo essere considerata un problema di ordine pubblico […]. Ci attendiamo pertanto che nessuno provvedimento giudiziale sia assunto nei confronti di chi, lavoratrici e lavoratori, rivendica pacificamente i propri diritti, nel pieno rispetto delle regole e di quanto garantito dalla Costituzione”.

Perché lo sciopero e la libera manifestazione del pensiero sono esattamente facoltà garantite dalla Costituzione repubblicana. E non a caso il ministro del Lavoro Calderone, il giorno seguente le manifestazioni, ha convocato le parti per un primo round al ministero, purtroppo al momento senza esito.
Speriamo, perciò, che le distanze vengano superate e le parti possano, finalmente, imboccare la via di un confronto che, nella tradizione della categoria, può essere duro ma, comunque, fattivo.

Sempre che, nel frattempo, una normativa mal pensata nella sua architettura e sciagurata nelle conseguenze, non trascini i lavoratori – e i loro diritti civili e contrattuali – in tribunale. Sarebbe uno scenario devastante per le fondamenta democratiche del nostro Paese.

26/06/2025

da Left

Cesare Damiano

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