Il nostro Paese scivola dal 41° al 46° posto (sotto Mauritania, Macedonia del Nord, Namibia, Isole Fiji e Tonga), fuori dal gruppo di quelli con una situazione "abbastanza buona" (Germania, Francia, Spagna, Uk) e retrocesso nella fascia inferiore, "situazione problematica", dove compaiono anche Niger e Burkina Faso. I motivi? La norma che impedirà la pubblicazione delle ordinanze di arresto e la scalata del parlamentare leghista all'agenzia di stampa
Nella giornata mondiale della libertà di stampa l’Italia perde cinque posizioni nella più prestigiosa classifica mondiale sull’argomento, stilata ogni anno dalla ong Reporter Senza Frontiere (Reporters Sans Frontieres), consulente delle Naizoni Unite. E scivola dal 41° al 46° posto, al di sotto – tra gli altri – di Mauritania, Macedonia del Nord, Namibia, Isole Fiji e Tonga. Il nostro Paese esce così dal gruppo di quelli con una situazione “abbastanza buona” per il lavoro dei giornalisti, in cui si trovano le democrazie europee più sviluppate – Germania, Francia, Spagna, Regno Unito – e viene retrocesso nella fascia inferiore, “situazione problematica“, insieme a Polonia, Ungheria, Bulgaria, Ucraina e altri Stati dell’Est europa, oltre a varie nazioni africane come Niger, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gabon, Zambia e Botswana (qui la mappa globale). I motivi? Principalmente due: la “legge bavaglio” approvata dalla maggioranza di Giorgia Meloni su input del deputato di Azione Enrico Costa – che impedirà la pubblicazione delle ordinanze di arresto – e il tentativo ormai riuscito di Antonio Angelucci, imprenditore della sanità, deputato della Lega e proprietario di Libero, Il Giornale e Il Tempo, di mettere le mani anche sull’Agi, la seconda agenzia di stampa italiana, al momento di proprietà dell’Eni (a sua volta controllata dal ministero dell’Economia).
L’Italia, in particolare, precipita di ben venti posizioni in relazione all'”indicatore legislativo” della libertà di stampa, scendendo dal 27° al 47° posto. Peggiorano anche l’indicatore economico (-2 posti) e quello della sicurezza (-9): performance che annullano i timidi progressi sul piano politico (+6) e sociale (+8). La scheda dedicata al nostro Paese (qui) esordisce ricordando che “la libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud, così come da vari piccoli gruppi estremisti violenti”. Ma i giornalisti, prosegue, “denunciano anche tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di occuparsi di casi giudiziari attraverso una “legge bavaglio” (gag law), in aggiunta alle querele temerarie (SLAPP procedures) che sono una pratica comune in Italia”. Al paragrafo dedicato al “contesto politico” si legge: “Per la gran parte i giornalisti italiani godono di un contesto di libertà. Ma qualche volta cedono all’autocensura, per conformarsi alla linea editoriale delle proprie testate o per evitare cause per diffamazione o altre forme di azioni legali. Per i cronisti che si occupano di cronaca nera o giudiziaria, questa dinamica può essere aggravata dalla “legge bavaglio” adottata dalla coalizione di governo della premier Giorgia Meloni, che proibisce la pubblicazione di un’ordinanza di custodia cautelare prima della fine dell’udienza preliminare”. Si tratta per la precisione di una legge delega, che dovrà essere esercitata dal governo entro agosto (sei mesi dall’entrata in vigore) attraverso un apposito decreto legislativo, modificando l’articolo 114 del codice di procedura penale sul “divieto di pubblicazione di atti e immagini”.
Il riferimento alla scalata di Angelucci all’Agi, invece, si trova nel comunicato in cui la ong presenta l’edizione 2024 della classifica: “Alcuni partiti politici alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti, inveendo contro di loro, screditandoli o minacciandoli. Altri orchestrano una morsa sull’ecosistema mediatico, sia che si tratti di media pubblici, caduti sotto il loro controllo, sia di media privati, attraverso acquisizioni da parte di imprenditori amici. L’Italia di Giorgia Meloni (46°), dove un parlamentare di maggioranza sta cercando di acquisire la seconda agenzia di stampa del Paese (Agi), è scesa di cinque posizioni quest’anno”, si legge. Un giudizio durissimo sottolineato da Gaetano Pedullà, già direttore del quotidiano La Notizia e ora candidato del Movimento 5 stelle alle Europee: “Con Giorgia Meloni l’Italia fa l’ennesima figuraccia internazionale e si posiziona vicina all’Ungheria di Orbán o ai Paesi in cui vige di fatto una oligarchia mediatica. La libertà di stampa e il pluralismo dei media sono valori non negoziabili che andranno difesi nella prossima legislatura europea perché dalle buone intenzioni del Media Freedom Act, approvato recentemente, dobbiamo passare ai fatti con tutele reali per i giornalisti. Il Movimento 5 stelle su questo farà una battaglia a viso aperto senza se e senza ma”, afferma in una nota.
A commentare la nuova classifica è anche il presidente della Fnsi (Federazione nazionale della stampa, il sindacato unitario dei giornalisti) Vittorio Di Trapani: “L’Italia retrocede. La libertà di stampa in Italia arretra. La democrazia in Italia è meno solida“, ha detto parlando durante il corso “I bavagli del nuovo millennio” al liceo napoletano Gian Battista Vico, dove si diplomò Giancarlo Siani, cronista ucciso dalla camorra. “Quello che denunciamo da mesi ora è stato messo nero su bianco anche dalla classifica mondiale sulla libertà di stampa pubblicata tutti gli anni da Reporter Senza Frontiere. L’Italia fa un salto indietro di cinque posizioni e retrocede nella fascia dei Paesi “problematici”. Denunciavamo la deriva ungherese, ed è quello che è avvenuto: ora siamo in compagnia del Paese guidato da Viktor Orbán, condannato pochi giorni dall’Unione europea per violazioni dello Stato di diritto. E i motivi sono quelli noti: il controllo asfissiante del governo sulla Rai, il tentativo di vendere l’Agi a un parlamentare della maggioranza di governo, le querele temerarie e le leggi bavaglio approvate e in discussione in Parlamento. È ora che l’Unione europea, e gli osservatori internazionali, accendano una luce sull’Italia: e va fatto con urgenza, prima che sia troppo tardi”.
Dal mondo della politica, il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte interviene con un lungo post sui social: “L’Italia retrocede e perde cinque posizioni nella classifica sulla libertà di stampa di Reporter senza frontiere, passando da una situazione “soddisfacente” a una “problematica”. Non è il modo migliore per festeggiare la giornata mondiale per la libertà di stampa. Al di là delle classifiche, tutti sappiamo che il diritto all’informazione libera in Italia è sempre più compromesso“, scrive. Fra editori impuri, che hanno più a cuore l’obiettivo di pilotare l’informazione verso i loro interessi politici ed economici piuttosto che assicurare il diritto all’informazione, leggi “bavaglio” per i giornalisti e concentrazioni nelle mani di pochi, il rischio crescente è il dilagare del “pensiero unico“, ossequioso alle forze dominanti, con lo svuotamento del diritto di critica e il sopravvento di una propaganda mascherata da libera opinione. La figura del giornalista”, prosegue l’ex premier, “è da anni sotto attacco fra querele temerarie, precarietà, stipendi da miseria per chi sgobba tutto il giorno in cerca di notizie sui territori. Nel frattempo il partito di Meloni ha già provato a introdurre il carcere per i giornalisti, ora ci riprovano anche Forza Italia e partiti che si dicono di opposizione. E la presidente del Consiglio fa finta di non sapere che l’Agi, la seconda agenzia di stampa del Paese, rischia di finire nelle mani di un parlamentare di maggioranza che già possiede tre giornali e ne sta per comprare un quarto. Hanno provato a forzare anche le regole della par condicio sotto elezioni. Tutto per continuare a raccontare “il fantastico mondo di Giorgia” in cui tutto va bene. La politica dovrebbe lavorare a una inversione a U e dare un segnale, a partire dagli Stati generali della Rai con cui tutti insieme potremmo stabilire di chiudere entro la legislatura una riforma che tolga il controllo della politica sul servizio pubblico, alleandoci al Media Freedom Act europeo. Noi ci siamo”, conclude
03/05/2024
da Il Fatto Quotidiano