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L’elezione di Mamdani ci ricorda cos’era una volta la sinistra italiana

L’elezione di Mamdani ci ricorda cos’era una volta la sinistra italiana

Alessandro Volpi

Le politiche del neo sindaco di New York Mamdani sono sempre state parte integrante del patrimonio della sinistra italiana

L’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York meriterebbe moltissime considerazioni. A a partire da quella relativa alla straordinaria affluenza al voto: la più alta da 50 anni. A dimostrazione che forse solo con proposte davvero radicali è possibile rimobilitare la partecipazione elettorale. In particolare quella delle fasce con i redditi più bassi.

Vorrei quindi soffermarmi su alcuni aspetti, peraltro tra loro collegati. A partire dalla reazione isterica di gran parte della stampa e dei media italiani. I grandi saggi come Mieli e Rampini, la mobilitata redazione del Sole 24 Ore, la grande famiglia della Rai, il pensoso Molinari, si sono immediatamente prodigati nel sostenere che la vittoria di un socialista musulmano nella Grande Mela, oltre a essere una profonda sciagura, rappresenta un unicum non certo trasferibile al caso italiano. Dove, affermano in coro, si vince correndo al centro. Evitando estremismi perdenti.

Il patrimonio di Mamdani è radicato nella cultura politica della sinistra del nostro Paese

Ora, varrebbe la pena ricordare a questa aulica compagnia di “liberali” che in realtà le proposte “eversive” di Mamdani sono state parte integrante del patrimonio della sinistra italiana, dalla Costituente fino alla conclusione degli anni Settanta. I servizi pubblici gratuiti, l’indicizzazione delle retribuzioni, i salari minimi, gli asili e nidi gratuiti, i piani di edilizia popolare, le calmiere degli affitti e l’equo canone, la tutela dei diritti individuali e collettivi.

La pensavano così infatti Di Vittorio, Trentin e Berlinguer. I tanti sindaci rossi, a cominciare da Zangheri, Ingrao, Lombardi. Ma anche La Pira, Moro e un eretico radicale come Ernesto Rossi. La pensavano così anche i movimenti, che dagli anni Novanta hanno provato a rispondere alla ondata socialmente durissima della globalizzazione.

Il patrimonio di Mamdani è dunque ben radicato nella cultura politica della sinistra e del pensiero sociale del nostro Paese. Attraverso quelle figure che, come il neo sindaco di New York, erano convinte della necessità di coinvolgere il mondo degli intellettuali in maniera organica. Secondo la migliore tradizione gramsciana. Il vero problema è che poi gran parte della sinistra italiana ha abbandonato questa visione. Per aderire al modello neoliberale dove l’assunto principale era la competizione di mercato e l’abbattimento del carico fiscale per i ricchi.

La sinistra deve riconoscere nel sindaco di New York la parte migliore della propria storia

Ma pure su questo Mamdani sostiene una linea cara alla vera sinistra che parlava di fisco negli anni Cinquanta e Settanta. E a cui non sarebbe certo stata estranea l’idea di portare l’aliquota per coloro che hanno un reddito annuo superiore al milione di dollari dal 3,9% al 5,9%. E quella sulle società dal 7,2% all’11%. Procedendo al contempo a una maggiorazione degli oneri di urbanizzazione e delle imposte immobiliari nelle aree più ricche di New York.

Dunque, il vero punto per la futura sinistra italiana è riconoscere in Zohran Mamdani la parte migliore e più efficace della propria storia. Resistendo all’offensiva dei liberali terrorizzati da un giovane sindaco molto più che da Trump. Perché quel sindaco ha rimesso al centro il tema cruciale: la sinistra deve essere capace di rappresentanza di classe. Intesa come quella estesissima fascia di popolazione in condizioni di precarietà e di costante minaccia di povertà. E allora “alziamo il volume”.

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