Dalle origini delle fortune del personaggio Evgenij Prigožin e sulla base di verità incerte e sempre sospettabili attorno all’ormai famigerato ‘Gruppo Wagner’. Fuori dagli schemi e da qualsiasi incarico istituzionale, lo ‘chef di Putin’ – uomo di fiducia del presidente russo – si presta alle missioni più delicate in campo militare e diplomatico. Questo profilo di Evgenij Prigožin è del 2019, da Limes. Dopo Crimea, Siria e Venezuela, occhi puntati sul Continente Nero, prima dell’azzardo Ucraina deciso dal vertice del Cremlino.
‘Il menu’ di Prigožin, lo chef di Putin, prima dell’Ucraina
«Quando nel 2012 gli proposero di creare una struttura militare privata, Evgenij Prigožin – pare – sperò fosse uno scherzo. Ma la richiesta arrivava dallo Stato Maggiore russo ed era di quelle a cui si risponde semplicemente ‘da’. Così fu». Così Orietta Moscatelli scriveva dell’allora semisconosciuto ‘chef di Putin’ che ora il mondo intero è stato costretto a conoscere. Ma già allora, anche se in maniera più occulta e senza esibizioni personali, era considerato il braccio anche armato della presenza della Russia ovunque il Cremlino volesse difendere i suoi interessi senza esporsi troppo, dalla Siria all’Africa occidentale, dal Venezuela alla Libia.
Tra combattenti e manipolatori
L’utilizzo di mercenari della compagnia Wagner se si tratta di combattere, o di consulenti specializzati in tecniche elettorali e relative manipolazioni in vista di particolari appuntamenti alle urne. Negli Stati Uniti l’ex chef di Putin è finito sotto sanzioni nell’inchiesta del procuratore speciale Mueller perché ritenuto il gestore della Internet Research Agency, la fabbrica dei troll dietro i tentativi russi di ingerenza nelle presidenziali 2016 con l’elezione di Trump. In Africa la sua ‘Company’ (il gruppo Wagner ma anche una serie di altre società) già nel 2019 è presente in 20 paesi, in un incrocio di interessi economici e mire politiche che accompagnano la crescente attività diplomatica russa nel continente un tempo sotto l’influenza sovietica.
Prigožin allora sottotono
Prigožin nega, smentisce, nasconde, e di ufficiale non c’è nulla. Ma le ricostruzioni, le numerose fonti, qualche fugace comparsa negli incontri riservati (a Mosca con il generale libico Khalifa Haftar) lasciano poco scampo all’imprenditore pietroburghese, 57 anni, che dai chioschi di hot dog degli anni Novanta ha costruito un impero nella ristorazione di lusso. In uno dei suoi locali, nel 2001, fu organizzata una cena per il presidente russo Vladimir Putin e quello francese Jacques Chirac. Prigožin, che gli ospiti di alto lignaggio li serve sempre personalmente, non perse occasione di farsi notare e di lì cominciò l’ascesa ufficiale, quella a noi nota.
Come nasce il ‘Gruppo Wagner’
L’idea di una struttura privata per affiancare i militari e sostituirli in situazioni particolarmente delicate risale al 2010, la ricostruzione di Orietta Moscatelli. Nasce da un incontro, al Forum Economico di San Pietroburgo, con Luther Eeben Barlow, il mercenario sudafricano fondatore della società militare privata Executive Outcomes. Secondo l’accurata ricostruzione di ‘The Bell’, alla relazione di Barlow sulla sua ‘EO’ era presenta una piccola delegazione dello Stato Maggiore, a cui l’idea di creare in salsa russa qualcosa di simile piacque molto. La Crimea però era ancora lontana, piani per campagne militari non ce n’erano e la decisione di fondare il gruppo Wagner arrivò solo nel 2012, con l’immediato incarico a Prigožin.
Perché Prigožin
Perché Prigožin, per quali motivi e meriti? «Perché uomo concreto, che sa il fatto suo», e perché conosceva Putin ma non faceva parte del ‘cerchio magico’: un esecutore che non avrebbe potuto accampare richieste al di là dei patti. Perfetto per gestire finanziamenti occulti e tenere i contatti con ministeri e Cremlino. Malgrado gli incerti trascorsi del prescelto, che in gioventù aveva passato anni in prigione per furto e truffa.
Nel 2013 gli arruolamenti e i primi fronti
Le selezioni per il personale operativo, sotto la supervisione dell’ex ufficiale ed agente segreto Dmitrij Utkin, un amico di Prigožin a sua volta finito nella lista nera delle sanzioni americane. L’operazione Crimea era già in vista e il conflitto ucraino sarebbe diventato il primo terreno di prova vera del gruppo Wagner, che poi in Siria ha avuto ampio ruolo nella riconquista di Palmira e nelle aree petrolifere di Deir ez-Zor, dove a febbraio 2018 è stato coinvolto in uno scontro con le forze speciali americane. Forse per errore, forse per eccessiva intraprendenza o ingordigia dei comandanti, dato che è prevista una percentuale sulle risorse conquistate:
il risultato è stato una carneficina con un numero imprecisato di morti tra i russi, sino a un centinaio secondo testimonianze ufficiose dei sopravvissuti.
Operazioni ad alto rischio
La compagnia privata assicura l’invio di paramilitari – o meglio, di ex militari o militari in congedo – per operazioni troppo rischiose o per preparare il terreno per l’esercito vero e proprio. Così in Siria, così in Ucraina. Qualcosa di simile pure in Libia, sostiene Limes, dove tuttavia per ora non è previsto l’arrivo di truppe russe. Ma le presenze Wagner sono variabili. Da poche decine di uomini, ad esempio in Venezuela, a svariate centinaia in Siria. Tenta da costringere Putin, allora, ad ammettere che in Siria ci sono società di sicurezza o militari private, ma che «non fanno parte dello Stato russo e non partecipano alle operazioni militari, purtroppo o per fortuna». Strana formula.
Il vero ruolo della Wagner
L’altro campo di attività che ha portato Prigožin all’attenzione delle cronache internazionali è ‘la fabbrica dei troll’. Secondo il procuratore speciale Usa Mueller, la Internet Research Agency di Prigožin, nel 2016 avrebbe condotto un’intensa campagna mediatica per discreditare la candidata democratica Hillary Clinton aiutando Donald Trump verso la Casa Bianca. Prigožin ha contestato le accuse in tribunale a Washington e ha pure ottenuto una reprimenda nei confronti del procuratore speciale Usa.
In ogni caso, la rete societaria che fa capo al businessman-ristoratore affianca in modo sempre più strutturato le attività di ‘tecnopolitica’ a quelle militari o di intelligence. 2019 tra Africa e Siria, poi fu soprattutto Ucraina.
27/06/2023
Abbiamo ripreso l'articolo
da Remocontro