La Commissione europea ha autorizzato l’Italia a spendere fino a un massimo di 35,3 miliardi di euro, per sostenere la produzione di energia rinnovabile, nell’ambito delle regole sugli aiuti di Stato.
Potranno essere chiesti dai beneficiari entro il 2028 e poi erogati nel giro di 20 anni, con una spesa annua media di 1,85 miliardi. “Ci sarà un tipo di competizione aperta in cui le diverse parti potranno fare offerte per questi soldi quindi diciamo che si tratta più di un contenitore e di un importo massimo”, ha spiegato la portavoce dell’esecutivo comunitario Lea Zuber. L’obiettivo è quello di alzare la capacità di produzione elettrica da rinnovabili di 4 590 MW nei prossimi 4 anni. Attualmente la capacità installata è di circa 40mila MW.
Il regime, si legge in una nota della Commissione – contribuisce al conseguimento degli obiettivi strategici dell’Ue relativi al Green Deal europeo, aiutando nello stesso tempo a porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi e ad accelerare la transizione verde. L’Italia, ricorda la Commissione, sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi.
Paghiamo noi – Ma da dove arriveranno i potenziali 35 miliardi che potranno essere usati a tal fine? Con un onere aggiuntivo sulle bollette pagate dai consumatori. Di altre soluzioni, ad esempio un prelievo a carico di chi produce da fonti fossili o delle aziende più inquinanti, non vi è alcuna menzione. Già oggi gli italiani pagano in bolletta i cosiddetti oneri di sistema che servono per diverse finalità tra le quali compaiono la messa in sicurezza dei vecchi impianti nucleari o agevolazioni al settore ferroviario ma la parte più cospicua è destinata ad incentivi per le rinnovabili. Incidono per circa un quinto del costo totale della bolletta e producono un gettito annuale complessivo tra i 12 e i quasi 16 miliardi (dipende dal prezzo dell’energia) di cui circa l’80% destinati alle rinnovabili.
Il fine può certo essere condivisibile ma l’impegno non è irrisorio, specie se si considera che le famiglie italiane pagano bollette tra le più alte in Europa(e ricevono salari tra i più bassi). È vero che, in prospettiva, un parco di impianti di rinnovabili potenziato potrebbe contribuire a ridurre il costo dell’energia ma i fattori in gioco nell’arco di 20 anni sono tanti e imprevedibili. Si tratta quindi di capire se, con il via libera al nuovo piano, il peso potenziale a carico dei consumatori sia destinato a salire ancora o se subentrerà una sorta di sostituzione.
Nel primo caso si tratterebbe di aggiungere fino a poco meno di 2 miliardi euro l’anno. Una somma non tale da stravolgere l’entità degli importi ma un comunque un altro “carico” sulle spalle dei consumatori. Non significherebbe un aumento automatico delle bollette, il cui importo complessivo dipende innanzitutto dal costo delle materie prime (gas, petrolio, etc), ma di un incremento di una delle componenti della tariffa finale.
Interpellato da IlFattoQuotidiano.it su questo punto, il ministero dell’Ambiente e della Transizione ecologica risponde così: “I 35 miliardi sono una stima del costo della misura considerando un prezzo dell’energia medio pari a 70€/mwh per tutto il periodo di validità della misura considerando la vita media utile degli impianti (che varia tra 20 e 25 anni a seconda delle tecnologie). Essendo l’incentivo realizzato tramite un contratto alle differenze a due vie il costo effettivo della misura sarà legato al prezzo effettivo dell’energia. Dunque per prezzi superiori a 70€/Mwh, come attualmente avviene, il costo sarà minore. Per valori dell’energia superiori alle tariffe di aggiudicazione in sede di asta è addirittura previsto che gli operatori restituiscano la differenza al sistema, i costi saranno a valere della componente ASOS in bolletta“.
Traduzione: la spesa (nel corso dei 20 anni) potrebbe essere inferiore ai 35 miliardi poiché se gli operatori possono vendere la corrente ad un prezzo più alto dei 70 euro al megawattora avviene una sorta di compensazione. Tuttavia il prelievo dei fondi (tanti o pochi che siano) si sommerà effettivamente agli oneri di sistema già esistenti. In serata il ministero ha poi diffuso una nota in cui declina ogni responsabilità sottolineando che il costo “dipende prevalentemente dall’obiettivo di supportare fino a 3,8 Gw di eolico off-shore, tecnologia particolarmente costosa”, e “la scelta di tale obiettivo è stata assunta prima dell’ottobre 2022”. Cioè prima del cambio di governo.