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L’Iran in attesa di Israele che ormai straripa sul mondo

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Israele dichiara persona non grata il segretario generale dell’Onu Guterres. Mentre prepara il raid sull’Iran scambia i primi colpi diretti con Hezbollah in Libano, brutto assaggio, bombarda nuovamente Beirut e ora Damasco, senza mai smettere di colpire Gaza dove ieri ha fatto 79 morti. Il sostegno politico statunitense, probabile bersaglio il nucleare a fermare l’atomica incubo di cui Israele vuole l’esclusiva.

Israele-Iran, guerra per politica interna

Se fino a qualche giorno fa la crisi tra Israele e Iran era già difficile da gestire, oggi, dopo il massiccio attacco missilistico di Teheran, è diventata un vero ginepraio politico e diplomatico. Ci sono, infatti, troppi interessi divergenti in ballo, posizioni che diventa difficile conciliare. E lo sbocco finale, di situazioni di questo tipo, è quasi sempre, purtroppo, uno scontro frontale. Così, la scelta di eliminare il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e la “risposta” con l’attacco degli ayatollah contro lo Stato ebraico, fanno parte di dinamiche strettamente legate a vicende di politica interna dei due Paesi.

Netanyahu tra potere e carcere, Ayatollah salvare il regime

Da un lato, Netanyahu ha bisogno di prolungare la guerra il più possibile, per garantire lunga vita al suo governo di coalizione. E, detto per inciso, per non comparire davanti ai giudici, a rispondere delle accuse di corruzione. In Iran, invece, dopo le ultime elezioni presidenziali, stravinte dal “moderato” Pezeshkian, la fazione degli “intransigenti” cerca rivincite. Proprio questo gruppo, coalizzato intorno al nocciolo duro del Corpo delle Guardie rivoluzionarie (IRGC), ha esercitato tutta la sua influenza sulla Guida suprema, Ali Khamenei, affinché decretasse l’attacco di rappresaglia contro Israele.

Tehran, le fazioni in campo

Pare che pressioni in questo senso, siano anche arrivate dai gruppi che formano l’Asse di resistenza. Una fonte anonima da Teheran, riportata con grande evidenzadall’autorevole think-tank “al-Monitor”, rivela inoltre che l’agenzia di stampa Tashim ha diffuso un comunicato dell’IRGC che sosteneva “di aver lanciato decine di missili nel cuore di Israele”. E che il nemico dovrà affrontare “una risposta schiacciante se deciderà di rispondere”. Non tutti lo sanno, ma nella Repubblica islamica dell’Iran le forze strategiche missilistiche e aerospaziali sono controllate dalle Guardie rivoluzionarie.

Estremisti contro la ‘Pazienza strategica’

La mossa degli estremisti contraddice clamorosamente i principi di quella dottrina, la “pazienza strategica“, che finora gli ayatollah avevano adottato per non fornire a Netanyahu un alibi per attaccarli. Non era, una manifestazione di debolezza ma, al contrario, una scelta saggia per guadagnare tempo. Tempo necessario a moltiplicare il proprio potere contrattuale, politico, diplomatico e soprattutto militare. Attraverso la deterrenza nucleare. Dunque, e questo lo sanno anche i non addetti ai lavori, l’Iran arricchisce ormai da anni uranio in quantità tale da potersi fabbricare un paio di bombe atomiche. Un sogno di onnipotenza per il regime e un incubo che popola le notti di tutti gli strateghi israeliani. Per non parlare degli americani.

Incubo ’Iran nucleare’

In questo momento, la materia del contendere è principalmente quella. “Dopo gli attacchi di Beirut – scrive al-Monitor – tra le fazioni degli irriducibili sono aumentate anche le richieste affinché l’Iran si doti di bombe atomiche come tattica chiave per ottenere deterrenza. Abollazi Bazargan, un opinionista ultraconservatore – prosegue al-Monitor – ha dichiarato alla televisione di Stato, che quelle armi fermeranno la macchina del terrore di Israele”. (Se Kim Jong-un non avesse la Bomba sarebbe ancora vivo?). In ogni caso, adesso la risposta a Netanyahu, che ha una “finestra di opportunità” per chiudere i conti. Nel suo discorso di lunedì sera, è addirittura rivolto al popolo iraniano, dicendo che “presto sarà libero” (lui che tiene i palestinesi in apartheid e senza il diritto ad uno Stato).

Tentazioni atomiche e incubo Usa sul petrolio

C’è la tentazione (anche Usa), di decapitare i centri di potere della teocrazia sciita, favorendo un cambio di regime? Sembra molto irrealistico. Piuttosto, potrebbe essere l’occasione buona (dal punto di vista israeliano), per demolire con un bombardamento mirato, con le ‘superbombe’ di Biden, i siti nucleari dove viene arricchito l’uranio. Bersagli più facili e di primo impatto, raffinerie di petrolio e agli oleodotti. Ma sarebbe una mossa devastante per Biden (anzi, per la Harris) perché farebbe schizzare i prezzi del greggio e, a seguire, quelli della benzina. E il prezzo del carburante, in America, resta ancora una concreta discriminante che fa scegliere per chi votare. Insomma, se Netanyahu attacca le raffinerie iraniane, fa un favore a Trump.

America ‘complice servile’

D’altro canto, diventa sempre più evidente il balletto di ambiguità che caratterizza il coinvolgimento Usa, in questa area di crisi. Ha scritto Gideon Levy, su Haaretz: “Israele è dipendente dall’America. La complice servile del massacro di Gaza e della guerra in Libano, che non ha fatto nulla per evitarli, se non per il servizio di facciata del Presidente Joe Biden e del Segretario di Stato, Antony Blinken, che sono impotenti di fronte a Netanyahu”.

03/10/2024

da Remocontro

Piero Orteca

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