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L’Iran a Roma per trattare tra minacce e crisi energetica

L’Iran a Roma per trattare tra minacce e crisi energetica

A volte, le crisi della politica le può risolvere l’economia. Con la ripresa delle trattative sul nucleare iraniano, oggi a Roma, la speranza che la pesante situazione finanziaria di Tehran, con le industrie messe in ginocchio da continui collassi elettrici, possa essere alleviata, eliminando progressivamente le sanzioni. Ipotesi al momento poco realistica, con ‘rumors’ di attacchi aerei preventivi che cominciano a circolare.

Grandangolo sul nucleare iraniano

Cerchiamo, allora, di fare un po’ di chiarezza, guardando a questa ennesima crisi con un grandangolo ad ampio spettro. L’opzione militare non conviene a nessuno. Nemmeno a Netanyahhu. Il report della CNN (citatissimo in queste ore) sui presunti piani israeliani, di bombardare i siti atomici degli ayatollah, va letto con attenzione. Le fonti (ovviamente anonime) di Intelligence parlano di ‘preparativi’. Cioè, per capirci, di simulazioni e addestramento, che però tutte le aviazioni moderne fanno, con mesi e a volte anni di anticipo. In modo particolare per un ‘bersaglio’ complesso, come quello persiano, che appare un osso veramente duro da rosicare.

Haaretz si Israele

Leggiamo quello che scrive Haaretz a questo proposito: «Intorno al 2004, l’esercito israeliano iniziò a elaborare piani per la creazione di una forza destinata a un attacco in Iran, secondo un ex alto funzionario delle IDF. Ma la vera dichiarazione d’intenti – aggiunge il giornale di Tel Aviv – arrivò nel 2009, quando il neoeletto Primo Ministro Netanyahu e il suo Ministro della Difesa, Ehud Barak, decisero di accelerare i preparativi per un attacco nel lontano Vicino Oriente». Insomma, storie vecchie che vengono riportate a galla all’occorrenza. E poi, c’è la ‘nota di accompagnamento’ della rivelazione CNN, che lascia molto perplessi, ad andare leggeri: Israele attaccherebbe lo stesso i bunker nucleari iraniani, anche senza il via libera della Casa Bianca? Irrealistico. Anzi, una mossa del genere sarebbe da giudicare un vero suicidio diplomatico. Sia per “Bibi” che per lo Stato ebraico, entrambi già abbastanza isolati agli occhi delle Cancellerie internazionali e sotto scacco per una serie di comportamenti considerati ‘inaccettabili’, da Gaza alla Cisgiordania.

Trump ‘sponda politica’ israeliana

Mettersi anche contro un tipetto vendicativo come Trump, per Netanyahu vorrebbe dire perdere, definitivamente, qualsiasi ‘sponda politica’. Di fatto, il report CNN non rivela proprio niente di nuovo. Nel senso che Israele, praticamente da sempre, freme per sradicare, una volta per tutte, il ‘problema atomico’ dal mortale nemico sciita. Ora, una lettura meno affrettata dell’analisi fatta dal network televisivo americano, dimostra come, senza alcun dubbio, gli stessi Servizi di intelligence Usa siano molto vaghi nelle loro conclusioni. «I funzionari avvertono – dice la CNN – che non è chiaro se i leader israeliani abbiano preso una decisione definitiva e che, in realtà, esiste un profondo disaccordo all’interno del governo statunitense sulla probabilità che Israele agisca. Se e come Israele attaccherà dipenderà probabilmente da cosa penserà dei negoziati statunitensi con Teheran sul suo programma nucleare».

Tutto e il contrario di tutto

La verità, però, è molto più semplice e inquietante, allo stesso tempo: i ‘pensatoi’ dei due Paesi sono spaccati e il caos regna (pericolosamente) sovrano. La politica estera americana zigzaga tra gli scogli sommersi del trumpismo, quella israeliana, invece, è ostaggio di una banda di feroci politici messianico-nazionalisti. E in mezzo ci sono le aree di crisi, da Gaza al Libano, dalla Cisgiordania fino al Golfo Persico, che si accartocciano e si stiracchiano, come la pasta per la pizza, secondo i loro umori. Fino a quando non compaiono i buchi. Le trattative sullo sviluppo dell’energia nucleare in Iran, stanno diventando un caso-scuola, che probabilmente sarà studiato non solo nei testi di storia diplomatica, ma anche in quelli di Teoria dei giochi. Perché, qualsiasi spiraglio di logica sembra proprio assente. Ed è questo che fa più paura. I politici che agiscono in nome e per conto delle vite di centinaia di milioni di persone, sembrano muoversi a casaccio.

Proposte americane contradditorie

Le proposte americane sarebbero contraddittorie, perché ora, sia Marco Rubio che Steve Witkoff, parlano di un blocco assoluto dell’arricchimento dell’uranio. Mentre prima Teheran poteva almeno arrivare al 3,67%, per usi civili. Si cerca lo scontro? Non si capisce. Se si impedisce l’arricchimento del combustibile fissile, l’Iran sarà costretto a importarlo e così il problema che pensava di aver cacciato dalla porta, rientrerà dalla finestra: dipendere da altri. E qui arriviamo al nocciolo della questione. Anche gli ayatollah stanno tirando troppo la corda. Hanno dato assai spazio agli estremisti ‘duri e puri’ del Corpo delle Guardie rivoluzionarie, che sono diventati uno Stato nello Stato. Il servizio nazionale elettrico è andato a ramengo per colpa loro: centrali a gas vecchie e scalcinate, linee di trasmissione penzoloni, energia esportata, ma mancante sul mercato interno e per giunta prodotta in perdita, perché i costi vengono mascherati con sussidi medioevali. Insomma, un disastro.

Controinformazione iraniana

Guardate cosa scrive il sito di controinformazione ‘IranNewsUpdate’: «La frustrazione pubblica sta crescendo. La scorsa settimana sono scoppiate proteste diffuse in tutto il Paese, con commercianti, fornai e operai metalmeccanici del Gran bazar di Teheran che hanno espresso la loro rabbia per le interruzioni di corrente che duravano fino a 12 ore al giorno. In risposta, Fatemeh Mohajerani, portavoce del governo, ha annunciato una modifica dell’orario di lavoro degli uffici governativi. Gli enti pubblici saranno aperti dalle 6 alle 13, una modifica che costringerà molti dipendenti a iniziare a spostarsi verso le 4 del mattino, soprattutto quelli che vivono nella periferia della capitale».  E non è tutto. Fa pensare, e molto, la sintesi sull’origine dei guai energetici causati dalla teocrazia persiana, secondo ‘IranNews’: «Per oltre trent’anni, i funzionari iraniani hanno insistito sul fatto che il loro programma nucleare fosse puramente pacifico, finalizzato in parte alla produzione di elettricità. Tuttavia – spiega il sito – i dati del Ministero dell’Energia rivelano che l’energia nucleare contribuisce solo per l’1,1% alla produzione elettrica totale del Paese. Nel frattempo, si prevede che la carenza di elettricità nel Paese aumenterà da 25.000 a 30.000 megawatt, causando blackout ancora più lunghi per famiglie e industrie».

Il sindacato avverte

«Majid Dabirian, membro del Sindacato delle società di generazione elettrica – sostiene ancora IranNews – aveva precedentemente stimato che la costruzione di una centrale elettrica da 10.000 megawatt sarebbe costata circa 5 miliardi di euro. Sulla base di questa cifra, raggiungere l’autosufficienza energetica richiederebbe un investimento di circa 15 miliardi di euro. Considerando le infrastrutture per il combustibile fossile come gas e gasolio, gli esperti stimano che l’intera crisi energetica iraniana potrebbe essere risolta con meno di 50 miliardi di euro».

«In netto contrasto, il regime ha speso oltre venti volte quella cifra – mille miliardi di dollari – per i suoi progetti nucleari. Con tali fondi – conclude il report – l’Iran avrebbe potuto modernizzare completamente la sua infrastruttura energetica, fornendo elettricità stabile e rivitalizzando la sua base industriale».

23/05/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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